La statua del Cristo Redentore realizzata da Mancini
di Luca Capponi
A vederle così, in un bianco e nero che rapisce, colte nei particolari a volte crudi a volte commoventi, assumono all’istante una luce diversa. Sono le opere di Antonio Mancini fotografate da Enzo Morganti, che animano “Via Crucis del Redentore”, pubblicazione dedicata allo scultore (1912-1997), figlio illustre di Ascoli purtroppo spesso dimenticato, grande manipolatore del travertino con cui era uso dare vita alla sua arte.
Un dettaglio fotografato da Morganti
E proprio in travertino è realizzato il percorso che culmina col Cristo Redentore che si erge sulla collina del Sacro Cuore. Una via crucis che attraverso quindici stazioni, ed altrettante creazioni scultoree, termina con l’iconica (chi non conosce l’immagine simbolo di Rio De Janeiro?) figura di Gesù a braccia aperte. Mancini completò il lavoro nel 1954 dopo dieci anni di lavoro. Voleva ringraziare il Signore per avere salvato Ascoli dai bombardamenti tedeschi, lui che era tornato dalla Seconda Guerra Mondiale dopo due anni di prigionia, ridotto a 35 chili di peso, come si legge nella biografia redatta da Erminia Tosti Luna, che impreziosisce il volumetto insieme agli interventi del vescovo Giovanni D’Ercole e, soprattutto, alle riflessioni originali composte da padre Ambrogio, cappuccino del Santuario del Beato Bernardo di Offida. Morganti ha curato il progetto per donare risalto alla meritoria opera di Mancini e per avere «un nuovo sussidio per la preghiera e per la meditazione, utile nel periodo liturgico della Quaresima». Aggiungiamo noi, anche per porre attenzione sulla collina del Sacro Cuore, luogo troppo spesso abbandonato e preda di atti vandalici, meritevole di tutt’altra visibilità.
Il libro
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