di Maria Nerina Galiè
Il ripristino dei servizi esistenti prima del terremoto e la ristrutturazione immediata di una parte del vecchio ospedale di Amandola, al posto di un prefabbricato provvisorio a Pian di Contro, dove accentrare i servizi stessi. Ecco gli obiettivi che il “Comitato per la tutela della salute nei Sibillini”, nel corso di una conferenza stampa ha annunciato, questa mattina, la volontà di voler perseguire. «Il comitato, volontario e spontaneo – ha spiegato la presidente Luisa Di Venanzi – è nato come risposta al disagio sanitario successivo agli eventi sismici del 2016 e confortato da una petizione che ha raccolto 3.200 firme».
Nicola Kardos, ex dirigente amministrativo del Vittorio Emanuele II ed autore del libro ‘L’assistenza ospedaliera nella città di Amandola’, già nel 2012 si era fatto promotore di un gruppo cittadino a difesa del nosocomio amandolese ora confluito in quello presieduto dalla Di Venanzi. «I problemi allora erano relativi all’organizzazione interna. Dopo l’agosto 2016 – ha detto l’ex funzionario – sono diventati di più ampia natura e riguardano tutto il territorio, ora terremotato, compreso nell’Unione montana».
Questioni di politica sanitaria che hanno condotto, a partire dal giorno successivo all’ormai troppo citato sisma: «A privare 20 mila abitanti dell’unico ospedale montano – hanno ribadito la presidente ed il vice Luigi Ricci – contro ogni logica che voleva fossero ripristinate, nel più breve tempo possibile, tutte le funzioni sanitarie preesistenti».
E’ chiaro il riferimento ad un primo orientamento delle istituzioni di recuperare subito con 3 milioni di euro già stanziati l’ala più nuova del Vittorio Emanuele II, costruita nel 2009 per ospitare la Rsa, e far ripartire in breve tempo l’intera struttura anche se in una sede ridimensionata. Come noto, nell’agosto scorso è stato avviato il progetto per la realizzazione in Amandola del nuovo Ospedale dei Sibillini, che però vedrà la luce tra quattro, anche cinque anni. Nel frattempo alcuni dei servizi venuti a mancare da un giorno all’altro sono stati pian piano riattivati, ma con sensibili riduzioni ed in più sedi.
«C’è un punto di primo soccorso in un container a Pian di Contro – ha riferito la Di Venanzi – ma non la sala operatoria. Gli ambulatori per la diagnostica sono disponibili per 4 ore al giorno, non più h24 come quando erano un vero e proprio reparto, da dividere per di più con tutti gli utenti dell’area vasta 4». Se c’è un’emergenza che richiede l’ecografo, il paziente viene portato nell’ambulatorio di Amandola se si è in orario di servizio, altrimenti a Fermo.
«Nemmeno ad Ascoli dove sarebbe più semplice e logico, anche se in altra area vasta», ha fatto notare la presidente. «Il mammografo è stato rottamato – ha continuato – ed il laboratorio analisi rimpiazzato da un punto prelievi e che funziona solo dalle 7,30 alle 8,45. Parte a quell’ora infatti l’auto che trasporta il materiale ematico a Fermo, passando per Montegiorgio, per essere esaminato. Lo stesso mezzo poi viene impiegato per la consegna dei pasti nella Rsa di Amandola, momentaneamente appoggiata nella ex scuola elementare. Consultorio familiare, assistenza sociale e psicologo non ci sono più – ha infine denunciato – laddove sarebbero più che mai stati necessari in un periodo di forte stress emotivo come dopo le scosse».
I membri del Comitato per la salute, rappresentato nell’incontro anche dall’ex sindaco di Amandola Riccardo Treggiari e dal professor Attilio Bellesi, non condividono né la forma né la sostanza delle azioni messe in campo per garantire il diritto alla salute dei cittadini dei Sibillini. E men che meno il progetto di realizzare a Pian di Contro, luogo che ospiterà il nuovo nosocomio, una struttura provvisoria dal costo di 2 milioni e mezzo di euro donati dalla Protezione Civile.
A breve tutti gli argomenti a supporto della protesta e i proponimenti per una diversa gestione della delicata problematica verranno discussi con la cittadinanza in una pubblica assemblea.
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