Un ingente sequestro di falso vino Verdicchio dei Castelli di Jesi è stato eseguito nell’ambito di un’indagine di polizia giudiziaria delegata dalla Procura della Repubblica di Ascoli avviata sei mesi fa dall’Ufficio d’Area di Ancona dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, successivamente affiancato dalla Guaddia di Finanza di Ascoli nel momento in cui sono stati rilevati indici di anomalie relativi al prezzo al consumo del particolare vino Doc, risultato infatti al di sotto del normale prezzo di mercato.
E’ stata riscontrata l’assenza di certificazioni chimico-fisiche e organolettiche necessarie, secondo la normativa di settore e il disciplinare del Verdicchio dei Castelli di Jesi, per l’acquisizione di “vino Doc” attraverso il rilascio di un attestato di idoneità. Le indagini sono state quindi indirizzate verso la ricostruzione della filiera documentale del falso Verdicchio, che ha coinvolto un’azienda vinicola situata nel terrtorio comunale di Monteprandone, che aveva gestito le fasi di imbottigliamento e etichettatura delle dame di vino.
Il prodotto certificato, per l’immissione in commercio, è assoggettato alla tracciatura mediante “lotti di imbottigliamento” che gli operatori devono obbligatoriamente comunicare all’organismo di certificazione. Tracciatura che – bypassata dall’azienda vinicola ascolana – ne verifica la rintracciabilità sin dalla sua origine e provenienza.
I successivi sviluppi delle indagini hanno condotto quindi gli investigatori in due centri di una nota catena di distribuzione alimentare a livello internazionale, ubicati a Perugia e Monteprandone, dove sono stati rinvenuti e sequestrati ben 15.000 litri di falso vino Verdicchio che erano contenuti in 3.000 dame da 5 litri cadauna, fornite dall’azienda vinicola picena.
E’ risultato così che le partite del vino Verdicchio dei Castelli di Jesi, tutte con rigorosa certificazione Doc, altro non erano che un semplice e più economico vino bianco imbottigliato ed etichettato ad arte. Gli investigatori l’hanno scoperto attraverso perquisizioni eseguite presso l’azienda vinicola picena, dove sono stati raccolti elementi probanti di una “frode nell’esercizio del commercio” che viene punita dal codice penale con la reclusione fino a 2 anni o la multa fino a 2.065 euro. Trattandosi di bevande caratterizzate da una denominazione di origine, ovvero geografica, al titolare dell’azienda vinicola sono state ascritte anche le circostanze aggravanti previste dallo stesso codice penale. In questo caso, quindi, il giudice in sede di pronuncia di condanna, qualora eventualmente riconosciuta la particolare gravità, può disporre anche la chiusura dell’azienda per un periodo da 5 giorni a 3 mesi, ovvero la revoca della licenza e quindi dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività commerciale.
Una sinergia d’indagine, quella condotta sotto l’egida della Procura della Repubblica di Ascoli che va a rafforzare l’impegno delle due istituzioni verso la tutela del consumatore. Nel caso specifico, una attenzione investigativa ulteriormente avvalorata dalla preservazione delle condizioni di eccellenza del “made in Italy” nel settore agroalimentare. Tutto questo accade proprio nell’anno in cui ricorre il 50° anniversario del riconoscimento della “Denominazione di origine controllata” del Verdicchio dei Castelli di Jesi che risale al 1968.
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