di Luca Capponi
Ad Arquata sono tutti concordi: l’anniversario “vero” è quello del 24 agosto. Il 30 ottobre ha rappresentato invece la mazzata finale, il colpo di grazia inferto dal destino bieco, per fortuna senza causare vittime. «E poi ci sono state le scosse di gennaio e i due metri e mezzo di neve…» aggiunge il sindaco Aleandro Petrucci, per un triste ritornello che tutti conoscono. Resta il fatto che dimenticare anche solo una data risulta impossibile.
«Non c’è la stessa emotività di agosto, è vero, ma il 30 ottobre i danni furono tantissimi. Arquata devastata, Pescara rasa al suolo definitivamente, luoghi come Pretare e Piedilama messi a terra. Se dopo il 24 agosto c’era una pur minima speranza di poter salvare almeno in parte le frazioni, da lì fummo costretti a rifare tutto da capo. E ancora oggi stiamo soffrendo per questo» conferma il vice Michele Franchi.
Una sofferenza che apparentemente sembra non finire mai, seppure parzialmente lenita dal passare del tempo. I problemi, ed anche questo è purtroppo un ritornello fin troppo noto, sono ancora tanti. E paiono montagne impossibili da scalare. Pure per chi in montagna è nato e cresciuto ed ama questi posti più di sé stesso.
«Mancano ancora qualcosa come 100.000 tonnellate di macerie da rimuovere. Ora siamo di nuovo fermi dopo che la Regione ha revocato l’appalto alla PicenAmbiente, dovremo aspettare ancora, ci vorrà almeno un altro anno per portarle via. -continua amareggiato Petrucci- Per questo e tanti altri motivi qui di ricostruzione non si può ancora parlare». L’amarezza del primo cittadino è palpabile, anche se lui non si dice sfiduciato. Stanco sicuramente lo è. E sotto pressione costante, come ogni amministratore che deve fronteggiare una emergenza che dura da due anni. «Da una parte ci sono i cittadini che giustamente ci chiedono come mai tutto è fermo, dall’altra una burocrazia che complica le cose fino a stritolarle. -ribadisce- A costo di inimicarmi qualche collega continuo a ripetere che centri come Arquata, Amatrice o Accumoli non possono essere equiparati agli altri, hanno bisogno di norme speciali, qui c’è il “cratere del cratere”; quando i tecnici arrivano per i sopralluoghi e si vedono costretti ad arrampicarsi per arrivare in paese restano meravigliati, come se prima non si fossero resi conto di cosa c’è realmente stato».
«Si poteva fare molto di più, si poteva essere veloci e agire celermente. -gli fa eco Franchi- Non vogliamo dare la colpa a nessuno, ma la politica deve essere unita su questo tema. Ogni cambio di governo ha creato un po’ di distanza coi terremotati; quello che chiediamo e abbiamo sempre chiesto è di accelerare, abbiamo bisogno di risposte per quei cittadini che non sono tornati, oggi siamo 650, il 45% in meno. Non vogliamo l’elemosina di nessuno ma chiediamo che ci aiutino nella difficoltà e nella ripartenza. E’ importante è che il governo non cambi la destinazione dei fondi per il sisma, ne abbiamo bisogno per ricostruire, non lo permetteremo»
Altro tasto dolente, la fine dei contratti del personale straordinario assunto per far fronte alle esigenze del sisma, che il 31 dicembre rischia di lasciare le Amministrazioni in un vicolo cieco. «Come potremo andare avanti da soli? -conclude Petrucci- Nonostante le continue rassicurazioni non è stata ancora ufficializzata la proroga. Siamo al terzo governo e al terzo commissario ma le cose sembrano sempre le stesse. Novembre è il mese dei defunti ed io ho 28 chiese giù, così come i cimiteri: le persone non hanno neanche un posto per pregare i propri morti».
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