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Traini voleva andare in tribunale
per uccidere Innocent Oseghale

MACERATA - L’uomo è indagato per strage aggrava dall’odio razziale. Nel corso del suo folle raid per le vie della città in cui sabato mattina ha sparato a 6 persone di origine africana
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«Volevo andare in tribunale perché sapevo c’era la convalida di Oseghale, poi ho cambiato idea». Questo in sintesi ha riferito Luca Traini agli inquirenti. L’uomo è indagato per strage aggrava dall’odio razziale. Nel corso del suo folle raid per le vie di Macerata in cui sabato mattina ha sparato a sei persone, tutti d’origine africana, si è anche fermato nel luogo in cui Innocent Oseghale ha scaricato i due trolley con dentro il cadavere fatto a pezzi di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che si era allontanata dalla comunità Pars. Lì ha pregato e ha lasciato un cero votivo per Mussolini e una scatola di cartucce vuota. Questo sempre quanto ha riferito Traini agli inquirenti che inoltre ha detto che quando ha visto delle bambine straniere, nere, non se l’è sentita di sparare loro contro ma di aver esploso dei colpi in aria. Ha inoltre sparato verso altre tre persone, fortunatamente senza colpirle.

Il procuratore Giovanni Giorgio

«Complici non ci sono, è una azione posta in essere da lui in via esclusiva. Ha detto di aver sparato nei luoghi frequentati da immigrati o spacciatori» ha spiegato questa mattina il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio che sta coordinando, insieme al pm Stefania Ciccioli, le indagini sia sul folle raid razzista di Traini che sulla morte di Pamela Mastropietro. Traini non ha mai mostrato segni di pentimento per quello che ha fatto sabato mattina quando dopo essere uscito di casa per andare in palestra ha sentito la notizia dello smembramento del corpo di Pamela e ha deciso di tornare a casa, prendere la pistola Glock 4 che detiene per uso sportivo e poi di partire per Macerata dove era in corso l’udienza al tribunale di Macerata per la convalida dell’arresto di Innocent Oseghale. L’obiettivo era dunque in nigeriano, ma poi Traini ha cambiato idea.

Il luogo dove sono state trovare le valigie con dentro il corpo fatto a pezzi di Pamela

PAMELA – Le indagini sull’uccisione della 18enne romana proseguono. Da quanto emerge si cerca una seconda persona che potrebbe aver aiutato Oseghale nello smembramento del cadavere. Per capire come la ragazza sia morta sarà nominato il tossicologo Rino Froldi che dovrà dire se la giovane sia andata in overdose, ipotesi che non viene esclusa. Il procuratore Giovanni Giorgio ha anche chiesto al medico legale Antonio Tombolini una relazione più approfondita dei primi esiti dell’esame autoptico svolto mercoledì scorso poche ore dopo il rinvenimento del corpo senza vita della ragazza. Mancano alcune parti sessuali del corpo della ragazza e il collo. La giovane aveva comprato droga per 30 euro. A cedergliela, come detto in precedenza, non è stato Oseghale ma un conoscente di questo, nigeriano anche lui, indagato per concorso in spaccio di droga. Lo spaccio di droga non è avvenuto ai Giardini Diaz ma vicino allo stadio dei Pini di Macerata. Gli inquirenti hanno inoltre ricostruito l’itinerario della ragazza da quanto è uscita dalla comunità Pars lunedì pomeriggio di una settimana fa, allontanandosi volontariamente, e poi ha fatto autostop. Sarebbe stata caricata da un 50enne di Mogliano e avrebbe dormito a casa sua. La mattina dopo l’uomo ha accompagnato la ragazza a Macerata fino alla stazione e da lì in taxi la giovane ha raggiunto i Giardini Diaz. Oseghale, dopo che il corpo della ragazza era stato fatto a pezzi, ha raggiunto Casette Verdini di Pollenza accompagnato da un camerunense che fa una sorta di servizio taxi. Oseghale ha scaricato le valigie (circostanza che lui comunque continua a negare così come nega di aver ucciso Pamela) e poi è risalito sul taxi per tornare a Macerata.

 

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