di Marzia e Gabriele Vecchioni
(foto di Gabriele Vecchioni e d’epoca)
La seconda settimana di settembre si svolge a Spinetoli la tradizionale festa popolare dedicata a Maria Santissima. delle Grazie, titolare del santuario omonimo ubicato nel paese collinare; in concomitanza, si tiene la “Festa dell’uva”, a ricordo del periodo dell’anno in cui i contadini si recavano al santuario per ringraziare la Vergine per il raccolto dell’uva. Per inciso, la festa è una rievocazione popolare, con giochi e carri allegorici, tra le più antiche della Provincia, risalendo ai primi del Novecento. In questo articolo ripercorriamo brevemente la storia del luogo di culto.
Il Santuario della Madonna delle Grazie di Spinetoli, conosciuto anche come Santuario dell’Icona, è stato costruito nel secolo XVIII, attorno a una preesistente edicola votiva; vi si conserva un affresco che raffigura una Maternità Sacra, la Madonna con in braccio il Bambino con, a lato, i Santi Francesco e Domenico («Trattasi di pittura popolare, ma dignitosa»: così la descrisse, nel 2001, Silvano Montevecchi, vescovo di Ascoli Piceno). La tradizione vuole che il dipinto (un affresco su pietra tufacea) sia stato realizzato da un ignoto artista che aveva avuto un’apparizione della Vergine. Danneggiato a seguito del terremoto del 1943, l’edificio fu ricostruito nel 1948; successivamente (1953), l’affresco fu staccato dalla sua posizione originaria e trasferito nell’attuale collocazione, sulla parete absidale dell’edificio (dal Catalogo dei Beni Culturali della Regione Marche sappiamo che le delicate operazioni di distacco, riattacco e restauro del dipinto furono eseguite dal restauratore Tullio Brizi).
La storia della settecentesca chiesa inizia in realtà nel Medioevo; nel Quattrocento (ma c’è chi anticipa l’evento di circa un secolo) un pittore di passaggio, uno dei tanti artisti itineranti dell’epoca, avrebbe avuto una visione e l’avrebbe “trascritta” con la sua arte su una lastra di pietra arenaria. L’immagine della Madonna divenne rapidamente oggetto di devozione popolare, per le voci che parlavano di presunti miracoli ottenuti da fedeli devoti.
La tradizione vuole che una donna di Spinetoli, recatasi a pregare davanti all’immagine, abbia sentito una voce che chiedeva riparo dalla pioggia. La donna, di fronte a quella richiesta, effettuata in una serata limpida, convinse alcuni suoi concittadini a recarsi con lei presso l’icona; anche queste persone udirono la richiesta di aiuto. Fu così iniziata una raccolta di fondi presso la popolazione, convinta di essere di fronte a un evento miracoloso (le audizioni): in breve tempo fu possibile costruire un’edicola che proteggesse il dipinto in caso di maltempo. Per l’afflusso continuo di fedeli e la voce popolare che considerava l’immagine miracolosa per le tante grazie elargite, l’allora vescovo di Ascoli, monsignor Lionardi, diede l’avvio (1759) alla costruzione di un edificio religioso che inglobasse l’edicola; la chiesa fu inaugurata l’8 settembre 1763.
In origine, sotto l’altare principale scaturiva una polla d’acqua sorgiva (chiaro simbolo delle grazie elargite dalla Vergine), poi scomparsa a seguito dei «restauri e dell’amplificazione del Tempio». Era conosciuta come l’“acqua di Santa Lucia” perché ritenuta benefica per le malattie degli occhi. Attilio Camaioni riferisce (1971) che «Quest’acqua, convogliata in una vaschetta sita appositamente sotto l’Altare di Maria e alla quale si accedeva mediante una gradinata in mattoni protetta da una grata, in solide verghe di ferro, retrostante lo stesso altare, è stata fonte di numerosi miracoli…».
La presenza di acqua “sorgiva” all’interno di un edificio sacro non è rara nella nostra zona, basti pensare alla chiesa offidana di Santa Maria Assunta (la Collegiata) dove, nella suggestiva cripta, è stata ricostruita (in miniatura) la grotta di Lourdes, con tanto di acqua che scorre. La sorgente di Spinetoli, per «l’incresciosa soppressione», non c’è più e con essa è scomparso uno dei poli di attrazione del Santuario.
L’immagine. Al centro della composizione pittorica c’è la Vergine velata, con in grembo il Bambino. Ai lati, San Francesco d’Assisi (con le stimmate) e San Domenico di Guzman, prete spagnolo fondatore dei Frati predicatori. Una voce popolare, però, identifica la seconda figura (a sinistra della Vergine) con Sant’Antonio abate, il santo eremita che ha tra gli attributi il bastone a forma di tau e il fuoco, entrambi presenti nel dipinto.
La devozione popolare. La chiesa è un santuario, termine che identifica un luogo considerato sacro perché c’è stata la manifestazione del divino: nel santuario viene omaggiata la divinità e le viene tributato il culto. In realtà, non c’è una legge ecclesiastica che assegni il titolo di santuario a una chiesa; se manca la proclamazione vescovile, sono la tradizione e la devozione popolare (in termini di affluenza) che danno l’attributo; è questo il caso della chiesa di Spinetoli. Nato nel Settecento, il santuario vide crescere, nel corso del secolo successivo, la frequentazione di devoti provenienti anche da località del circondario e dal vicino Abruzzo. La partecipazione convinta dei fedeli si manifestava anche con atteggiamenti devozionali vistosi quali il lento procedere, scalzi o in ginocchio, nell’ultimo tratto del percorso, secondo una tradizione dalle forte valenza simbolica.
Quello di Spinetoli è uno dei numerosi santuari mariani delle Marche (sono ben 106); la regione ha visto aumentare fortemente il numero fin dai secoli XIV e XV, grazie all’opera degli Ordini religiosi e alla “vicinanza” del Santuario della Santa Casa, a Loreto, famoso e frequentato centro di venerazione mariana.
Le offerte votive. Alle pareti del santuario, vicino all’altare, si conservano numerosi ex-voto (il termine deriva dal latino ex voto suscepto, per dono ricevuto) lasciati dai fedeli. È ancora il vescovo Silvano Montevecchi che chiarisce che «La presenza di numerosi ex-voto, consegnati al Santuario specialmente durante la seconda guerra mondiale, testimonia la devozione del popolo il quale in un momento di tragica eventualità ricorreva alla Madonna per avere protezione per i figli in guerra e consolazione per le famiglie nel dolore». In realtà, ci sono anche diversi ex-voto legati a episodi della vita di tutti i giorni e alla malattia; comunque, tutti testimoniano l’intensa devozione popolare.
Le offerte dei frequentatori del Santuario sono di tipologie diverse: si va dalle tavole votive, ai cuori di argento stampato, ai gioielli (d’oro e d’argento), alle foto con dedica. Non è possibile esaminare in dettaglio questo interessante aspetto della pietà popolare; ricordiamo solo che l’usanza dell’offerta votiva, omaggio alla divinità e attestazione di fede in cambio di una grazia ricevuta (da qui l’acronimo P.G.R. – Per Grazia Ricevuta – presente sulle tavole dipinte), è antichissima e certifica che il ”tempo della disgrazia” si è tramutato in “tempo di grazia” (G. Battaglia e D. Multari, 1997).
Gianni Carlo Sciolla chiarisce (2015) che «L’ex-voto è un oggetto d’arte cosiddetta “popolare” […]. Manufatti artigianali singolari, gli ex-voto sono importanti documenti della devozione e della religiosità di una comunità; testimonianze di un rapporto particolare tra uomo e mondo soprannaturale; di memoria e riconoscenza tangibile di un evento taumaturgico, considerato eccezionale, che spesso si colloca tra storia e leggenda; molto simile, per alcuni aspetti, alla reliquia».
Le tavolette dipinte. Gli ex-voto più interessanti (sia dal punto di vista artistico sia da quello antropologico) sono le cosiddette “tavolette dipinte”. Ancora lo Sciolla spiega che «Sotto il profilo formale, gli ex-voto, in particolare quelli effigiati sulle tavolette dipinte, sono accomunati dalla rappresentazione schematica e allusiva del tempo e dello spazio nel racconto; dall’accentuazione dei valori antinaturalistici nelle figure e nel paesaggio; dalla resistenza all’evoluzione stilistica convenzionale di forme e immagini; infine, da un intrigante rapporto con l’arte cosiddetta “colta”».
Purtroppo sono poche quelle giunte fino a noi (solo 9 rispetto alle centinaia che erano depositate nel santuario), ma assai significative della devozione della gente, per lo più di umile condizione. In tutte c’è il racconto schematico (si può definire naif) della grazia richiesta e l’immagine della Madonna con il Bambino, figure circondate da un alone luminoso.
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