di Serena Reda
Il 15 marzo è uscito “Gli Arcanoidi” di Maicol & Mirco, nome d’arte di Michael Rocchetti. Edito da Coconino press, il fumetto arriva quasi a due anni di distanza da “Il papà di Dio”. Il fumettista sambenedettese risponde a qualche domanda sulla sua ultima fatica letteraria.
“Gli Arcanoidi” è stato definito “Barbapapà in stile Lars Von Trier”. Riconosci il tuo lavoro in questa definizione?
«La definizione è presa dal comunicato stampa dell’editore. È in effetti un modo molto efficace per spiegare questo ultimo nostro lavoro. Lavoriamo sull’antitesi da sempre».
Per “Il papà di Dio” ha tratto ispirazione anche dalle ambientazioni di “Braccio di Ferro”, ora quali sono stati i luoghi o le sensazioni da cui si è lasciato influenzare?
«Il gioco da bambini. Immaginare una storia partendo da un semplice tavolo (lo sfondo piatto del libro) e alcuni pupazzetti diversi tra loro (i pochi personaggi del libro). Cosa succede quando non succede niente? La risposta è quella di chi gioca senza pensieri: può è deve succedere di tutto. Senza regole. Come chi gioca. Come chi crea mondi».
Pochi giorni fa, con la morte di Stephen Hawking, si è tornati a parlare della vita su altri pianeti. L’astrofisico diceva che occorre fare attenzione a mettersi in contatto con esseri viventi di altri mondi, questi Arcanoidi sembrano invece esseri pacifici. Dobbiamo temerli?
«Hawking aveva chiaramente ragione. “Gli Arcanoidi” sono pericolosissimi. Bisogna imprigionarli quindi nella propria libreria. Lì dovrebbero stare tranquilli».
Come nei suoi precedenti lavori, penso ad esempio a “Palla rossa e palla blu”, sembra esserci una scelta ben precisa dietro al colore e alle forme. Le sfumature e i nomi dei personaggi ci parlano di loro?
«Col colore e con le forme si aggiungono ulteriori livello di narrazione. Una semplice frase come “Ehi come va? Tutto bene?” cambia radicalmente se pronunciata da un omino gentile o se pronunciata da una palla blu con sguardo assente. La forma aiuta, se non tradisce addirittura, il contenuto».
Ricordo un’intervista in cui parlò del fatto che se gli “Scarabocchi” erano un fulmine, “Il papà di Dio era una tempesta”. Con “Gli Arcanoidi” siamo saliti fino alle tempeste di meteoriti?
«Sono un buco nero. Una costellazione di buchi neri pronti a rapirci».
Resti dell’idea che attraverso un fumetto si racconta sempre se stessi? Quanto c’è di lei in questo fumetto?
«C’è dentro il nostro cervello. Non a caso il protagonista si chiama proprio così: Cervello».
Presenterà “Gli Arcanoidi” nelle Marche?
«Sì, ma il tour lo stiamo definendo adesso. Tenete d’occhio la nostra pagina Facebook».
Un fumetto, così come un libro, lascia emozioni e sensazioni diverse a seconda di chi lo legge: cosa vorrebbe si ricordasse de “Gli Arcanoidi”?
«Il rimorso e il piacere di averlo letto».
Dopo aver destrutturato e ricostituito il concetto di fumetto, cosa c’è in cantiere per la solida macchina targata Maicol & Mirco?
«Altri incidenti. Come il teatro».
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