di Bruno Ferretti
Tanto fu l’entusiasmo con cui fu accolto il suo avvento nell’Ascoli, come tanta è stata l’indifferenza dell’uscita di scena. Francesco Bellini non è uomo da mezze misure.
C’è chi lo considera un semi-dio e chi lo detesta, chi è convinto che per l’Ascoli sia una grave perdita, chi invece non se ne preoccupa e la vede come un’occasione di rilancio.
Il 6 febbraio 2014 Bellini e la moglie Marisa, dopo l’acquisto dell’Ascoli all’asta fallimentare, furono portati in trionfo fino a Piazza Arringo passando per Piazza del Popolo. Quando hanno deciso di vendere la società ad una nuova proprietà non ascolana (mai accaduto in 120 anni di storia) se ne sono andati via senza neppure un saluto, anzi con un reciproco scambio di accuse. Bellini e la moglie hanno scritto due note sul sito ufficiale della società. Il patron ha accusato duramente Comune e sindaco per la questione stadio, sottolineando ritardi e inadempienze. La signora Marisa se l’è presa con i tifosi che – secondo lei – sono stati irriconoscenti e non hanno capito, tanto meno sostenuto, tutto quello che i Bellini hanno fatto per l’Ascoli. Insomma, secondo lei, non hanno potuto portare avanti il progetto avviato che avrebbe riportato in alto l’Ascoli. Sotto il profilo tecnico questo non si è verificato perché l’Ascoli, dopo essersi ritrovato subito in B grazie all’ illecito sportivo del Teramo, ha disputato tre deludenti campionati di B stazionando sempre nelle retrovie e salvandosi rispettivamente all’ultima giornata, alla penultima e ai playout.
A Bellini, e ai soci ascolani che lo hanno affiancato, va riconosciuto il merito di aver rimesso i piedi l’Ascoli dal punto di vista economico cinquanta giorni dopo il fallimento del dicembre 2013. Sotto questo profilo l’imprenditore ha lasciato una società finanziariamente sana, con i conti a posto e senza debiti. Non è poco in questi tempi di crisi generale. Ma non è riuscito a compiere il salto di qualità e, soprattutto, non ha mai avuto pieno feeling con la città. Con il suo modo di fare alla fine si è “scontrato” con tutti: i soci ascolani Faraotti, Tosti (ora neo presidente) e Ciccoianni, con il Comune per lo stadio “Del Duca”, con la tifoseria che gli ha rivolto cori di forte dissenso, a lui e ai suoi collaboratori, invitandoli ad andarsene. E i rapporti sono diventati difficili anche con buona parte degli organi di informazione. Un quadro davvero inquietante in un ambiente diventato paradossalmente quasi ostile. Quattro anni e mezzo dopo il festoso abbraccio della città, siamo arrivati al coro “vattene”. E Bellini se ne andato tornando nel suo Canada per gestire le aziende farmaceutiche con le quali ha costruito un impero economico di livello mondiale.
Potrà dedicarsi di più a caccia e pesca, le altre sue passioni con il calcio e il vino. Qualche volta, chissà, tornerà a vedere una partita al “Del Duca”. Peccato, peccato davvero che una storia cominciata così bene, si sia conclusa così male. Senza neppure un saluto, un reciproco scambio di auguri fra la vecchia e la nuova proprietà. Sarebbe stato un bel gesto. Ma Francesco Bellini appartiene ormai al passato dell’Ascoli. Adesso bisogna guardare avanti, con fiducia e coraggio. Con nuove energie. Se le varie componenti dell’ambiente che gravitano intorno all’Ascoli sapranno ricompattarsi come ai vecchi tempi, diciamo pure come ai tempi d’oro, la nuova avventura potrà regalare al popolo bianconero ancora tante soddisfazioni. Ed è questo l’augurio da farsi.
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