di Maria Nerina Galiè
Sono passati dalle parole ai fatti i dipendenti Whirlpool di Comunanza ed i loro rappresentanti sindacali dopo l’iniziale smarrimento scaturito dall’aver appreso dall’azienda, durante il tavolo di coordinamento nazionale al Ministero per lo sviluppo economico dello scorso 17 maggio, che avrebbero perso la produzione delle lavatrici alto di gamma. Allo sciopero di due ore per turno, indetto per oggi dalle Rsu, ha aderito il 95 % delle maestranze e in tantissimi hanno partecipato all’assemblea aziendale tenuta dai sindacalisti della sede locale e da esponenti delle sedi provinciali. Nel primo pomeriggio il sindaco di Comunanza Alvaro Cesaroni ed il consigliere comunale e provinciale Alberto Antognozzi hanno ricevuto una delegazione così composta: Alessandro Pompei e Paolo Marini (Fiom Cgil); Giuseppe Marucci, Francesco Armandi e Fabio Capolongo (Ugl); Raffaele Bartomioli e Alessandro D’Isabella (Uilm); Romina Rossi e Angelo Forti (Fim Cisl).
Una e univoca l’intenzione di lavoratori e sindacati, cioè quella di non accettare il piano industriale 2019-2021 così come è stato presentato. In una nota firmata da tutte le rappresentanze viene ribadito «l’impegno, preso davanti ai lavoratori, di un’azione corale di tutti gli attori, istituzionali e non, per costruire una proposta unitaria finalizzata alla salvaguardia e al rilancio del sito produttivo di Comunanza».
«Convocheremo un tavolo territoriale – ha detto la Rossi – con i vertici aziendali e le organizzazioni sindacali nella sede ascolana di Confindustria. E fin da subito poi, anche a nome delle Rsu presenti, invito il sindaco Cesaroni a partecipare all’incontro del 6 luglio al Mise».
Nell’evidenziare i nodi venuti al pettine emergono le prime idee proprio in vista di luglio. Lo spostamento a Napoli della piattaforma Aqualtis impoverirà Comunanza: «Non solo lavasciuga – anticipa Pompei – ma va allargata la produzione con pezzi che potrebbero arrivare da altri siti». E’ lo stesso sindaco che propone: «L’azienda parla di un’unica Regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa, ndr), perché allora non portare a Comunanza le lavasciuga che si producono in Polonia?». Gli ammortizzatori sociali non sono una soluzione. «L’unità produttiva locale vuole lavorare – sostiene Marucci – non sopravvivere. Questa oltretutto è un’area terremota, già sfiancata dagli ammortizzatori sociali. E’ vergognoso che si voglia ridurre la produzione». C’è bisogno del supporto delle istituzioni per intavolare una trattativa sulla base di “proposte concrete – spiega Pompei – già in cantiere e valutate anche sulla base della fattibilità, secondo logiche sostenibili e di omogeneità con tutti gli altri stabilimenti».
Il sindaco Cesaroni rilancia sul fatto di alzare un’unica voce: «E’ previsto per venerdì prossimo (25 maggio, ndr) l’incontro con i 19 sindaci dei Comuni dell’area montana e della vallata, direttamente interessati al futuro dello stabilimento comunanzese. Da lì uscirà un documento che sottoporremmo all’attenzione delle parti coinvolte e che sarà la base per concertare azioni da mettere sul tavolo di azienda, Regione e Governo. Per noi sindaci – continua il primo cittadino – la questione Whirlpool è un tema centrale e condivido con voi la preoccupazione di quello che può accadere. La nostra zona è già soggetta ad un forte declino demografico ed economico. Se la si vuole affondare del tutto, ci metteremo di traverso».
Si snocciolano infine i numeri ed emergono, inevitabili, i confronti con altre sedi vicine territorialmente o per affinità di prodotto. Nel 2018 la previsione è di produrre 630 mila pezzi, contro i 665 mila del 2017 e gli 800 mila dati come obiettivo dal piano che termina quest’anno. A Melano (sede Fabriano), dove si fabbricano piani cottura che vi sono stati fatti convergere da tutta l’area Emea, si passerà da un milione e 670 mila pezzi a 2 milioni. Lì non si parla di esuberi come nel plan piceno dove invece diventeranno subito 131 per scendere a 99 nel 2021, in ragione di un “ipotetico” rilancio commerciale dei volumi.
Investimenti per 14 milioni di euro nei prossimi tre anni (a fronte dei 60 “promessi” per il triennio precedente) e con i quali, per adesso, si sa che verrà rinnovata la “linea mobili” cioè l’estetica delle lavasciuga.
Da qui l’intento di quanti erano presenti oggi: «Non può essere la guerra dei poveri, bensì l’impegno, che dovrà essere condiviso da azienda, cariche istituzionali e organizzazioni sindacali, di pensare positivamente al futuro di uno stabilimento e di un territorio».
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