«Siamo alle solite: dopo i disastri del terremoto, arrivano sempre i disastri della cosiddetta “ricostruzione”. A nostro modesto parere, si stanno ripetendo ad Arquata alcuni degli errori che sono stati fatti in Irpinia e all’Aquila. Ogni volta che c’è un terremoto, i soliti costruttori colgono l’occasione per ricostruire senza un criterio, senza un’idea di base, un’idea forte sulla quale incardinare la rinascita di un intero territorio».
Comincia così la nota di Legambiente Ascoli, pronta a porre l’accento sui lavori in corso al Fosso Morricone. «Questa volta la ricostruzione fa tanto più gola perché la logica dell’emergenza consente di scavalcare qualunque vincolo e dunque consentirà negli anni a venire di costruire anche in zona parco. Un esempio è l’imponente gabbionata messa su per contenere le piene di quello che normalmente è soltanto un rigagnolo, dimostrano come i nostri amministratori non sappiano proprio che cosa fare con tutti i soldi che sono arrivati e che arriveranno per la ricostruzione. Com’è possibile che qualcuno abbia autorizzato dei lavori del genere in zona parco?» si domanda Legambiente.
«Purtroppo si continua a perseguire sempre il solito modello di sviluppo, quello delle strade, dei viadotti, delle gallerie, della cementificazione dei fossi, senza pensare che ciò che attrae veramente i turisti non sono le infrastrutture o la rettificazione di alcuni tratti della Salaria, ma è il suo paesaggio incantevole, sono i suoi meravigliosi prodotti enogastronomici che non hanno nulla da invidiare a quelli di Norcia o dell’Umbria, se adeguatamente pubblicizzati e valorizzati. -continua la nota- Legambiente ha già sviluppato dei progetti che prevedono il recupero di alcune eccellenze enogastronomiche da cui si potrebbe ripartire per un rilancio economico e occupazionale. Alla luce di queste considerazioni, ci chiediamo a cosa serva cementificare un fosso insignificante come il Morricone, a cosa serve realizzare un gigantesco svincolo all’altezza di Trisungo, a cosa serve spendere 10 milioni di euro per un intervento che rischia di devastare ulteriormente il territorio».
«Infine, ci preme sottolineare in quella zona sta avvenendo una deforestazione a tappeto. -è la conclusione- L’unica ricchezza rimasta, quella dei boschi, rischia di essere distrutta per soddisfare le esigenze di riscaldamento, di produzione di energia e quant’altro. Da questo punto di vista, la recente legge sulla silvicultura della Regione Marche non lascia presagire nulla di buono, dato che prevede uno sfruttamento economico dei boschi. Dopo i danni del terremoto, l’uomo si sta impegnando per fare altri danni. Una volta c’era il Corpo Forestale dello Stato che autorizzava gli interventi e soprattutto vigilava che non ci fossero violazioni delle leggi di tutela ambientale, e che gli interventi fossero a norma. Adesso chi controlla?».
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