di Gabriele Vecchioni e Narciso Galiè
(foto di Antonio Palermi e Gabriele Vecchioni)
A Castel Trosino, luogo “magico” al quale siamo legati fin dall’infanzia, abbiamo dedicato due volumi: il primo, vent’anni fa, fu edito dall’allora Azienda di Promozione per il Turismo di Ascoli Piceno, sponsorizzato dalla CariFermo con finalità non commerciali; il secondo, più recente e connesso a iniziative culturali relative al territorio, con ampie e dovute rivisitazioni.
Nella prefazione del primo volume era scritto quello che ancora pensiamo, che Castel Trosino merita «la sacralità di un testo scritto» perché, come scrisse Amedeo Grilli, Presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Fermo, «Esistono dei luoghi nella nostra terra, dove è possibile trovare una perfetta armonia fra storia, ambiente, vita. Castel Trosino è uno di questi luoghi: a due passi dalla frenesia del moderno racchiude il fascino di un viaggio in bilico fra storia e leggenda, in un ambiente naturale dotato di una propria peculiarità di rara bellezza. […] La nostra terra ha bisogno di essere valorizzata e riletta per le sue bellezze e per le sue originalità. Se riusciremo, con il contributo di tutti, a fare promozione dei luoghi naturali, sopravvissuti al tempo, che possono attrarre al pari degli itinerari più noti, saremo riusciti a dare identità globale al territorio».
A pochi chilometri dalla città di Ascoli, Castel Trosino, porta d’ingresso al mondo incantato della Laga, è il punto d’incontro tra la valle del torrente Castellano e le prime alture della catena appenninica. Il borgo, circondato da rilievi e dalle anguste vallette dei fossi che confluiscono nel corso d’acqua principale, è una peculiarità territoriale ben distinta dal popoloso fondovalle del capoluogo piceno e dalle colline coltivate che lo circondano. Castel Trosino viene avvertito dall’osservatore come luogo “altro” dalla città, una zona franca, memoria di un tempo lontano e di storie vecchie di secoli; è un paesaggio di collina, con acque limpide e aree verdeggianti che lo rendono un topos distante, un immutabile “luogo dell’anima”, quasi immateriale. Inserito nel particolare quadro geografico di appartenenza, il sito assume i caratteri astratti del paesaggio immaginario, non vissuto nell’esperienza quotidiana ma appreso sui libri o nel corso dei viaggi.
In questo articolo analizziamo brevemente la geografia del luogo, lasciando alla curiosità del lettore l’approfondimento di altri aspetti.
Una delle vie per arrivare allo straordinario mondo dei Monti della Laga è la valle del torrente Castellano. Seguendo la strada provinciale che da Ascoli conduce a Valle Castellana costeggiando il percorso naturale del corso d’acqua, si arriva nel cuore del parco, in un paesaggio affascinante fatto di borghi storici collegati da ripide strade che tagliano fitti boschi, con la costante presenza di salti d’acqua (il nome dei Monti della Laga viene da laca, plurale di lacum, ed è riferito proprio alla ricchezza d’acqua di quei rilievi).
La “porta d’accesso” all’area protetta della Laga è anch’essa un luogo singolare: su uno sperone di roccia situato al centro della valle, sopraelevato rispetto alla sede stradale, si staglia il profilo arcigno di Castel Trosino. Il villaggio fu costruito sfruttando la formidabile posizione naturale di un enorme masso allogato nel mezzo della stretta valle. Il collegamento delle case con il percorso stradale era assicurato da un ponte levatoio situato nel lato meridionale delle mura, dove attualmente c’è l’arco d’ingresso.
L’area intorno al borgo è una zona di bassa quota ma l’osservatore la identifica come area montana perché Castel Trosino è circondato da un paesaggio dirupato, costituito da rilievi accentuati che, pur nella loro modestia, sono perfettamente percepibili. E’ un paesaggio tipicamente appenninico, con valli e vallecole strette e ripide, borghi e case isolate, uniti da una ragnatela di sentieri e mulattiere.
La strada arriva a Valle Castellana procedendo incassata tra le sponde acclivi del corso d’acqua; anche se poco panoramica, permette di godere appieno dello scenario appenninico. Un paesaggio affascinante, quest’ultimo, che ha avuto estimatori straordinari come, per esempio, Johann Wolfgang von Goethe che, trent’anni dopo il suo viaggio in Italia (Italienische Reise, 1813-17), riordinando i diari del suo Gran Tour, riservò frasi colme di ammirazione per quello che aveva visto. L’illustre scrittore tedesco scrisse infatti che «Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva dal basso, per chiudere verso sud il continente tra due mari. […] È un così bizzarro groviglio di pareti montuose, a ridosso l’una dell’altra, che spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l’acqua».
La nascita di centri abitati lungo le vie di comunicazione, soprattutto per il loro controllo, ha portato allo sfruttamento del territorio e alla sua trasformazione; anche l’area di Castel Trosino ha subito la pressione antropica che ha, in parte, modificato gli ambienti originari. Nella zona più bassa della stretta valle, quella che da Porta Cartara arriva fino alla centrale elettrica, sono stati effettuati disboscamenti che hanno portato alla creazione di aree coltivate più o meno estese; più a monte, l’intervento è stato di due tipi: la ceduazione del bosco e l’estrazione, in apposite cave, di una delle ricchezze del territorio, il travertino.
Dal punto di vista dell’impatto visivo, per chi viene da Ascoli, il masso ciclopico su cui sorge Castel Trosino sembra chiudere l’angusta valle come un tappo. In effetti, questo è un passaggio obbligato verso le montagne, punto nodale per le comunicazioni viarie tra Ascoli e l’Abruzzo fin dalle epoche più remote: questa è sempre stata una terra di confine, con una rilevante importanza strategica; non a caso, fu sede di un presidio, prima romano, poi dei Longobardi, dopo la loro occupazione del Piceno. Testimonianza della loro presenza, il sito della necropoli a loro attribuita (qui l’articolo).
A sud, l’alto costone calcareo, estrema propaggine del Colle San Marco, dove è possibile vedere, se la piovosità della stagione lo consente, una cascata (l’intermittenza delle risorgive è tipica delle masse rocciose fratturate di origine calcarea). A settentrione, l’edificio in rovina del monastero di San Giorgio, con un bel porticato a nove archi, sotto la potente parete di travertino della rupe di Rosara, sfruttata, fino a qualche tempo fa, come cava del pregiato travertino oniciato e oggi come palestra di arrampicata sportiva.
Sotto la rupe sulla quale sorge il borgo, il fiume è stato sbarrato da una diga di cemento armato, per creare l’invaso artificiale di Casette. Lungo le rive del lago, un’ampia sterrata permette la visita all’ambiente ripario, in via di rapida rinaturalizzazione. Proseguendo per la strada, si raggiungono ambienti interessanti sia dal punto di vista storico (resti dell’acquedotto romano) e naturalistico (area birdwatching, sorgenti salmacine e ferruginose, zone di ricrescita ed evoluzione spontanea di associazioni vegetali) sia da quello antropologico (coltivi abbandonati, fornace intermittente restaurata).
Il territorio di Castel Trosino ha subìto l’intervento antropico per millenni, un’azione che ha modificato gli ecosistemi, alterando i delicati equilibri naturali; il territorio ha però conservato diversi, interessanti aspetti naturalistici. Dal punto di vista ecologico le caratteristiche del territorio, collinare e submontano nel contempo, sono quelle tipiche dell’ambiente appenninico. La zona comprende gli ambienti ripariali del Castellano, fossi minori, boschi di latifoglie e di conifere, radure, arbusteti, coltivi e una ridotta componente prativa. La ricchezza di ambienti e la varietà delle specie faunistiche, la rendono una zona dall’indubbio valore naturalistico.
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