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Se ne va la “storia” delle bandiere,
l’addio all’aretino Vittorio Dini

ASCOLI - Nella città toscana è morto Vittorio Dini, "sbandieratore d'onore" fin dal 1964, anima del gruppo storico che ha fatto scuola in tutto il mondo, compresa la Quintana di Ascoli. Lo ricordano bene molti vecchi sbandieratori ascolani che l'hanno conosciuto
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di Andrea Ferretti

Il mondo delle bandiere – quelle vere e non gli attuali foulard trasparenti – è in lutto. Ad Arezzo è infatti venuto a mancare il professor Vittorio Dini, primo direttore tecnico degli sbandieratori della città toscana dove ogni anno si svolge la “Giostra del Saracino”.

Vittorio Dini in una recente immagine

Dini fu insignito del titolo di “sbandieratore d’onore” già nel 1964, e fu tra i protagonisti della prima edizione dei Campionati italiani (in quell’occasione anche mondiali) degli Antichi Sports e Giuochi della Bandiera nel 1967. E’ stato l’anima e la storia dell’Associazione ed ha portato la scuola aretina ai più alti livelli mondiali. Basti pensare che quando nel 1955 decollò la Quintana di Ascoli, gli sbandieratori non c’erano e arrivarono l’anno successivo grazie alla preziosa “segnalazione” del professor Carlo Baiocchi – tra i fautori della rievocazione ascolana – che d’estate si trovava ad Arezzo in veste di commissario agli esami di maturità. Al suo ritorno riferì quanto aveva visto e contattò lui stesso quei ragazzi insieme a Danilo Ciampini il quale divenne poi il maestro coreografo degli sbandieratori e nel 1966 uno dei fondatori della Federazione che oggi, per far prima, si chiama Fisb e organizza Campionati italiani e tornei vari. Dini fu chiamato a dirigere il gruppo sbandieratori dal fondatore Alberto Mario Droandi e, insieme a Florido Magrini, sviluppò l’antica tecnica del “maneggiar l’insegna” dando quindi un senso a quei primi “pali di scopa” con attaccato uno “straccio”. Ad Arezzo è quasi lutto cittadino. Ad Ascoli sono ancora diversi i “ragazzi” di allora che hanno avuto modo di conoscerlo e sbandierarci insieme. Quando sbandierare era una passione e un’arte, e non una sorta (perché ufficialmente non lo è) di disciplina sportiva.


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