di Gabriele Vecchioni
(foto di Claudio Ricci e Gabriele Vecchioni)
Gli eventi sismici del 2016 e del 2017 hanno causato gravissimi danni ai paesi del comprensorio montano dei Sibillini; uno di quelli che hanno subìto i danni maggiori è Castelluccio di Norcia, uno dei centri abitati permanenti più elevati d’Italia, essendo situato a una quota di 1.452 metri. Il terremoto ha danneggiato non solo le strutture abitative e sociali ma ha stravolto l’intera economia locale, basata su una affermata produzione agricola di qualità (la lenticchia di Castelluccio IGP), e sul turismo, legato alle attività di volo libero e all’escursionismo. Seppur lentamente, la “vita” sta però tornando in quel magnifico posto. In questa sede verranno analizzati alcuni aspetti dell’area, sia dal punto di vista storico-paesaggistico sia da quello naturalistico, nella speranza che, nel più breve tempo possibile, “tutto torni come prima”.
La storia. Il paese di Castelluccio sorge (anche se attualmente è più corretto dire “sorgeva”), in provincia di Perugia, su un rilievo che domina l’area pianeggiante omonima. Ha origini antiche: nel secolo XIII era un presidio di confine e si chiamava Castello de’ Senari, un nome derivato dal termine longobardo “senàita” (confine). Spesso, d’inverno, il borgo rimaneva isolato per il forte innevamento: un’ordinanza dello Stato Pontifico proibiva di transitare sui Piani da novembre a marzo; c’era l’obbligo, per il parroco, di «suonare incessantemente i sacri bronzi» durante le bufere di neve, per guidare i viandanti dispersi.
Il villaggio ha dato il nome a un insieme di piani carsici d’alta quota conosciuti come Pian Grande, Pian Piccolo e Pian Perduto. Mentre Pian Grande e Pian Piccolo (in provincia di Perugia) hanno nomi “geografici”, legati all’estensione della loro superficie, Pian Perduto (in provincia di Macerata) ha un nome “storico”, dovuto a un episodio guerresco. Nell’estate del 1522 vi si tenne un sanguinoso scontro per i diritti di taglio dei boschi della Val Cànetra tra i norcini e gli abitanti di Gualdo, Castelsantangelo sul Nera e Visso. La “Battaglia di Pian Perduto” fu vinta da questi ultimi, nonostante la forte disparità numerica (600 contro 6000!): in seguito al fatto, l’antico Piano del Quarto modificò il suo nome, con il nuovo attributo “perduto” (da Norcia).
La geologia, il paesaggio. I Piani di Castelluccio sono costituiti da un sistema carsico di bacini glaciali svuotatisi per sprofondamento tettonico: sono conche circondate da rilievi, tra i quali il “tetto” delle Marche, il Monte Vettore (2.476 metri). Un’area simile, situata a circa 600 metri più in basso, è quella di Santa Scolastica, al limite della quale, su un piccolo rilievo, c’è la cittadina di Norcia. Altre aree intramontane “vicine”, riconducibili a una genesi simile a quella di Castelluccio sono quelle di Colfiorito, Cascia e Leonessa.
I piani, situati a una quota di circa 1.300 metri, si sviluppano per oltre 7 chilometri lineari, sono in comunicazione tra loro e occupano un’area di circa 2.000 ettari di superficie (20 kmq); per estensione, costituiscono il secondo bacino carsico d’Italia, dopo quello del Fùcino. Un complesso paesaggistico spettacolare, meta di migliaia di visitatori, soprattutto all’epoca della fioritura primaverile-estiva dei prati-pascoli falciabili, a perdita d’occhio; completamente assente la vegetazione arborea. Nell’area sono evidenti geomorfologie legate al carsismo: sono presenti doline e, sul lato meridionale dei Piani, un inghiottitoio di grosse dimensioni, denominato Fosso dei Mèrgani (dalla voce latina mergere, “sommergere” o “tuffarsi”): una “cicatrice” lunga 2 km e mezzo, una fenditura che incanala e raccoglie le acque dal bacino dei Piani di Castelluccio, provenienti dallo scioglimento delle nevi e dalle acque meteoriche (50-60 milioni di metri cubi all’anno). Nelle vicinanze dell’inghiottitoio si trovano diverse doline. Le acque drenate vanno in falde sotterranee che alimentano i torrenti (il Sordo e il Torbidone) della sottostante piana di Santa Scolastica (700 m). Immediatamente dopo gli eventi sismici di due anni fa, si aprì, vicino ai Mèrgani, un’ampia voragine profonda 5 metri, per il collasso e il compattamento di “elementi sciolti” torbosi: la formazione “in diretta” di una dolina.
Dalla parte opposta del piano, a Pian Perduto, una depressione carsica (a quota 1.340 metri), in occasione di piogge abbondanti, si riempie d’acqua fino a formare uno stagno, usato per l’abbeverata del bestiame (soprattutto equino). Il bacino, poco profondo (meno di 40 centimetri di profondità) è, a volte, sede di un fenomeno di arrossamento delle acque, legato alla presenza di una mucillagine colorata, prodotta dall’alga Euglena sanguinea. L’arrossamento, osservato per la prima volta nel 1995 nel periodo estivo-autunnale (da giugno a ottobre) e studiato da ricercatori dell’Università di Camerino, è simile a quello, conosciuto dal 1965 e molto più famoso, del lago dolomitico di Tovel.
La Fiorita. Nel periodo compreso tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, sull’altopiano di Castelluccio si verifica uno splendido fenomeno naturalistico, la cosiddetta “Fiorita”. Per diverse settimane, l’uniformità dei pascoli viene spezzata da un bellissimo collage policromatico, dovuto all’antèsi di milioni di fiori. La fioritura “in contemporanea” delle tante specie botaniche presenti dipende dall’andamento climatico; non è possibile prevedere con esattezza la data dell’evento, che richiama una grande quantità di turisti e appassionati di fotografia che approfittano dello straordinario evento.
Per quanto riguarda i colori, c’è il giallo della senape, della colza e dei ranuncoli, il rosso dei rosolacci, il bianco delle margherite, della camomilla e dei narcisi, l’azzurro e il blu dei fiordalisi e delle viole, il blu profondo delle genzianelle, il violetto dei più prosaici trifogli e delle acetoselle. Ma, in fondo, non è importante conoscere il nome delle piante per godere dello spettacolo dei pattern colorati che si ripetono all’infinito per regalare emozioni indelebili.
Qualche riga per ricordare che le praterie dei Piani di Castelluccio sono frequentate, per la caccia, dall’aquila reale. Anche un altro rapace, l’albanella, sorvola la zona in autunno. Infine il gracchio corallino: la numerosa colonia dei Sibillini -una delle più grandi d’Europa- spesso utilizza l’area dei Piani come riserva d’insetti.
Pineta Italia. Il rimboschimento “a tema” sulle pendici di Poggio di Croce, a Pian Grande, fu realizzato nel 1961, in occasione del primo centenario dell’unità nazionale. Il nome deriva dalla caratteristica, inconfondibile forma (con tanto di isole) del bosco di conifere. La frequentata cappellina ai suoi piedi è stata completamente distrutta dal sisma ma è in progetto la sua ricostruzione.
Conclusioni. Il giornalista Paolo Rumiz, grande appassionato delle “terre alte” dell’Italia centrale, ha definito la zona la «Shangri-La dell’Appennino» (un luogo immaginario del Tibet, bellissimo e lontano, dove regna la pace e la felicità). Castelluccio era già un luogo isolato, da raggiungere con difficoltà (proprio a questa sua caratteristica doveva gran parte del suo fascino); ora rischia, per i danni del terremoto, di diventare un “luogo della memoria”. È auspicabile un intervento rapido, per ricreare condizioni minime di vivibilità e permettere al posto di tornare ad essere un luogo “vitale”.
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