di Marzia e Gabriele Vecchioni
(Foto di “Slow Bike” e Gabriele Vecchioni)
Sulla trafficata Strada Statale 16 (l’Adriatica), a poche decine di metri dall’incrocio di Martinsicuro, c’è il Torrione cinquecentesco di Carlo V, torre di guardia costiera voluta dall’imperatore, nel XVI secolo, sul sito dell’antica città di Truentum. Questo articolo è dedicato proprio a quest’emergenza storico-architettonica, così vicina al nostro territorio e inserita, come vedremo, in un contesto di più ampio respiro.
La torre di Martinsicuro è un’imponente ma, al tempo stesso, elegante costruzione in mattoni, con addossata la Casa doganale; è stata restaurata di recente e ospita l’Antiquarium di Castrum Truentinum, “rifornito” dal vicino sito archeologico di Truentum, dov’erano i magazzini portuali di epoca romana. Era la torre più settentrionale del Regno di Napoli, la prima di un capillare sistema difensivo per le incursioni di pirati turchi, saraceni e narentani (provenienti dalla Dalmazia). La linea di controllo e difesa prevedeva circa 400 costruzioni lungo le coste dell’Italia meridionale e, in Abruzzo, era costituito da 18 torri costiere (oggi ne sono rimaste “in piedi” soltanto sei).
Le torri difensive (e di controllo) erano presenti fin dall’epoca romana e nel Medioevo, all’epoca degli Svevi e degli Angioini, il loro numero fu potenziato. Lo spopolamento (o, meglio, la desertificazione) delle aree costiere per ragioni sanitarie (impaludamento e diffusione della malaria) e di sicurezza (incursioni piratesche) impedirono la conservazione di queste strutture.
Anche il litorale delle Marche (appartenente, all’epoca, allo Stato Pontificio) ebbe le sue torri d’avvistamento; le più vicine sono la Torre al Porto alla Sentina di Porto d’Ascoli (in contatto visivo con quella di Martinsicuro), la Torre vicino alla Caserma Guelfa, sempre a Porto d’Ascoli, la Torre dei Gualtieri (lu Torrio’) a San Benedetto del Tronto.
Le torri costiere ebbero grande importanza militare, almeno fino alla battaglia di Lepanto (1571), quando la pirateria si ridusse notevolmente. Le forze cristiane che parteciparono alla storica battaglia navale erano comandate da Don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V, il monarca che volle la costruzione della Torre di Martinsicuro.
Da ogni torre era possibile controllare il mare ed essere in contatto visivo con le costruzioni adiacenti della linea difensiva, e inviare così segnali luminosi (di notte, con i fuochi accesi) e di fumo. Pasquale Rasicci ci informa (1997) che «A queste segnalazioni spesso si accompagnavano spari di colubrina».
Le torri più vicine del litorale abruzzese (identificate con il nome del corso d’acqua vicino al quale sorgevano) erano quelle di Alba Adriatica (Torre del Vibrata), le due di Giulianova (Torre del Salinello e Torre del Tordino) e la bellissima Torre di Cerrano, a Pineto. La Torre di Martinsicuro era la Torre del Tronto.
Delle 379 torri previste ne furono realizzate 339, per l’alto costo e le difficoltà di gestione. Già alla fine del secolo XVI molti edifici presentavano segni di cedimento per la cattiva qualità della costruzione e per il fatto di essere state erette alla foce di fiumi le cui acque danneggiavano le fondamenta. Un altro problema era quello dei torrieri (vigilanti delle torri) e dei cavallari (vigilanti notturni delle spiagge, montati a cavallo) che, malpagati, spesso abbandonavano il posto di lavoro per poter seguire il lavoro dei campi, sfiancando gli animali e rendendoli inutilizzabili; erano inconvenienti frequenti, che si verificavano anche in altre località, p. es. sulla costa tirrenica.
Il confine. All’epoca di Carlo V, Imperatore del Sacro Romano Impero, il Tronto era il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio. Il viceré Don Pedro Alvarez de Toledo fece costruire (1547) la torre come posto di guardia per le incursioni saracene (allora piuttosto frequenti), con l’adiacente edificio della Dogana, rimasto in funzione fino alla costituzione del Regno d’Italia.
In realtà, il motivo principale della costruzione della Torre di Martinsicuro così vicina al confine con lo Stato Pontificio fu quello della lotta al contrabbando (Don Carlo Gambacorta – lo conosceremo meglio in seguito – scrisse (1598) che «Il Caporale d’essa torre è pagato come guardiano di contrabbanni». La linea di frontiera della provincia dell’Abruzzo Ultra del Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa è sempre stato un “punto caldo”. Gabriele Di Francesco ci informa (2018) che era una «Terra un tempo di misteri e di contrabbandi, di transiti legali e più spesso illegali, di dogane e posti militari di controllo. La frontiera del “Regno” si snodava per ben 29 posti di confine custoditi da 116 addetti, con 3 tenenti d’ordinanza al Passo di Civitella e a Martinsicuro, 6 sottotenenti, 12 brigadieri, 84 doganieri preposti e 11 militari. Una forza notevole per poco più di 50 km […]».
La torre di Martinsicuro. Dopo la definitiva conquista del territorio da parte dei Longobardi (secc. VI-VII), Truentum (o Castrum Truentinum) “sparisce”; rimase un insediamento, sopravvissuto fino all’alto Medioevo, Turris ad Trunctum, un nome che lascia intuire la presenza di una torre a difesa di quello che restava delle strutture portuali (Silio Italico, nel sec. I, aveva scritto di «un porto difeso da torri»), ormai in via di abbandono per il progressivo insabbiamento e spostamento della linea di costa (per chiarire, attualmente la linea suddetta è spostata di 1 km e mezzo verso est rispetto a quella di epoca romana). L’approdo antico, non più utilizzabile, nei portolani antichi (sec. XV) era menzionato come “Fossa del Tronto”.
La torre, una struttura antica probabilmente ristrutturata, aveva dato nome all’insediamento alto-medievale e rimase come elemento difensivo (ma pericolante) fino alla fine del sec. XV (1498). Lo scarso popolamento della zona fece aumentare i rischi per la popolazione, a causa delle incursioni dei pirati, e dopo qualche tempo fu costruita la struttura oggi conosciuta come Torrione di Carlo V, un vero e proprio complesso militare. Don Carlo Gambacorta, Marchese di Celenza Valfortore e ingegnere militare del Re di Spagna, allora Governatore d’Abruzzo, realizzò una serie di disegni relativi alle Torri costiere del Regno di Napoli; in quello relativo alla struttura di Martinsicuro (manoscritto “Visita delle torri d’Abruzzo”, 1598) sono raffigurati la Torre, la Casa Doganale e la piccola chiesa di San Martino, all’interno di un recinto, fuori del quale sono evidenti i resti di una struttura muraria in rovina (i resti dell’insediamento?). Ancora dal Rasicci sappiamo che «[…] venivano riprodotte le torri e una veduta panoramica della zona circostante. Per far questo il governatore si portava in mare, servendosi di una barca».
Il progetto fu affidato all’architetto militare Pedro Luis Escrivà, noto per la realizzazione di importanti opere militari (il Castello “Spagnolo” dell’Aquila e Castel Sant’Elmo al Vomero di Napoli). Il Torrione si distingueva dalle altre torri del litorale abruzzese, assomigliando, per tipologia costruttiva, alle “torri tirreniche” e a quelle dello Stato della Chiesa. Il rilievo collinare nelle immediate adiacenze del manufatto è il Colle di Marzio, dove ci sono stati ritrovamenti di insediamenti protostorici (Età del Bronzo e del Ferro, secc. XII-IX AC) di lunga durata, i cui reperti sono nel già citato Antiquarium. I ritrovamenti sono buchi di pali di sostegno di capanne, resti di focolai e di fornaci, frammenti di ceramica e di metallo.
La realizzazione dell’imponente edificio della Torre si deve al Mastro portolano d’Abruzzo, il capitano Martin de Segura, che diede il nome anche al centro costiero.
La torre è a tre piani più il locale sotto la copertura del solaio, un tetto a due falde; la protezione è probabilmente un’aggiunta successiva (il profilo superiore era munito di merli) ed è assente nelle torri simili, per facilitare le operazioni di segnalazione a distanza. Il piano nobile ha finestre incorniciate da cornici lapidee e sul lato est campeggia la magnifica Edicola di Carlo V, appoggiata su mensoloni e con un’epigrafe sull’architrave (CAR. V. ROMA. INPERA – Carolus V Romanorum Imperator); alla base, un frammento dell’epitaffio, con la scritta dedicatoria del monumento. Conosciamo il testo grazie a Niccola Palma, storico camplese dell’Ottocento: «CAROLUS V ROMANORUM IMPERATOR ANNO DOM. MDXLVII AD BONORUM SECURITATEM REORUMQUE VINDICTAM ILLUS D. PETRUS DE TOLEDO VICEREX ET CAPITANEUS GENERALIS MAGNIFICO MARTINO SEGURO AUCTORI ERIGI ET CUSTODIRI MANDAVIT».
L’edicola incornicia due complessi armoriali: in alto, quello della casa degli Asburgo-Spagna dell’imperatore Carlo V, con l’aquila bicipite coronata del Sacro Romano Impero e, in basso, il simbolo dell’Ordine cavalleresco del Toson d’oro; ancora più in basso, l’arme del viceré, Don Pedro de Toledo. Ai lati del Toson d’oro le due colonne d’Ercole (che l’eroe avrebbe alzato per segnalare i confini del mondo allora conosciuto) e la scritta Plus Ultra, a indicare l’enorme vastità dei possedimenti dell’imperatore. Carlo V ereditò un impero sterminato, esteso su tre continenti (Europa, Africa, America): a lui è attribuita la frase «Sul mio impero non tramonta mai il sole». Facevano parte del suo impero anche il Regno di Napoli e il territorio di Martinsicuro, con il suo Torrione.
Avvertenza. Per le visite all’interno della Torre costiera e della Casa Doganale occorre rivolgersi agli uffici competenti del Comune rivierasco.
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