di Gabriele Vecchioni
La Montagna dei Fiori, un rilievo alto più di 1800 metri, sovrasta la valle del Tronto e la città picena a meridione, di fronte all’altra storica “montagna di Ascoli”, l’Ascensione, che chiude l’orizzonte a nord. Il rilievo è visibile da ogni parte della città e gli ascolani sono così abituati a considerarlo lo scenario naturale della loro città da guardarlo con poca attenzione. Eppure la Montagna dei Fiori è molto interessante, oltre che per la sua valenza storica (è stata sede di molti eventi legati alla città) anche per le realtà naturalistiche presenti.
La montagna costituisce quasi un’aula didattica: la varietà del paesaggio vegetale, con i popolamenti forestali facilmente leggibili sui suoi versanti, rispetta la naturale successione dei piani altitudinali, ad eccezione del castagneto delle Piagge dove, per il fenomeno dell’inversione termica, il bosco di castagno è situato a una quota minore del querceto, che vegeta sul Pianoro. Salendo dalle quote più basse verso la cima, si passa dai lembi di lecceta (il leccio è una quercia sempreverde) ancora rinvenibili tra i campi coltivati, al bosco misto appenninico a foglia cadùca (alcuni toponimi, come Carpineto, ricordano la presenza di essenze arboree tipiche come il càrpino), al querceto e, nelle aree vocate, al castagneto (il più esteso, ben conosciuto dagli ascolani, è quello già ricordato delle Piagge). Dopo l’ampio tavolato del Pianoro di San Marco, si incontrano vaste faggete e, infine, aree prative di pascolo.
Una delle peculiarità del territorio è costituita dai rimboschimenti storici di aghifoglie. Questo tipo di bosco artificiale, realizzato allo scopo di proteggere aree acclivi denudate o a rischio di smottamento, caratterizza, dal punto di vista paesaggistico, la fascia altitudinale attorno ai 1000 metri e presenta aspetti distintivi che lo rendono facilmente riconoscibile.
L’albero più usato per i rimboschimenti è il pino nero, una specie frugale che resiste alle condizioni climatiche rigide della montagna, vegeta su terreni poveri (dal punto di vista nutrizionale) e degradati ed ha una crescita relativamente rapida; è una conifera dall’aspetto compatto, con le foglie aghiformi di colore scuro, particolarità da cui deriva il suo nome; anche la corteccia del fusto, di colore grigio, è scura. Il rinnovo delle foglie provoca la formazione di una lettiera indecomposta che causa l’acidificazione del terreno e non permette la crescita di un sottobosco folto: la rarefazione dello stesso si nota percorrendo i sentieri che attraversano le riforestazioni.
I rimboschimenti più importanti della Montagna dei Fiori sono due, realizzati su versanti opposti del rilievo: entrambi possono essere definiti “storici”, perché legati indissolubilmente al contesto storico-sociale in cui vennero realizzati.
Sul versante ascolano della Montagna vegeta il cosiddetto Bosco dell’Impero, un vasto rimboschimento realizzato negli anni intorno al 1936, l’impianto del quale è legato a motivi commemorativi. Il nome è uguale a quello di altri boschi dell’Italia centrale, creati per lo stesso motivo: celebrare la recente conquista dell’Etiopia da parte delle truppe italiane e la conseguente proclamazione dell’Impero (era l’AOI, l’Africa Orientale Italiana, un nome con il quale veniva identificato l’insieme dei territori formato dai possedimenti coloniali della Somalia, dell’Eritrea e dell’Etiopia).
La realizzazione di questo rimboschimento (e di altri simili) era però connesso anche alla volontà di difendere il territorio montano e alla necessità di creare occasioni di lavoro per la popolazione. Per quanto riguarda l’aspetto della salvaguardia del territorio e della difesa dello stesso dal rischio idrogeologico, molte piantumazioni, specie quelle realizzate in territorio abruzzese, presero infatti il nome di Difesa o Defensa.
Il Bosco dell’Impero, all’interno del quale è situato il rifugio escursionistico “Mario Paci”, storica struttura del Club Alpino ascolano, attualmente in comproprietà con l’Amministrazione provinciale e sede di un CEA (Centro di Educazione Ambientale), si salda con un altro antico rimboschimento, quello che copre il Colle della Luna sul versante di Castel Trosino, attraversato da una storica strada frangifuoco. Su questo versante esistono ampie aree di rimboschimento misto, dove si rinvengono essenze ben sviluppate di cedro.
Il secondo rimboschimento, più antico del precedente, è sul versante abruzzese della Montagna dei Fiori, quello che guarda verso Civitella del Tronto e la costa adriatica: è il Bosco della Casermetta, nome legato alla presenza di una costruzione del Corpo Forestale, ormai in disuso da decenni. Il bosco fu impiantato dopo il 1918, negli anni successivi alla prima guerra mondiale (la Grande Guerra), e la sua costituzione fu dovuta al lavoro coatto dei prigionieri di guerra austriaci.
L’impianto del bosco fu realizzato per rivestire la pendici della montagna, denudate dagli incendi appiccati dall’esercito piemontese negli anni intorno al 1860 (circa sessant’anni prima), durante il blocco alla Fortezza di Civitella, ultima roccaforte del Regno di Napoli a cadere in mano agli assedianti (nel marzo 1861), dopo quelle di Gaeta e di Messina, nonostante la municipalità di Civitella avesse decretato la propria adesione al Regno d’Italia già dal settembre del 1860 e lo stesso Re di Napoli, Francesco II, si fosse arreso. La distruzione con il fuoco dei fitti boschi che coprivano i versanti acclivi del rilievo era stata ritenuta necessaria dal generale sabaudo Ferdinando Pinelli, che comandava degli assedianti, per non dare riparo alle bande di Insorgenti (i cosiddetti “briganti”) e far terminare così una lotta particolarmente dannosa per le truppe piemontesi.
Come il precedente, anche questo rimboschimento, conosciuto dagli ascolani come “le Casermette”, è molto suggestivo e parzialmente compenetrato da specie arboree di latifoglie proprie della zona; presenta essenze molto sviluppate e ravvicinate, spesso “allineate e coperte” che rivelano le tecniche d’impianto adottate.
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