di Giorgio Tabani
«La bellezza di Ascoli è fuori discussione, ma per riaffermare il suo futuro occorre guardare al mondo dell’innovazione, privilegiando in particolare il ruolo dell’università». Così il nuovo sindaco di Ascoli Marco Fioravanti saluta la folta platea intervenuta per l’assemblea annuale della Società Italiana di Design (Sid) presso la sala della Ragione di Palazzo dei Capitani. «Di fronte alle crisi aziendali e allo spopolamento – aggiunge – la risposta è quella di fare rete ed è proprio l’università a permetterci di creare connessioni verso l’interno e verso l’esterno». Sulla stessa linea Achille Buonfigli, presidente del Consorzio Universitario Piceno: «Da 40 anni perseguiamo una politica di sviluppo del territorio attraverso la formazione terziaria e già nei prossimi giorni proporrò al nuovo sindaco di ragionare su un Public Sector Innovation lab». Il riferimento è a particolari esperienze, di grande successo all’estero, definite come laboratori «che affrontano problemi sociali complessi che le tradizionali strutture amministrative non riescono a risolvere, utilizzando il design per sperimentare e proporre servizi e politiche innovative e, allo stesso tempo, riformare e cambiare il modo in cui l’amministrazione opera».
Per Claudio Pettinari, rettore dell’università di Camerino, la prestigiosa iniziativa ospitata dalla sua università si inserisce idealmente nel programma culturale dell’Unicam. «Proprio quest’anno – ha ricordato – la settimana di incontri e conferenze “Il Bello di Unicam” è dedicata alla contaminazione di saperi, territori, enti, persone così come il Bauhaus è contaminazione di arte e tecnica, arte e scienza, tecnologia e cultura». Giuseppe Losco, presidente della Scuola di Architettura e Design dell’Unicam ha ricordato le importanti ricorrenze che la Scuola rievoca quest’anno, quali il venticinquesimo anniversario della fondazione della facoltà stessa e il ventesimo anniversario della nascita del diploma universitario in disegno industriale, senza contare i 10 anni dalla scomparsa di Eduardo Vittoria, fondatore della Scuola, che sarà celebrato a breve da una mostra.
Claudio Germak, presidente Sid, ha ricordato gli obiettivi dell’associazione, che si propone di sviluppare e diffondere la cultura del design, il progresso degli studi in questo campo, la loro valorizzazione in ambito scientifico, formativo, accademico, sociale e civile, la condivisione e la diffusione degli esiti della ricerca e il dibattito tra i cultori della disciplina. Oggi la Società Italiana di Design, con 120 soci, raccoglie la maggioranza (sono in totale 207) dei professori universitari e ricercatori afferenti al settore scientifico-disciplinare di riferimento. Lucia Pietroni, docente Unicam e membro del direttivo Sid, ha sottolineato l’originalità del formato dell’assemblea. Innanzitutto per la presenza di un bando per progetti e idee di ricerca articolato in due categorie: da una parte i progetti in corso o conclusi da non più di due anni, dall’altra le idee di ricerca inedite, categoria dedicata agli under 40; inoltre l’importante istituzione del “Sid research award”, un riconoscimento scientifico che d’ora in poi verrà assegnato ogni anno durante l’assemblea nazionale.
Il noto storico del design Vanni Pasca, insignito per l’occasione del titolo di socio onorario, ha tenuto una lectio magistralis dal titolo “Il Bauhaus, i Bauhaus”. Il titolo, è stato subito spiegato, vuole sottolineare il carattere multiforme e contraddittorio che – nonostante gli elementi di continuità – ha incarnato l’esperienza del Bauhaus come scuola di architettura, arte e design capace di definire un’epoca. Il Bauhaus ha cambiato più volte rotta, sede e docenti, ha cominciato corsi poi non portati a termine, ha avuto tante e importanti idee che in alcuni casi non sono riuscite a diventare pratica quotidiana. Fondata dall’architetto Walter Gropius, l’obiettivo era quello di promuovere un nuovo metodo educativo volto alla ricucitura dell’antinomia arte-artigianato nel mondo contemporaneo, integrando le diverse attività artistiche con armonia, a partire dal loro insegnamento. «Diamo vita tutti assieme – scrive Gropius – alla nuova costruzione del futuro in cui tutto – architettura, scultura e pittura – sarà destinato a fondersi».
Il pittore Johannes Itten, ideatore del “corso propedeutico” asse portante dell’attività pedagogica dell’istituto, ha rappresentato il polo radicalmente opposto a quello di Gropius e del successivo direttore Hannes Meyer. Da una parte l’Espressionismo come rifiuto della razionalità come mezzo di espressione culturale e la concezione dell’arte come campo puro, dall’altra il rapporto fra arte e industria, arte e tecnica che arriva fino alla produzione di massa semplice, standardizzata e a basso costo. Nata nel 1919 a Weimar nel clima concitato del primo dopoguerra, la scuola – ormai a Berlino – fu chiusa dal regime nazista appena arrivato al potere nel 1933.
Il patrimonio del Bauhaus non si disperse e continuò ad avere risonanza internazionale grazie all’attività dei suo insegnanti emigrati all’estero come Gropius ad Harvard, Yale e all’Albers Black Mountain College o Moholy Nagy che fondò il New Bauhaus a Chicago e Mies van der Rohe che diresse l’Illinois Institute of Technology. Proprio dell’esperienza di Chicago ha parlato Jonathan Mekinda, professore di Storia dell’architettura e del Design all’università dell’Illinois, nell’ambito di uno dei tre temi di riferimento per le proposte di ricerca denominato “Design e sperimentazione”. L’architetto e designer Luisa Bocchietto invece, nell’ambito di “Design e identità di genere”, ha presentato la sua esperienza da donna e per le donne in questo settore. La filosofa della scienza Simona Morini si è soffermato, per “Design e altri saperi”, sull’interdisciplinarità del Bauhaus e sui legami di questo aspetto con l’oggi. Il tema della didattica fra lo stesso Bauhaus e il progetto di recupero di quell’esperienza tentato in Germania nel secondo dopoguerra con la Scuola di Ulm è stato invece al centro dell’intervento di Medardo Chiapponi, già presidente Sid.
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