di Gabriele Vecchioni
Da qualche tempo si assiste a un rinnovato interesse per un’opera infrastrutturale del territorio dell’entroterra ascolano, progettata ma mai realizzata. L’idea primitiva era quella di unire la costa adriatica con il versante tirrenico, scavalcando l’Appennino, sfruttando le vie naturali delle valli del Tronto e del Velino. È la cosiddetta Ferrovia dei Due Mari o Ferrovia Salaria, la strada ferrata che doveva, nelle intenzioni dei progettisti, accorciare i tempi di percorrenza verso la capitale.
Si tratta di un’opera importante per il distretto tutto dell’Italia centrale, così duramente colpito dagli eventi sismici recenti. Il 30 marzo si terrà, alla Sala Venere di Ascoli, un convegno dedicato espressamente al tema in oggetto.
Premessa. Il primo progetto della Ferrovia risale al Regno d’Italia ma ebbe, successivamente, l’approvazione anche da parte del Governo repubblicano. Non fu però mai realizzata per una serie di difficoltà di diverso genere (motivi di campanile, burocratici ed economici): la mancata realizzazione è paradigmatica di una promessa elettorale non mantenuta.
Della Ferrovia dei Due Mari si disquisisce da tempo, in località di entrambi i versanti appenninici (ad Ascoli come a Rieti). Nella città laziale si è tenuto un convegno (nel 2017), con grande copertura mediatica, con la partecipazione dell’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. Per sottolineare l’importanza dell’evento, basta scorrere l’elenco dei presenti: oltre al ministro, c’erano l’amministratore delegato dell’Anas – già Azienda Nazionale Autonoma delle Strade, quello della RFI – Rete Ferroviaria Italiana – e i presidenti delle Regioni Marche (Luca Ceriscioli) e Lazio (Nicola Zingaretti). Durante l’incontro furono presentati due “progetti”, quello della realizzazione dei tratti mancanti della linea ferroviaria e quello del cosiddetto “potenziamento” della consolare Salaria. Entrambi necessari per rivitalizzare le aree appenniniche ed entrambi in stand by. Per la verità, un incontro analogo, con la presenza degli attori politici di allora, c’era stato già quindici anni prima, nel 2002, ma non aveva sortito effetti. Quello che sicuramente hanno evidenziato i due appuntamenti è stata la fragilità del territorio appenninico e il suo isolamento, anche a causa delle condizioni della Via Salaria che sembra essere rimasta all’epoca della sua creazione.
L’articolo ripercorre brevemente la storia di questa idea, nata nel 1841 (178 anni fa!) e non ancora realizzata.
Il progetto e la storia della difficoltosa realizzazione. La Ferrovia dei Due Mari (o Ferrovia Salaria) è un progetto di linea ferroviaria per il collegamento trasversale tra la costa tirrenica e quella adriatica (le stazioni terminali dovrebbero essere Roma e San Benedetto del Tronto, quelle intermedie Passo Corese, Rieti, Antrodoco e Ascoli Piceno). La linea sfrutterebbe tratti delle già esistenti linee Firenze-Roma, Terni-Sulmona e Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto e seguirebbe il percorso dell’antica Salaria (attuale strada statale 4).
La Salaria era la più antica delle vie consolari romane, ricalcava antiche vie sabine precedenti alla fondazione di Roma e era di fondamentale importanza per i popoli dell’Italia centrale. È utilizzata per arrivare (da Roma) ad Ascoli Piceno ma, fino a pochi decenni fa, anche a L’Aquila e a Teramo, prima della costruzione delle attuali autostrade.
L’idea di costruire una strada ferrata che ricalcasse il suo percorso risale al secolo XIX, quando la rete ferroviaria italiana era assai ridotta. Il primo progetto fu dell’architetto sambenedettese Marini, nel 1841. Solo nel 1846 lo Stato Pontificio, competente per territorialità, emise un decreto per la costruzione della linea ferroviaria Roma-Ancona, con stazioni intermedie ad Ascoli Piceno e a Fermo. Il progetto, caldeggiato dai marchigiani, fu realizzato dell’ingegner Fedeli seguendo il percorso della Salaria e poi la costa adriatica ma non fu recepito dai reatini. Questa indifferenza e la possibilità che la linea costiera potesse essere danneggiata in caso di guerra con il Regno delle Due Sicilie (da un eventuale cannoneggiamento), fece optare per il percorso “settentrionale” che seguiva la valle del Potenza, con stazioni a Orte, Terni e Foligno (la linea fu aperta vent’anni dopo, nel 1866).
Nel 1865 iniziò, con la “legge ferroviaria”, la realizzazione della Pescara-Rieti. Anche se sembra non avere niente a che fare con la Ferrovia Salaria, in realtà essa era un primo passo dell’opera perché ne sfruttava un tratto (quello tra Antrodoco e Rieti) e prevedeva il proseguimento fino all’importante snodo di Passo Corese. Ricordiamo che il tratto laziale costituisce la metà dell’intero percorso della Ferrovia dei Due Mari.
Con la presa di Roma (1870) e la costituzione dello Stato unitario si tornò a parlare del collegamento tra i due mari: furono realizzati differenti progetti da parte di tecnici e politici diversi (Giacomini, Calandrelli, Ravioli) ma, per diversi anni nessuna decisione fu presa.
Nel 1873 iniziò la realizzazione del tratto Aquila-Terni, sacrificando la prosecuzione fino a Roma; la scelta di Terni era legata a motivi strategici, legati all’industria bellica. La “strada ferrata” fu inaugurata il 28 ottobre 1893. Lo stesso giorno dell’inaugurazione ci fu la richiesta di diversi centri per il proseguimento della tratta; la domanda è rimasta scolpita nel marmo di una lapide, tuttora leggibile.
Sul versante adriatico, intanto, era stata completata la realizzazione della Ascoli-San Benedetto, inaugurata nel 1886, che aveva permesso il collegamento con la già esistente la costiera Ferrovia Adriatica.
Per il completamento della Ferrovia Salaria mancavano due tratti, il Rieti-Passo Corese e l’Ascoli-Antrodoco, per 135 km totali: i due tronchi sono ancora in attesa di essere costruiti.
Da allora sono venuti alla luce numerosi progetti di completamento (nell’ordine Trevellini, Venturini, Ugolini, Benincasa, Amici, De Baruffaldi, fino ai più recenti – 2003 e 2005 – Italferr e Università di Roma Tre). Nessuno è stato però portato a realizzazione e ancora oggi, a quasi 180 anni dal progetto originario, si discute della loro fattibilità.
In questa breve sintesi storica degli eventi manca la parte delle promesse elettorali disattese, peraltro legate a ogni parte politica, a partire dal Ventennio (alcune, recenti, sono ancora rintracciabili sul web con una facile ricerca). Ad Ascoli (ma anche a Rieti, Offida e San Benedetto del Tronto) si sono tenute conferenze e incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica relativamente all’importanza di questa realizzazione ma l’obiettivo è ancora lontano da essere raggiunto. Le associazioni e i comitati locali però non demordono.
Conclusioni. L’unico modo per raggiungere Roma dalla costa adriatica (e viceversa) è il trasporto su gomma. Le soluzioni adottate sono state molto costose e con grande impatto ambientale (basti pensare al traforo autostradale del Gran Sasso). L’ipotesi di una ferrovia che travalicahi l’Appennino non è stata neppure presa in considerazione nonostante il treno sia riconosciuto mezzo di trasporto tra i più sostenibili per il risparmio di tempo, il ridotto impatto sul paesaggio e l’assenza di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, oltre che per il minor rischio di incidenti (l’Unione Europea auspica che nel 2050 il 50% del trasporto merci continentale vada su rotaia).
Il motivo principale, probabilmente, non è quello dei costi elevati ma quello del tempo necessario alla realizzazione dell’opera: per completarla ci vorrebbero decenni e i governanti (i politici, per intenderci) hanno bisogno, per la ricerca del consenso, di visibilità del “prodotto” e di tempi rapidi, con risultati consistenti entro la fine del loro mandato (Alcide De Gasperi scrisse che «un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alle prossime generazioni»).
La riflessione non confuta la bontà del progetto della Ferrovia Salaria; dotare di infrastrutture un’area deprivata e colpita da eventi calamitosi è cosa buona e giusta, per evitare lo spopolamento e permettere la rinascita economica. Ogni iniziativa che tenda alla creazione di opportunità per il territorio e alla sua valorizzazione va vista con attenzione e supportata.
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