di Luca Capponi
E’ ancora teso il clima intorno alla ricostruzione post sisma. I sindaci del cratere piceno, e non solo, minacciano proteste anche eclatanti se non ci sarà una svolta benefica a breve. Ma la situazione, già di per sé stagnante, rischia di subire una nuova impasse con il probabile nuovo cambio di governo. Così, dopo le dure prese di posizione dei sindaci Aleandro Petrucci di Arquata e Sante Stangoni di Acquasanta Terme (qui l’articolo), tocca ad altri due rappresentanti di piccole realtà schierarsi a favore della mobilitazione.
«Se è vero che nei primi due anni sono stati commessi anche degli errori, in questo terzo anno, per non sbagliare, hanno scelto la strategia del nulla -spiega Augusto Curti, primo cittadino di Force-. I pochissimi provvedimenti presi dall’attuale commissario Farabollini nominato dal governo – o dovrei dire dell’ormai ex governo gialloverde – si contano sulle dita di una mano e per lo più riguardano proroghe di ordinanze già fatte dai suoi predecessori. Oltretutto, le poche azioni intraprese sono ancora in attesa di approvazione della Corte dei Conti. Quello appena trascorso è stato un anno di vuoto assoluto. Hanno fatto una campagna elettorale giocando sulla pelle dei terremotati, per poi scappare una volta eletti. Qualcuno sa, per esempio, dove è finita la famosa felpa con la scritta “Visso” di Salvini?». Curti, poi, va giù ancora duro. «Questo governo ha girato le spalle ai terremotati e ha tradito le enormi promesse fatte in campagna elettorale -conclude-. Se ci sarà un iniziativa di protesta come in questi giorni più volte ho sentito tra i colleghi sindaci, io ci sarò».
«Anche io sono favorevole alla protesta, la situazione è insostenibile, c’è incertezza e scoramento dopo un anno e mezzo di stasi e dopo questa crisi che ha peggiorato ulteriormente le cose -ribadisce Giovanni Borraccini, sindaco di Rotella-. Non so cosa abbiano in mente a Roma ma evidentemente il sisma è uscito dagli interessi, non se ne parla più. Per Genova, dopo un anno, c’è stata progettazione e la ricostruzione si è già avviata, con deroga alle leggi. Nel centro Italia, in una situazione mille volte più grave ed imparagonabile per tanti aspetti, non solo non esiste una deroga ma sono state aggiunte norme e leggi che non hanno fatto altro che appesantire le procedure, con un unico risultato: è tutto bloccato».
A condividere il malumore dei sindaci è il vicepresidente della Regione Anna Casini, che ha il polso della situazione dei territori piceni sia per doveri istituzionali che per appartenenza. «Non lo nego e non voglio buttare croci addosso a nessuno, ma la situazione è complessa -spiega-. Di sicuro occorre lo snellimento delle procedure, occorre cambiare le norme che, è innegabile, finora non hanno funzionato. Questo però deve essere condiviso da tutti. Abbiamo messo in atto alcune modifiche allo “Sblocca cantieri” ma non sono state ascoltate. Eppure sappiamo bene quali sono i nodi che impediscono la partenza della ricostruzione, che soprattutto dal punto di vista pubblico è praticamente ferma».
Nella sua disamina, la Casini ricorda anche come il commissario precedente, Paola De Micheli, «fosse presente settimanalmente sul territorio, a disposizione dei sindaci, degli ordini professionali e di tutte le componenti coinvolte. Il rapporto era molto più stretto». «Condivido le perplessità dei sindaci e sono al loro fianco -conclude-. Più che una legge speciale per il sisma credo sia meglio l’idea delle deroghe, ovviamente con gli opportuni controlli. Ribadisco, soprattutto in uno scenario così nebuloso, occorre ascolto perchè la situazione è complessa. Faccio un altro esempio: i piani di recupero per Arquata e frazioni, finanziati con ritardo, sono ancora in alto mare».
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