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L’ultimo saluto a Danilo De Angelis
Poggio di Bretta si stringe nel dolore
Gruppo Gabrielli al gran completo

ASCOLI - Una piccola folla nella chiesa della piccola frazione per il funerale del dipendente del Tigre di Santa Maria Intervineas ucciso da un infarto mentre si stava recando al lavoro come faceva tutte le mattine. Sulla bara una maglia dell'Ascoli, la squadra di cui era un grande tifoso. Il dolore dei fratelli Santa e Guido.Laura Gabrielli. «Questa vicenda ci ha toccati nel profondo, non c'è altro da aggiungere»
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L’ingresso della bara nella chiesa di Poggio di Bretta

di Walter Luzi

C’era tutta Poggio di Bretta a salutare per l’ultima volta Danilo De Angelis. Amici, parenti, compaesani, ma non solo. C’erano anche tantissimi componenti della sua seconda, grande famiglia: colleghi, dirigenti, e mezza dinasty Gabrielli. L’azienda dove ha lavorato, apprezzatissimo, per trentotto anni, e dove lavora, nel deposito di Maltignano, anche il fratello minore Guido. «A Danilo era impossibile non volere bene – commentano all’unisono tutti – perchè era davvero un gran bravo ragazzo». Non sono parole di circostanza. Le solite buone parole di circostanza, che tendono a voler fare diventare buoni, all’improvviso, tutti gli scomparsi. E’ la verità vera. Sempre sorridente e scanzonato, single senza patemi, Danilo aveva due grandi amori: la sua famiglia e l’Ascoli. La maglia bianconera deposta sopra i fiori della sua bara è stata l’ultima testimonianza di una passione viscerale per la squadra di calcio della sua città.

Ai suoi genitori si era invece era dedicato, completamente, soprattutto dopo la grave malattia che aveva colpito la mamma. Luigina, meglio conosciuta da tutti come “Gina la Poggia”, perchè era piccola di statura ma con un’animo e una vitalità straordinarie, si era spenta nell’estate del 2011. Lui, il primogenito, insieme al papà, all’altra sorella Santa e a Guido, l’aveva assistita con amore, in casa, per anni, fino all’ultimo. La stessa grave patologia degenerativa avrebbe colpito di lì a poco anche il papà Giovanni, della cui assistenza ancora Danilo si era principalmente fatto carico. Fino all’altra mattina. Non si meritava di finire così. Su quel porfido freddo di piazza Santa Maria Intervineas sotto un telo verde. Correva al lavoro come ogni mattina. Un lavoro che amava e dove tutti lo amavano.

Quella serranda che non si è abbassata, in segno di quel rispetto che gli era dovuto, neanche per qualche ora, è stato un errore. Un grave errore di chi ha avuto solo un attimo per pensare e avrà una vita per portarsi dentro il pentimento di quella decisione sbagliata. Gli sono mancati esperienza e sangue freddo, forse anche sensibilità, in quei minuti di comprensibile panico. La presenza alle esequie di Danilo, di Giancarlo, Laura, Barbara e Luca Gabrielli con l’amministratore delegato del Gruppo Mauro Carbonetti, non è un tardivo e plateale tentativo di riparazione. Salutano, ricambiati con calore, dipendenti ed ex dipendenti in pensione presenti in chiesa. Una presenza così nutrita e partecipe non è una eccezione suggerita dagli eventi. E’ sempre così, in ogni triste occasione come questa. «Questa vicenda ci ha toccati nel profondo – è l’unico commento di Laura Gabrielli – non c’è altro da aggiungere».


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