di Luca Capponi
«Nel 1845 la conduttura è manomessa da tale Pietro Ciampini, che ha costruito un personale acquedotto agganciando la tubatura della fontana dell’Arengo a beneficio del suo orto». La conduttura in questione è niente meno che quella della fontana di Piazza Arringo, la più importante della città di Ascoli fino al 1882, quando venne demolita per fare posto alle due attuali. Il bizzarro fatto in questione è invece uno dei tanti e curiosi contenuti nel bel libro “Fonti storiche – Indagine sulle fontane nei 59 comuni della Ciip”, realizzato da Marco Corradi su committenza della Ciip.
Un lavoro complesso e difficile che ha visto Corradi impegnato in un faticoso lavoro di ricerca atto a restituire uno spaccato di storia e di vita, dal 1835 fino agli inizi del ‘900, partendo dal capoluogo e toccando tutti i centri del circondario, da Arquata fino a Montefortino e alla Riviera. Immagini, aneddoti ma soprattutto atti e carteggi che ripercorrono «le inchieste ufficiali condotte dagli organi di governo che si sono succeduti nel corso degli anni, dalle Delegazioni Apostoliche del periodo preunitario fino alla Prefettura -spiega l’autore nella premessa del volume-. Per ciascun comune sono riportate trascrizioni di documenti originali compilare dagli Anziani, dai Potestà e dai Sindaci dell’epoca, che relazionano sulla situazione del proprio comune del punto di vista dell’approvigionamento idrico e, conseguentemente da quello igienico-sanitario».
E così, nella lettura, capita di imbattersi in fonti che passavano nei pressi di tombe e cimiteri, in multe salate fino a 20 scudi per chi manometteva le fontane a Force o in piani regolatori che in caso di epidemia prevedevano l’abbattimento di case ed edifici; accadde a Palmiano, stava per accadere al centro di Ascoli ma per fortuna non se ne fece niente. Tempi in cui la potabilità dell’acqua era data dalla “tradizione” ed in cui ad Offida, siamo nel 1886, non vi erano che due fonti in vicinanza della città «ambidue peraltro poco salubri afatto o poco meno». Altro esempio, quello della fontana di Castel Trosino , che «viene restaurata poiché il cannello e parte del condotto sono deteriorati, l’importo speso ammonta a 3,40 scudi. La fontana viene restaurata e munita di lavatoio nel 1890, il costo preventivato ammonta a 187,09 lire».
Il lavoro ha trovato il plauso e l’appoggio del direttore dell’Archivio di Stato di Ascoli, Laura Ciotti, che ne ha sancito il merito e la validità anche dal punto di vista storico e perché no emozionale, dato che le fontane rappresentano la parte finale del percorso che compie l’acqua per arrivare a noi e per secoli hanno svolto una importante funzione pure dal punto di vista sociale.
Come giustamente ha avuto modo di sottolineare Corradi durante la presentazione ufficiale, questo libro ci ricorda anche, in tempi in cui tutto sembra dovuto, quanto fosse dura la vita dei nostri avi in un mondo in cui servizi, agi e comodità erano appannaggio di pochissimi.
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