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L’addio a Romano Tempera,
una folla di amici in lacrime

ASCOLI - Gremita la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo. Lo strazio della moglie Lorelay, della figlia Sara. Il fratello Claudio: «E' stato un fratello meraviglioso, un uomo dalla dignità e serietà straordinarie»
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di Walter Luzi

La chiesa dei Santi Filippo e Giacomo gremita come a Pasqua per l’addio a Romano Tempera. Il silenzio rotto dai singhiozzi di Lorelay, la moglie, ex insegnante di educazione fisica al Liceo “Orsini”, e Sara la figlia venticinquenne laureanda in Scienze Sociali a Macerata. Si emoziona anche il celebrante, don Lino Arcangeli, ricordando il loro matrimonio. Fuori piove. Lacrime nascoste dagli ombrelli. Tante, di tanti. Perchè a Romano gli amici non mancavano proprio. Dopo l’incessante via vai alla camera ardente del weekend, in molti sono voluti tornare ad abbracciarlo per l’ultima volta. Anche volti noti, come Giuliano Tosti e Massimo Silva fra gli altri. Distrutto dal dolore il fratello minore Claudio. Ex vigile del fuoco come il papà anche lui, poi bancario di lungo corso prestato alla politica, come presidente della circoscrizione Centro Storico dal 2004 al 2009, quando si è distinto con numerose iniziative di carattere sociale e benefico a favore di anziani e disabili.

«E’ stato un fratello meraviglioso – ricorda piangendo – un uomo dalla dignità e serietà straordinarie». Anche sui social sono piovuti numerosi i post di affetto e di stima per lui. Il geometra Tempera, Romano per tutti, era infatti molto noto e benvoluto in città. Una adolescenza con gli amici del quartiere di San Pietro Martire, lui che abitava con la sua famiglia poco distante, in via Ceci, nel palazzo Ina. Nel 1974, seguendo le orme del padre Emidio, caporeparto nel Corpo per 45 anni, presta servizio di leva come ausiliario alla Acuola centrale antincendi dei Vigili del fuoco di Roma Capannelle. Un mestiere che diventa una missione solo per vocazione. Dove disciplina, sacrificio e umanità possono fondersi solo in un grande cuore. Nel 1979 viene assunto alla “Farmitalia Carlo Erba” e si fa subito apprezzare per le sue qualità. Nel colosso farmaceutico italiano Romano vive, nell’Ufficio tecnico, la crescita vertiginosa che, in un trentennio, lo porta, con il gruppo americano Pfizer, ai vertici mondiali. Romano andava orgoglioso della sua azienda e del suo lavoro. Affronterà la sua forzata uscita, nel 2010, con grande dignità e sofferenza. Una ferita per lui, quella dell’estromissione patita, mai lenita, neppure dal tempo. E poi i suoi tre grandi amori: la Juventus, il calcio e lo sci. Viscerale quello per la sua squadra del cuore, che seguiva quando poteva anche dal vivo, negli stadi italiani ed europei. Una fede eterna e incrollabile condivisa con l’amico liutaio Piero Castelli. Ai tempi dell’Ascoli in Serie A, i due seguivano sempre la partita con la Juve in curva nord, quella riservata ai tifosi ospiti. Un atto estremo di fede che li esponeva però agli immancabili, indignati e spietati sfottò degli amici.

Ma i campi di calcio li aveva anche calcati, per molti anni, in varie formazioni dilettantistiche ed amatoriali locali. Giocava in difesa, marcatore arcigno ma sempre corretto. Con i vecchi amici del quartiere aveva fondato persino una squadra, “Il Cucciolo” completamente autofinanziata. Le settimane bianche invece non potevano mai mancare nei suoi programmi invernali in compagnia di altri grandi appassionati dello sci, fra i quali il suo primo maestro, e grande amico, Domenico Cagnetti. Una forma fisica invidiabile quella di Romano, conservata negli anni grazie ad una pratica costante: il jogging. In ogni stagione e ovunque si trovasse. Fino all’ultimo. In centro la sua tappa obbligata era sempre alla Ferramenta Pespani per interminabili chiacchierate con Lucio Mariani. In estate, al mare, era facile invece incontrarlo sul bagnasciuga del Cavalluccio Marino, sempre invidiato per la sua abbronzatura perenne: gli bastavano infatti solo poche ore di esposizione al sole per diventare nero come un tizzone. Sempre pronto anche in spiaggia allo scambio di battute. E di pacche sulle spalle. Caratterista e imitatore nato, aveva presto mostrato tutto il suo talento ai microfoni di “Radio Cento Torri Piceno” dove, alla fine degli anni Settanta, dava voce a più divertenti personaggi, soprattutto durante il popolare e seguitissimo programma “Clandestinamente”. Adelino Manni e Bruno Ferretti le “spalle” delle sue irresistibili gags di una satira nuova e quasi sempre irriverente. Un successone decretato da un pubblico appassionato che lo seguiva con puntualità ogni domenica mattina, alla radio. Una epoca romantica, migliore perchè si era felici con poco, senza l’offerta invasiva e inflazionata, e spesso anche idiota, della Rete e delle televisioni commerciali dei giorni nostri.

La bravura di Romano era nelle imitazioni, ma, soprattutto, nel saper cogliere al volo gli aspetti comici, o grotteschi, delle situazioni e delle persone. Battute fulminanti sempre pronte al momento giusto, arguzia e intuito non comuni, rendevano sempre piacevole e gioviale ogni incontro con lui. Con la moglie Lorelay contava i giorni per poter andare finalmente in pensione. Sperava nella quota 100 per anticipare i tempi. Nel 2014 aveva anche accettato una proposta lavorativa alla “Novartis”, i disagi delle lunghe trasferte settimanali a Siena, la lontananza dalle donne della sua famiglia, pur di maturare nuove contribuzioni pensionistiche. Sognavano, lui e Lorelay, abitudini di vita nuove, esperienze mai fatte, come le vacanze invernali finalmente insieme. Lei era stata infatti sempre legata alle settimane bianche del suo Istituto nel periodo natalizio. Con Romano cominciavano già a fare programmi. E’ arrivato prima il male a portarselo via. Insieme ai sogni. Ciao geometra, sei stato un grande.

 


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