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Horror, pilates e un Gran Finale:
lo “psicologo” Dardust si racconta

ASCOLI - Dario Faini, celebrato autore e anima del progetto sonoro più innovativo del momento, racconta il suo quotidiano: «Sanremo? Le candidature ci sono, vediamo cosa dirà Baglioni»
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di Luca Capponi 

Dal successo esponenziale (ed internazionale) certificato anche da Spotify, con numero superiori a gran parte dei big della musica italiana (oltre 10 milioni di riproduzioni), fino alle collaborazioni eccellenti con gente come Mengoni, Nannini, Morandi, Renga, Thegiornalisti (solo per citarne alcuni), ai dischi di platino e al palco di Sanremo, che potrebbe tornare di nuovo ad ospitare le sue composizioni. E poi ancora un ep appena sfornato, “The new loud”, e, soprattutto, un tour che si prepara già ad essere evento. Non solo per la spettacolarità a livello visuale, per gli ospiti sul palco (da Ermal Meta fino a, novità, Luca Carboni), per le scenografie e le luci (di Pietro Cardarelli), ma soprattutto, e in questi casi non è mai scontato, per la musica. Energica, sperimentale, fresca, coinvolgente, un sopraffino crossover da brivido tra elettronica, pianismo, archi e cuore. Dario Faini l’ha sempre tenuta al centro dei sui pensieri. Sia come autore che come anima del progetto Dardust. Proprio con quest’ultimo sta per partire un giro di concerti denominato Gran Finale, che arriva a chiudere un denso periodo artistico durato tre anni: si comincia il 24 novembre a Torino e si chiude il 17 dicembre a Roma. Tra le date non poteva mancare la sua Ascoli, col teatro Ventidio Basso pronto ad ospitarlo il prossimo 2 dicembre. Con lui sul palco, i conterranei La Rua, anche loro tra i “papabili” sanremesi.

Un’occasione, dunque, per scoprire il lato meno noto, e più “quotidiano”, del Nostro e lasciare da parte, per un attimo, il bel tourbillon di una carriera che gli sta dando grandi soddisfazioni. E’ lui stesso a chiederlo: «Dai, proviamo a fare un’intervista diversa dal solito…».

Bene, allora raccontaci cosa fai la mattina appena sveglio.
«Prendo un caffè immediatamente e due volte alla settimana faccio pilates, poi studio piano un’ora e mezza. Quando non faccio pilates vado direttamente al piano, prima di mettermi a lavorare in studio».
Inizi subito anche ad usare il cellulare, come fanno in molti?
«Vivo in modalità multitasking, quindi il cellulare mi permette di fare mille cose contemporaneamente e di gestire mille situazioni lavorative, anche diverse. Purtroppo sì, ci passo fin troppo tempo. Il problema è che quando sei in un momento di relax, a cena o in vacanza, poi diventa talmente necessario e ti sei talmente viziato che non ne poi fare a meno. Spesso mi impongo di leggere un libro proprio per staccare».
Anche i bambini, oggi, sembrano non poterne fare a meno…tu com’eri da bambino?
«A periodi entravo in passione ossessiva per situazioni diverse. Guardavo “Quo vadis” in tv ed entravo in tema impero romano (Colosseo, gladiatori, leoni), andavo a Venezia e immaginavo di viverci, idem coi dei treni o col circo; mi muovevo da un tema all’altro, forse è stato proprio questo che mi ha permesso di scolpire varie personalità a livello creativo».
Tutti, da bambini, abbiamo ascoltato qualcosa di cui, negli anni, siamo a arrivati a “vergognarci”: qual è il tuo disco “rinnegato”?
«Forse ripensandoci “Casanova”, il disco di Rondò Veneziano del 1985; alla fine aveva il suo perché ma è roba ultra cool e forse rispetto a quello che faccio ora è un po’ distante. La canzone più bella mai ascoltata rimane invece una tra “Space oddity” e “Life on mars” di David Bowie».
Quanto l’essere psicologo ti aiuta nel fare musica?
«Tantissimo. Essendo laureato in psicologia dell’ascolto musicale, quando scrivo un brano, quando entro in sintonia con un artista metto in atto tutte le armi per entrare in empatia con quello che si aspetta il pubblico, con quello che vorrei fare, con l’artista stesso e il suo immaginario: la creatività è sempre un esercizio di psicologia, che sia a disposizione degli altri o per se stessi».

Qual è il posto più strano in cui hai suonato?
«Sicuramente l’arena dalle balle di paglia di Cotignola (Ravenna), un anfiteatro con la gente seduta lì sul fieno, uno dei concerti che mi porto di più nel cuore con un pubblico trasversalissimo, che alla fine ci ha regalato un applauso meraviglioso, in piedi, non lo dimenticherò mai».
La cosa più strana, invece?
«In Turchia abbiamo suonato davanti a 17mila persone, sembravamo delle rockstar tanto che siamo usciti scortati dalla polizia, era davvero altro pianeta. E’ stato un live incredibile, la gente ha saltato dall’inizio alla fine dandoci un’ovazione assolutamente inaspettata. In Turchia abbiamo un grande nucleo di ascoltatori».
La canzone più veloce che hai scritto?
«Sicuramente “E’ una vita che ti sogno” di Gianni Morandi: è venuto Tommaso Paradiso a casa mia alle 18, in un orario fuori dalla mia portata creativa, e in un’ora era già tutto scritto. Tra l’altro, sarà il secondo singolo del nuovo album di Morandi».
La più “tribolata”, invece?
«”Il cielo è vuoto” di Cristiano De Andrè. Io e Diego Mancino ci abbiamo messo tre giorni per scriverla, ma alla fine per me rimane il mio capolavoro». (chi scrive concorda, ndr)
Prima parlavi di libri, attualmente cosa stai leggendo?
«“Il trattato di armonia” di Schonberg e un libro su Paul McCartney».
Al cinema guardi spesso film horror, da cosa nasce questa passione?
«Amo l’horror perché essendo nato in una piccola frazione come Piagge, col bosco vicino, in campagna, un posto molto isolato, da bambini abbiamo sempre fantasticato e creato un immaginario fatto di vampiri, mostri, assassini, spiriti e demoni, che ha dato vita a una forte tensione. E’ ovvio quindi che guardando gli horror attualizzo e rivivo quel tipo di tensione che trovo comunque bella».
Il film che più ti ha spaventato?
«“The Conjuring” di James Wan».
Quando registrerai il terzo disco? Cosa accadrà dopo a Dardust?
«Probabilmente a febbraio saremo a Londra per registrare. Poi le idee sono tante, da un album di piano solo fino ad un “trilogy” live che riunisca il meglio . I progetti sono tanti, di sicuro affronterò anche due produzioni per il pop in cabina di regia».
Morandi, Ramazzotti, Nannini, Renga, Carboni e via dicendo, col rischio di non finire più: facciamo prima a dire chi vorresti fosse inserito presto in questa lista.
«Sicuramente manca Malika Ayane, dico sempre che vorrei un giorno scrivere per lei».
Sarai al prossimo Festival di Sanremo?
«Spero di sì, le candidature ci sono, bisogna capire se a Baglioni piaceranno i brani».


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