di Luca Capponi
Per vederlo salire sul palco si è dovuto attendere un bel po’; non una novità quando si parla dei tempi dilatati del Festival di Sanremo. Era passata di poco la mezzanotte, infatti, quando è toccato agli Ex-Otago con “E’ solo una canzone”. «Dirige l’orchestra il maestro Dario Dardust Faini» le parole della co-conduttrice (insieme a Claudio Bisio) Virginia Raffaele. Il musicista e autore ascolano ha dunque raggiunto un traguardo non da poco, quello di salire sul palco durante una delle kermesse più seguite d’Italia, evento a metà strada tra costume (molto) e musica (a sprazzi).
Faini ha concesso il bis pochi minuti dopo, in chiusura, quando ha nuovamente diretto l’orchestra in occasione dell’esibizione di Mahmood, ultimo dei cantanti in gara con il brano “Soldi”. Un pezzo, questo, che vale doppio per il Nostro, perché porta la sua firma oltre a quella dello stesso artista italo-egiziano e di Charlie Charles. Ed alla fine si è rivelato pure uno dei brani più interessanti del lotto, «poco sanremese» l’ha definito Faini, ma sicuramente degno di nota col suo mix tra generi apparentemente in antitesi. Non a caso, come Ariston da sempre predilige, è finito nelle retrovie nella classifica di giornata, insieme ad altre cose degne come “L’amore è una dittatura” degli Zen Circus (cantata però non al meglio da Appino), “Rose viola” di Ghemon e “Un’altra luce” della coppia Nino D’Angelo-Livio Cori.
Ad ogni modo per Dardust si tratta di un passo importantissimo a livello di carriera, ormai avviata su binari solidi: da una parte appunto il progetto sonoro di rango internazionale che porta avanti sotto il marchio Dardust, dall’altra la vulcanica attività di autore pop che lo ha portato a sfornare successi per una lunga lista di nomi, da Elisa fino a Luca Carboni, Fedez e Thegiornalisti.
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