di Martina Fabiani
Ogni anno circa 5.000 persone vengono colpite da insufficienza renale cronica. Tale malattia comporta una serie di alterazioni metaboliche che possono mettere in pericolo la vita oppure produrre danni ad organi o disturbi, fatali o meno, al paziente. La dialisi risolve, più o meno, il primo problema, consentendo alla persona di continuare a vivere seppur con grossi disagi. Il trapianto di rene, invece, è in grado di guarire anche il secondo problema, restituendo al paziente una vita normale.
Ylenia Lucidi, 29 anni e originaria di Civitella del Tronto (Teramo), nel giugno 2018 si sottopone a delle analisi di routine e scopre che i suoi reni si erano rimpiccioliti e che andavano facilmente sotto sforzo. Non essendo ancora entrata in dialisi, non c’era per lei la possibilità di mettersi in lista d’attesa per il “trapianto da cadavere”. Mentre era ancora ricoverata in Nefrologia, la dottoressa Giuseppina Bardini le propone il “trapianto da donatore vivente”, pratica di cui la ragazza era ignara e che in Italia rappresenta meno del 10% dei trapianti eseguiti ogni anno. Ylenia si è sottoposta al trapianto di rene lo scorso 16 gennaio all’ospedale “San Bortolo” di Vicenza. Questo regalo glielo ha fatto la sua mamma, Rita D’Ignazio. Entrambe adesso stanno bene, sorridono e scelgono di raccontarci la loro storia.
«Quando ho saputo che mia figlia necessitava di un trapianto non ho esitato un attimo nel propormi. Per me è stata una cosa naturale», racconta Rita. Prima di arrivare al trapianto donatore e ricevente devono passare attraverso una serie di procedure clinico-organizzative che durano mesi. Si parte da una prima valutazione di idoneità al trapianto da vivente: sia il ricevente che il donatore si sottopongono ad accertamenti clinici, strumentali e di laboratorio, per poi passare allo studio immunologico e determinazione delle eventuali incompatibilità (cross-match e tipizzazione HLA). Una volta completata la valutazione clinica si passa a quella psicologica, detta anche “di terza parte” affinché vengano verificate le motivazioni della donazione e venga escluso ogni traffico illecito di organi.
«Ci hanno controllate dalla testa ai piedi, sottoponendoci a ogni tipo di esame, dal meno al più invasivo poiché il donatore deve essere completamente sano e ogni piccolo problema va risolto prima del trapianto. Io – racconta Ylenia – ho dovuto iniziare anche una dieta aproteica durata sei mesi, è stato uno dei momenti più duri e, per assurdo, non vedevo l’ora arrivasse il giorno dell’operazione». «Sapevamo che era la cosa giusta da fare – continua la ragazza – e questo ci ha permesso di affrontare al meglio tutto il periodo precedente al trapianto».
La Nefrologia di Ascoli invia i suoi candidati nei vari Centri accreditati al trapianto renale in Italia. Nel caso di Ylenia si sono rivolti al CT di Vicenza che da anni esegue trapianti da donatori viventi con il prelievo di rene in tecnica laparoscopica per ridurre le complicanze e la degenza del donatore. Ylenia e sua madre ricevono l’attesa chiamata il 9 gennaio: il ricovero sarebbe avvenuto il 15 del mese stesso per poi essere operate il giorno successivo dal dottor Oscar Banzato. Le due operazioni vengono effettuate nel giro di poche ore, giusto il tempo di pulire il rene.
«Appena sveglia – dice Rita – il mio primo pensiero è andato a mia figlia, sapevo che ci separava solo un corridoio e appena me l’hanno concesso sono andata da lei». Dopo il trapianto Ylenia è invece rimasta in Terapia Intensiva fino al mattino successivo. «Avevo paura di non svegliarmi e credo di aver anche sognato di non riuscire a farlo. Ma appena ho aperto gli occhi stavo bene, non avvertivo dolori», ricorda Ylenia. Solo dopo un giorno e mezzo la ragazza ha potuto riabbracciare il papà Nino Lucidi e il fidanzato Tonino Bizzarri. Dopo 17 giorni di degenza, Ylenia è potuta tornare a casa. Come ogni altro trapiantato, chi riceve un organo da un congiunto deve sottoporsi a una terapia immunosoppressiva per scongiurare i rischi di rigetto.
Adesso la ragazza sta bene, gestisce un bar a Sant’Egidio alla Vibrata (Teramo) con la sua famiglia, conduce una vita normale ed è felice. «All’inizio di tutta questa storia la mia unica preoccupazione era una futura gravidanza. Ho subito chiesto ai dottori di Vicenza se il trapianto l’avrebbe in qualche modo intaccata», racconta Ylenia. A questa domanda i dottori le hanno mostrato una bacheca piena di foto di bambini, tutti nati dopo trapianti di reni e tutti sani. La gravidanza è dunque possibile, solo va organizzata.
Il trapianto è uscito dall’area della sperimentazione e oggigiorno può considerarsi a tutti gli effetti una vera e propria terapia. Nel mondo sono più di 585.000 le persone che vivono con un rene trapiantato. Inoltre, gli studi hanno dimostrato una migliore sopravvivenza del rene trapiantato da donatore vivente rispetto a quello proveniente da donatore cadavere. Oggi è possibile eseguire un trapianto di rene da vivente anche in assenza di compatibilità grazie allo sviluppo di protocolli di rimozione degli anticorpi contro gli antigeni del gruppo sanguigno e alla somministrazione di farmaci specifici.
La storia di Ylenia è una storia d’amore in primis, quello incondizionato di una madre verso sua figlia. E poi una storia di speranza e di vita. «Si sa troppo poco del trapianto degli organi – conclude Ylenia – specie di quello da vivente. Racconto la mia storia affinché chi leggerà abbia la voglia e la curiosità di informarsi. Non c’è nessun segreto, nulla per cui bisogna stare zitti quando possiamo fare qualcosa per stare meglio e continuare a vivere».
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