Giulia Alberti con le sue creazioni
di Maria Nerina Galiè
Gli amici a quattro zampe occupano posizioni sempre più di rilievo nella nostra vita. Il passo successivo, sarà quello di far loro spazio anche…nell’armadio. Il sottopelo di cane può diventare infatti un cappello o un maglione morbido e caldo, con l’incommensurabile valore affettivo aggiunto. A renderlo possibile ci pensano due artigiani, Alessandro Vittori di 43 anni e la moglie Giulia Alberti, 33, che hanno fatto della loro passione per il migliore amico dell’uomo una professione innovativa, lungimirante ed unica in Italia. L’azienda si chiama “Lana di cane” e si trova a Rocca di Montefortino, al confine tra le province picena e fermana, dove i coniugi vivono con il figlioletto di 4 anni e, ovviamente, due cani ma “spelacchiati” in quanto sono due meticci.
Un procedimento che rispetta l’animale
«C’è un’altra azienda italiana che produce filati di cane – sottolinea la Alberti – ma in modo industriale ed utilizzando materia prima proveniente da appositi allevamenti». Giulia e Alessandro invece lavorano il sottopelo (preferito al pelo di guardia che risulta ispido) fornito soltanto dai privati. E lo fanno rigorosamente a mano. Un lungo processo che va dall’igienizzazione alla creazione di gomitoli da 50 grammi, sui quali viene apposta l’etichetta con la foto ed il nome del cane. Su richiesta, con la lana prodotta realizzano anche indumenti e accessori. Per un risultato così esclusivo, i clienti sono disposti ad attendere più di un anno. Sono circa 20 le ordinazioni che si evadono in 12 mesi. E per il 2019 ce ne sono già 30 in lista.
«E’ tra i nostri obiettivi – anticipa Giulia – velocizzare il sistema produttivo senza ledere la qualità. Stiamo crescendo e vogliamo anche creare uno spazio espositivo e dimostrativo della filatura a mano. Nel tempo abbiamo ci siamo dotati di numerosi attrezzi antichi ma in ottimo stato».
Ecco il gomitolo con foto e nome del cane
Per gli animalisti pronti ad alzare gli scudi, la giovane imprenditrice precisa che il procedimento non prevede né la tosatura né altra forma di sfruttamento animale.
«Il cane perde il pelo naturalmente per via della muta stagionale. Finirebbe nella pattumiera con l’indifferenziato poiché non è riciclabile. Noi lo filiamo. La lana che ne deriva -dice ancora- è di altissimo pregio, al pari di cachemire e angora. Il prodotto finale ovviamente varia in base alla razza e alle abitudini dell’animale. Risulta più caldo, ad esempio, se il cane passa più tempo all’aperto. Il pelo può essere sottoposto a filatura se è lungo almeno 2 centimetri. Per le razze a pelo corto facciamo palline di feltro, perfette per decori».
Si può lavorare anche il pelo di gatto?
«Si, lo abbiamo fatto. E molto più delicato sia nella lavorazione che nella raccolta, ma la lana che ne deriva è meravigliosa».
Come vi è venuta questa idea vincente?
Maglioncino con il pelo di gatto
«La filatura del pelo del cane – risponde Giulia – è antichissima nei paesi nordici e spopola negli Stati Uniti già da anni. Con noi c’era un akita del quale avevamo conservato sacchi di pelo, proprio per questo scopo. Nel marzo 2011, nel momento di inviare lo scatolone oltreoceano, Alessandro si è ricordato che la nonna sapeva filare. A quel punto ci è venuto in mente di acquistare un arcolaio e tentare noi l’impresa. La prima volta è venuto fuori un gomitolo irregolare e grossolano. Poi abbiamo perfezionato la tecnica fino agli attuali risultati».
Come siete arrivati dall’esperienza personale al business?
«Supportati da amici cinofili, abbiamo realizzato un sito internet. Dopo un mese è arrivato il primo ordine. Era di un cliente siciliano che aveva messo da parte il pelo del suo cane morto due anni prima. Quasi ci stesse aspettando. Gli abbiamo fatto dei gomitoli che la moglie, con i ferri, ha poi trasformato in un bellissimo gilet. Ci ha scritto una lettera commovente ringraziandoci di aver realizzato un suo grande sogno. E’ stato per noi un segno del destino, lo stimolo per decidere di avventurarci su questa strada».
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