di Franco De Marco
Nel collegio plurinominale per la Camera, con molte possibilità di riuscita secondo gli osservatori, la capolista del Movimento 5 Stelle è la giovanissima Rachele Silvestri, ascolana, famiglia di operai, 31 anni, diploma di perito informatico. «Ma – si racconta – a causa della politica attuata in questi ultimi 20 anni dai vari Berlusconi, Fornero, Monti e Renzi, che hanno depredato il futuro di noi giovani, ho dovuto ripiegare su un lavoro d’impiegata addetta alle vendite per dare una mano alla mia famiglia» Si presenta come paladina dei terremotati: vuole battersi per snellire le procedure della ricostruzione.
Quanto l’hanno turbata le polemiche di alcuni esponenti di M5S che hanno criticato la scelta della sua candidatura?
«Quando sono usciti i risultati delle parlamentarie ed ho visto che ero stata la prima più votata, ho provato sia una grande emozione ma stesso tempo ho avuto la consapevolezza della grande responsabilità, nel dover rappresentare i cittadini e portare i problemi del nostro territorio a Roma. Sulle polemiche posso solo dire che in queste 3 settimane ho girato in lungo e in largo il nostro territorio: ho parlato con le persone dei veri problemi che ogni giorno devono fronteggiare e non ho avuto tempo di interessarmi a certe dichiarazioni fatte a mezzo stampa da tre o quattro persone. Ognuno ha il diritto di esprimere la propria posizione, sempre però rispettando la dignità delle persone, principio fondante su cui è nato il movimento».
Nei confronti di Ascoli e del Piceno quali sono i tre impegni-proposte legislative che si sente di prendere con gli elettori?
«Terremoto e ricostruzione, lavoro e turismo. Sul turismo mi riallaccio alle parole che ho sentito pronunciare dal nostro Alessandro Di Battista nel suo appello ai marchigiani, soprattutto del sud: viviamo in una delle regioni più belle d’Italia, una terra fortunatamente ancora non devastata dalla cementificazione e ricca di aree naturalistiche incontaminate con un turismo è in forte crescita. Ma la politica regionale ed italiana su questo tema ha fallito. Urge affrontarlo a 360 gradi, urge un vero piano di promozione economica e turistica nazionale e regionale, occorrono veri tavoli di lavoro con le realtà locali che diventino finalmente protagoniste agendo in sinergia, urge investire su uno o più brand di qualità».
La sua ricetta per far ripartire lo sviluppo nel Piceno?
«Innanzitutto occorre realizzare un brand del Piceno cosa che finora la politica non ha fatto. Un brand dove le istituzioni pubbliche facciano da garanzia e si impegnino per la sua promozione a livello nazionale ed internazionale, un marchio di qualità che metta in sinergia le nostre eccellenze produttive, commerciali, artigianali, culturali, agricole, ambientali e turistiche, creando una rete virtuosa che vada ad aggredire i mercati italiani ed esteri generando quindi ricchezza e occupazione stabile».
Ritiene che ad Ascoli e nel Piceno manchi un grande evento culturale identitario, come in tante altre città delle Marche, in grado di attirare un movimento turistico di numeri significativi?
«In questi anni nel Piceno si è sempre puntato a fare singoli eventi invece di puntare ad un qualcosa che durasse nel tempo e che arrivasse ad attrarre gente da tutta Italia. Mi viene in mente il Summer Jamboree di Senigallia, oppure il Lucca Comix, eventi decennali che richiamano persone da ogni dove. Noi ad Ascoli ad esempio abbiamo la Quintana. Io ho partecipato in prima persona con il sestiere di Porta Solestà per 20 anni, ho cominciato a suonare la chiarina all’età di 7 anni e da ascolana sono sempre stata innamorata della Quintana perché poi mi ha fatto conoscere altre realtà simili in tutta Italia. La si dovrebbe valorizzare molto di più per portare il Piceno e le sue eccellenze in giro per il mondo, cosa che prima si faceva. E unire ad un evento così grande tanti piccoli eventi che valorizzino il territorio in tutti i suoi aspetti».
Come giudica l’azione del Governo e della Regione Marche nei confronti delle popolazioni terremotate e quali correttivi suggerisce?
«Un impegno che mi prendo in prima persona è affrontare la tematica del terremoto. Purtroppo ancora deve terminare, a quasi 18 mesi dal primo sisma, la fase emergenziale. Questo non può essere accettato come non si può accettare l’impianto normativo che è stato messo in piedi, fatto soprattutto da ordinanze del commissario governativo, che rendono il processo di ricostruzione alquanto burocratico, caotico e molto interpretativo. Ciò si sta traducendo in forti rallentamenti. Occorre semplificare e soprattutto riportare i soggetti che sono impegnati in prima linea (sindaci, amministratori, comitati, associazioni, eccetera) nei tavoli decisionali, non si può immaginare di risolvere i problemi senza ascoltare chi li vive. Sulla ricostruzione, purtroppo, c’è già l’ombra delle mafie, ma nella nostra regione ci sono però ancora politici locali che continuano a parlare delle Marche come di un isola felice dove le mafie non esistono. La ricostruzione, come tutti sanno, è iniziata da poco e già dai controlli sulle cantierizzazioni si è scoperto che in alcuni casi a eseguire i lavori sono soggetti che hanno avuto precedenti condanne perché appartenenti ad associazioni criminali. Numerose testimonianze ribadiscono che le associazioni mafiose possono approfittare proprio di queste calamità ed emergenza naturale per entrare nel sistema».
Che idea si è fatta dei suoi avversari leggendo i programmi elettorali? Chi teme di più?
«Ascoltando gli altri partiti mi sorge una domanda: ma tutte le cose che promettono di fare perché non le hanno fatte negli ultimi 20 anni?».
Cosa pensa della proposta di realizzare la ferrovia Ascoli-Antrodoco per collegare Adriatico e Tirreno?
«La ferrovia dei due mari è un nostro cavallo di battaglia. Il nostro consigliere regionale Giorgini è da tempo che sta portando avanti questa proposta e ciò soprattutto coinvolgendo le associazioni territoriali. So che sta già redigendo una bozza di proposta di legge da portare in Parlamento. Sarà sicuramente uno dei miei primi impegni».
Oggi esiste un concreto rischio di ritorno ad ideologie e comportamenti fascisti e razzisti?
«Sì. Ma una certa politica spesso tende a cavalcare episodi che andrebbero invece condannati e non strumentalizzati per un mero scopo di acquisizione di un consenso elettorale».
Quanto spende per questa campagna elettorale?
«Noi ci autofinanziamo. Ognuno di noi candidati ha messo un importo che è andato per le spese comuni: 200/300 euro a testa per noi candidati al plurinominale».
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Sono curiosa di conoscere il business plan del brand del Piceno del quale marketing a livello mondiale è in mano alle istituzioni. ( se non ho capito male)