di Luca Capponi
(fotoservizio Edo)
«L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo!». E’ un urlo quello di Cecco, ripetuto tre volte davanti agli inquisitori. Prima che le fiamme lo avvolgano del tutto. Dopo avere rinunciato all’abiura. Dopo avere difeso le sue idee, le sue teorie, la sua concezione del cosmo; questo lascito no, non brucerà mai. E l’eretico resta un esempio, per sempre.
Anche a 750 anni dalla nascita, in una Piazza Arringo che lo trasfigura; ora uomo ardito, ora stella, ora fantasma, ombra cinese, ora corpo sospeso che si libra in aria tra forme geometriche e pianeti. Il “folle” tra i Folli.
E’ la storica Compagnia, infatti, che ne porta il scena il soverchiante mito grazie a uno spettacolo che ha colpito nel segno, messo su in una tiepida serata come quella di ieri 10 maggio: “Cecco: di stelle, di luce e di sfere”, con lo sfondo della cattedrale, quasi a scandire l’eterno scontro tra sacro e profano. La vita del grande scienziato/poeta/astrologo/mago (e si potrebbe continuare, con definizioni comunque limitanti), in particolare la parte finale, finiscono sullo schermo naturale del travertino, in un susseguirsi di intuizioni visive, voli acrobatici, musiche a tratti tribali.
I Folli sentono la materia, e si vede, perché Francesco Stabili è un riferimento importante. Nel vortice ci finisce di tutto, e il pubblico resta a bocca aperta (e fotocamera accesa) per quasi un’ora; spiriti maligni, riti orgiastici, regni dei morti, evocazioni dell’Anticristo, divinazioni e maestro Cecco che nega con forza: «Calunnie, menzogne!». Figlie di «intelletti storpi, ciance, favole».
Quanta attualità c’è, nello Stabili. E quanta nel suo poema maledetto “L’Acerba“, pietra a angolare della messa in scena.
Alla fine del giro, gli applausi sono inevitabili. La Compagnia dei Folli ha azionato una macchina del tempo e dello spazio collettiva, con tanto di gru; dentro c’erano tutti, grandi e bambini, e questo non può che essere un merito visto anche il tema trattato: quello di un grande uomo mai piegatosi, mai arreso, morto bruciato per mano di altri uomini.
«Noi ci abbiamo messo braccia e gambe, lei ci ha messo la testa» ha detto Carlo Lanciotti riferendosi alla regista Paola Lucidi, prima di elencare le collaborazioni (tante) che hanno reso possibile l’evento e di incassare il ringraziamento del sindaco Guido Castelli e dell’assessore alla cultura Piersandra Dragoni, a nome di tutta la città. L’auspicio, soprattutto per chi era “distratto” da comizi elettorali o dalla scialba programmazione televisiva del prime time, è che possa esserci presto un bis.
LA FOTOGALLERY DI EDO
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