di Luca Capponi
Dei Queen possiede praticamente di tutto: discografia ufficiale più svariati bootleg, cofanetti e vinili in tiratura limitata (quello di “Made in Heaven” completamente bianco), singoli con le firme dei membri della band, persino il super action figure di Freddie, un tatuaggio, t-shirt, libri, una foto con Brian May (che poi gli ha regalato il suo plettro), per un totale di oltre 650 pezzi di cui fare la stima precisa è pressoché impossibile. Andrea Petrucci non fa fatica ad ammetterlo: «Sì, è una vera e propria droga».
Petrucci e il vinile del singolo “Scandal” con le firme dei Queen
Il suo sogno, sin dall’età di 7 anni, è sempre stata quella di diventare bravo come Freddie Mercury. Siamo nel 1988 è la folgorazione è lì, in un servizio giornalistico sulla registrazione in studio dell’album “Barcelona”, che il cantante realizzò con il soprano spagnolo Montserrat Caballé. Da quel momento i Queen diventeranno la colonna sonora della sua infanzia e dell’adolescenza. «In quel periodo -racconta- ho iniziato a registrare tutto quello che passava in tv sulla band, dagli speciali su Mtv per passare poi alle registrazioni su nastro direttamente dalla radio. Grazie ai miei genitori che si sono accorti della mia smisurata passione, a Natale ricevetti una videocassetta, uno dei più bei video dal vivo, “Queen Live in Budapest“, uscito nel 1987, ogni volta che passavo dall’ormai storico negozio “Franco dischi e musica” in vetrina compariva questo spettacolo, lo fissavo…mio padre forse se ne era accorto. I Queen erano la prima band rock che superava la cortina di ferro in Ungheria, il paese dell’ex blocco comunista, a quel concerto assistettero oltre 80.000 persone. Iniziai a guardarlo ininterrottamente, l’avrò visto e non sto scherzando almeno 2.000 volte, la passione per la musica e di diventare un cantante bravo come Freddie salì talmente tanto che ancora oggi seguo la mia avventura».
Con l’action figure di Freddie
Già perché Petrucci, nato e cresciuto nel quartiere di Porta Maggiore, continua a inseguire quel sogno e sulla carta d’identità ha ben scritto “cantante”. «Di recente ho omaggiato Freddie cantando “Somebody to love” nell’anniversario della sua nascita, il 5 settembre. Si può ascoltare oltre che su Facebook , anche su YouTube. Moltissimi anni fa volli un tatuaggio di Freddie sul braccio sinistro, ogni volta che lo vedo è per me fonte di ispirazione nel creare nuovi miei brani».
Come non chiedere a lui, dunque, un parere sul film del momento, quel “Bohemian Rhapsody” diretto da Bryan Synger e incentrato sui primi 15 anni di attività dei Queen. Dopo una gestazione durata anni, l’uscita del 29 novembre scorso ne ha decreto il pieno successo anche in Italia.
«Mi è piaciuto molto e consiglio di vederlo, ma da fan e collezionista il mio voto è 7 , devo essere sincero. -continua Petrucci- Sono stato uno dei pochi fortunati a vedere l’anteprima mondiale il 30 ottobre con il red carpet in diretta da Londra, al cinema UCI di Porto d’Ascoli, eravamo in sette, è stato emozionante». Ovviamente da cultore quale è il suo giudizio sulla pellicola non può non essere influenzato dalle tante conoscenze acquisite nel corso di tre decenni. «La storia -conferma- è leggermente diversa da quello che si vede nel film. Molte sono le date errate e le inesattezze.
Il tatuaggio che Andrea Petrucci si è fatto disegnare sul braccio sinistro
Ma per esigenze di copione purtroppo è stato prodotto così. Con questo film si celebrano i Queen come squadra, come umana salvezza da quel qualcosa che porta Mercury a trasgredire nella sua vita personale. Freddie viene visto come il male assoluto o per lo meno le persone vicine a lui, ma il vero fan sa benissimo che non è così, perché ogni componente aveva il suo lato oscuro». «Freddie -prosegue Petrucci- non entrò nella band degli Smile in quel modo, ma era già compagno di stanza di Roger Taylor ai tempi dell’università e suonava già con ben tre band diverse. Insieme a Roger, aveva una bancarella di vestiti usati per sbarcare il lunario. Freddie fece solo un album da solista, “Mr Bud Guy”, nel 1985 e gli viene anche fatto pesare nel film. Ricordiamo che quasi tutti i componenti della band avevano alle spalle almeno due o tre album propri, al di fuori del progetto Queen. E niente, tutte brave persone tranne Freddie che gioca con la vita, annoiato dalla solitudine, dalle false amicizie e dai milioni di sterline che aveva guadagnato…questo è il film. Riconosco che non è facile racchiudere la vita di una star in due ore, gli incassi vanno alla grande, la macchina Queen è sempre più ricca. Ma Freddie non c’è più. Uomo di cuore, grande umanità, generoso, unico».
Il vero Freddie e l’attore che lo impersona nel film, Rami Malek
Un Freddie che l’attore Rami Malek sembra restituire appieno grazie una performance comunque di livello. «Conoscevo l’attore da alcune serie tv stupende, penso sia stato giusto nell’interpretare il mio idolo, a volte risulta un po’ impacciato in alcuni movimenti, ma so che non è stato facile». Tra i momenti migliori di “Bohemian Rhapsody”, invece, Petrucci non sa scegliere. «E’ una risposta che non so dare, perché il film è talmente diverso dalla vera storia che mi sembra quasi del materiale inedito. Ripeto, l’ho comunque apprezzato, sia chiaro, ma i Queen come tutte le band faticarono ad arrivare al grande successo, al quinto album stavano per mollarsi, non guadagnavano nulla. Mentre nel film il successo arrivo in pochi mesi. La pecca più grave sta nel fatto che nel 1985 al Live Aid fanno credere che i Queen fossero finiti quando in realtà stavano vivendo il momento più importante della loro carriera. Non c’è stata nessuna reunion per il Live Aid perché l’album “The Works” è uscì nel 1984 e nei mesi successivi la band era stata in tour in tutto il pianeta, finendo a cantare “Radio Ga Ga” e “I want to break free” pure a Milano, in due date a settembre; splendevano come il sole e la chiamata al Live Aid fu una passeggiata».
L’incontro con Brian May, avvenuto nel 2012 a Sanremo
Nel film si vedono spesso i membri della band in atteggiamenti ironici e scherzosi soprattutto tra loro: «Ma non era davvero cosi, Brian May e Freddie non si sopportavano molto e Roger Taylor metteva pace tra di loro. John Deacon è sempre stato un ingegnere taciturno ma che ha scritto gran belle hit come “Friends will be friends”, “Another one bites the dust”, “You are my best friend”, “One year of love” e molte altre, mentre nel film viene un pochino messo da parte, ricordo comunque che non è stato il primo bassista bensì l’ultimo. La frase rivolta a Freddie “Con quei dentoni’’ all’inizio del film non è mai esistita, tantomeno che lavorasse in aeroporto, anzi quando riuscì a vendere un vestito nella bancarella allestita con Roger Taylor, lo stesso gli disse “Freddie abbiamo 30 sterline, stasera torniamo in metropolitana a casa” e lui gli rispose “No caro io vado in taxi” e spese tutti la sua parte di soldi. Lui era già una regina, si sentiva che da lì a poco sarebbe diventato milionario e cosi è stato».
Infine, merito indiscutibile del film, quello di avere avvicinato i giovani alla musica del gruppo. «Ovviamente sì, ho visto ragazzine di 12 anni con indosso t-shirt del 1974 con il logo dei Queen. -conclude Petrucci- E’ servito per ridare in pasto tutta la discografia dei Queen e vivacizzare il mercato. Il mio consiglio resta quello di di correre a vedere il film».
Il vinile “white” di “Made in heaven”
Il plettro di Brian May
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