di Franco De Marco
(foto di Andrea Vagnoni)
La lirica torna a piacere agli ascolani. Sold out, dopo quello dell’anteprima riservata agli studenti, anche per la prima di Bohème andata in scena sabato sera per la regia di Leo Muscato. Teatro Ventidio Basso pieno in ogni ordine di posti, dalla platea al loggione.
Addirittura, considerando i due “tutto esaurito” consecutivi, bisogna andare indietro di oltre 20 anni, alla riapertura del Massimo nel 1994, per registrare un’affluenza di tal fatta. Buon segno. Significa che le produzioni, sempre curate e qualitativamente alte, della Rete Lirica delle Marche entrano in sintonia con lo spettatore. Significa che sta già dando i suoi frutti il Progetto Ventidio Basso Giovani, realizzato dal Coro del Teatro Ventidio Basso in collaborazione con il Comune e la Rete, per avvicinare alla lirica neofiti e, a cascata, ridare entusiasmo a tutti gli appassionati freddini negli ultimi appuntamenti. Poi, certamente, il maestro Giacomo Puccini, ci ha messo del suo. La storia d’amore tra Mimì e Rodolfo scalda sempre il cuore. Questa Bohème, dopo Ascoli, dove è stata prodotta, approderà al teatro Marrucino di Chieti il 24 e 26 prossimi, al teatro della Fortuna di Fano il primo e 3 dicembre e al teatro dell’Aquila di Fermo il 6 e 7 dicembre. Sabato sera erano presenti al Ventidio Basso tante personalità, politici (come il sindaco di Macerata Romano Carancini) e addetti ai lavori. Lo spettacolo ha mantenuto tutte le promesse: divertimento puro, tanti colori, energia giovanile al massimo e storia d’amore strappalacrime assicurata. Anche i più tradizionalisti, che nella lirica non accettano modifiche al libretto originale, hanno invece accolto con gusto, l’ambientazione dell’opera trasferita dal primo ‘800 dei bohèmienne alla fine degli anni Sessanta del Novecento, al “maggio francese”, al tempo della contestazione studentesca. Da rivoluzione bohémienne a rivoluzione sessantottina. Così il fatto che Mimì, operaia della fonderia d’Enfer, muoia in un letto d’ospedale (fatto normale in tempi moderni) a causa dei veleni respiranti dentro la fabbrica, non spiazza più di tanto. Soprattutto i giovani ci si ritrovano. O quelli – come nelle intenzioni di Muscato – che del Sessantotto furoro coinvolti e che oggi sono spettatori. «Effetto nostalgia cercava Puccini nel pubblico, effetto nostalgia cerchiamo noi», ha detto Muscato.
L’idea del regista è senza dubbio originale e indovinata. Resiste nel tempo. Tuttavia questa versione di Bohème al chiuso, rispetto allo storico allestimento del 2012 nell’Arena Sferisterio di Macerata, meritatissimo Premio Abbiati, soffre inevitabilmente dello spazio ridotto. Perde di energia. Perde di ariosità. Contagia meno il pubblico. Questione di spazio. In certi momenti l’affollamento sul palcoscenico è troppo. Rimane un bellissimo e godibilissimo spettacolo. Muscato, che si definisce un non melomane, riesce a dare all’opera pucciniana anche un’altra lettura interessante. La considera, a ragione, come ha dichiarato, un’opera di perdenti. Questi giovani abitanti della soffitta, il poeta Rodofo, il pittore Marcello, il musicista Schaumard e il filosofo Colline, sono pieni di entusiasmo ma, nella vita reale, sono dei perdenti. O meglio, è fallita quella società tanto agognata dallo spirito rivoluzionario? Il cast si è rivelato molto omogeneo. E’ questa è stata la sua forza. La prova più brillante è stata quella del soprano Benedetta Torre, al debutto nel ruolo di Mimì, di cui sentiremo certo parlare. La sua voce ha una grande musicalità, tocca con sicurezza tutti i registri, è colorata quanto basta, è pronta per una carriera luminosa. Il tenore Azer Zada, anche lui molto giovane e in forte ascesa, ha pure grandi mezzi vocali ma non è stato brillante nell’emissione seppure sufficiente. Bene tutti gli altri compresi i “nostri” Alessio De Vecchis (Benoit), Davide Filipponi (Alcindoro) e Davide Ciarrocchi (Parpignol), il Coro del Teatro Ventidio Basso guidato dal maestro Giovanni Farina, il Coro delle voci bianche “La Corolla” e “Piccole Voci” dell’Isc Don Giussani diretti dal maestro Mario Giorgi e la banda di palcoscenico di Venagrande del maestro Massimiliano Laudadio. L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, diretta dal maestro Matteo Beltrami, votato per sua ammissione ad una lettura filologica dello spartito pucciniano, ha offerto una prestazione di buon livello senza però raggiungere in certi momenti il pathos tipico dell’opera.
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