di Luca Capponi
Ascoli Piceno, Marche, Italia. Anno domini 2018, quasi 2019. Anni di civiltà, di progresso, di diritti, di emancipazione. Almeno sulla carta. Anni dove se ti senti male in mezzo alla strada ti riprendono col cellulare, senza pensare a soccorrerti. Anni in cui si può perdere la vita per un selfie, per un gioco, per una sfida da milioni di visualizzazioni.
Anni impoveriti. Anni in cui un uomo si reca al lavoro come ogni mattina, ma un infarto lo stronca proprio prima di entrare. Anni in cui il negozio in cui ha prestato servizio fino al giorno prima di lasciarci la pelle resta aperto come se nulla fosse, tra camion che scaricano, scontrini e spese varie. Nonostante egli sia morto proprio lì davanti, tra lo sgomento e le lacrime, in una fresca mattinata di un dicembre qualunque.
Anni in cui tutto va avanti come se nulla fosse, in cui non c’è tempo neanche per fermarsi e riflettere, anni in cui un dipendente nulla può dire perché sennò rischia il posto, anni in cui le responsabilità non sono mai di nessuno, neanche delle coscienze. Anni in cui non val la pena pensare, anni di indifferenza e di rabbia per come (non) vanno le cose. Anni di social come ultima valvola di sfogo.
Anni in cui forse è meglio non morire così, come ha fatto Danilo De Angelis, davanti al supermercato dove tutti gli volevano bene. Anni che non si fermano più neanche dinanzi alla fine di un essere umano ed in cui magari non vale la pena domandarsi, come hanno fatto in molti sin da dalle prime ore del decesso: ma non ci si poteva fermare un attimo, in segno di rispetto? In attesa delle risposte che eventualmente arriveranno, il Gruppo Gabrielli esprime «le più sentite condoglianze alla famiglia per la scomparsa improvvisa del nostro valente collaboratore. Esprimiamo la nostra vicinanza alla famiglia colpita dal tragico e inatteso evento». Rigorosamente a serrande alzate.
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