di Marzia e Gabriele Vecchioni
(foto: Archivio Antonio Vagnoni e Gabriele Vecchioni)
«Spinetoli è un antico paesello delle Marche, nel Piceno. Sorge su una ridente collina, alla sinistra del Tronto, a 177 metri sul mare. Secondo la storia fu fondato nel 484 di Roma e fu chiamato, allora, Spineola, dalle rose spine che vi fiorivano». Così Attilio Camajoni, mutuando le informazioni storiche dal Colucci, nel numero di settembre del 1947 del periodico “Le nostre Regioni”, descriveva il borgo collinare di Spinetoli, sede, ogni anno, di una tradizionale e partecipata festa popolare, la “Festa dell’uva”.
La festa di Spinetoli, che si tiene annualmente il secondo sabato di settembre (quest’anno avrà luogo il 7 del mese), è, insieme a quella di Cupra Montana – nel territorio del Verdicchio, in provincia di Ancona – una della più antiche delle Marche: risulta in essere, nella sua forma “moderna”, dai primi decenni del Novecento.
Spinetoli e la sua popolosa frazione di Pagliare si trovano al centro geografico della bassa vallata del Tronto e appartengono a un territorio vocato per la produzione vitivinicola. Anche se al giorno d’oggi le condizioni produttive ed economiche sono cambiate, con la creazione di un’ampia zona per il settore artigianale nell’area pagliarana, le tradizioni contadine rimangono.
Le feste della trebbiatura si sono trasformate in sagre e quella dell’offerta dei cereali alla Vergine (la Festa delle “canestrelle”) ha perso un po’ della sua attrattiva; rimane forte la tradizione della festa dedicata alla vendemmia (la v’llegna) e alle operazioni ad essa connesse. La vendemmia è, da sempre, uno dei momenti clou dell’annata agricola, ripetuta dall’homo agricola secondo un rituale antico, rimasto pressoché immutato nel tempo, dalla raccolta a fine estate fino al momento “magico” dell’ottenimento del vino, al quale va riconosciuto un importante ruolo, al tempo stesso sociale e sacrale; la raccolta delle uve era considerata dai lavoratori agricoli come un’autentica ricorrenza, un’importante occasione di socializzazione e di allegria.
La (re)introduzione della sagra vendemmiale è relativamente recente ma l’origine è sicuramente arcaica: deriva, probabilmente dalle feste del raccolto e della fecondità che tenevano i Romani. Erano le Vinalia, riti antichi che celebravano la raccolta dell’uva e la produzione del vino, legati sempre all’aspetto religioso. Le Vinalia si tenevano a primavera, per cui la tradizione delle feste della vendemmia sembrano più vicine alle Meditrinalia, celebrate in onore di Giove e della dea Meditrina, legata alle virtù medicinali del vino nuovo. Era una festa vendemmiale celebrata a data fissa (11 ottobre) fin dal tempo di Augusto ma “sparita” dal calendario (liturgico) di Filòcalo del secolo IV.
Nella provincia di Ascoli si tenevano feste dell’uva in ben 72 località. Lungo la valle del Tronto le celebrazioni avevano luogo (le località sono citate in ordine alfabetico) ad Acquasanta Terme, Acquaviva Picena, Appignano del Tronto, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno, Castel di Lama, Castignano, Castorano, Colli del Tronto, Folignano, Maltignano, Monsampolo del Tronto, Spinetoli e San Benedetto del Tronto.
Nei primi decenni del Novecento la Festa dell’uva fu “istituzionalizzata”, come si ricava da un articolo ospitato nel numero 45 dell’8 settembre 1939 (anno XVII dell’Era fascista) del periodico locale “Eja! Dalla città e dalla provincia”: «Il Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Ascoli comunica le date delle celebrazioni nei Comuni della provincia per la X Festa Nazionale dell’Uva, date riguardanti il mese di ottobre XVII: […] Spinetoli,1 […]». La Festa era quindi celebrata già nel 1929, circa novant’anni fa.
La “Festa dell’uva” di Spinetoli si tiene ogni anno, la seconda settimana di settembre, nell’ambito dei festeggiamenti in onore di Maria SS. delle Grazie, dedicataria del Santuario omonimo situato nel centro storico del Comune (leggi l’articolo). Ad essa è associata una sagra alimentare, anch’essa tradizionale (si tiene ormai da quasi un cinquantennio la “Sagra dello stoccafisso”, piatto tipico che si consumava in campagna del periodo della vendemmia).
Alla Festa dell’uva è abbinata una sfilata di carri allegorici, progettati e realizzati da giovani del luogo, che riproducono le tipiche case contadine della zona, con tanto di animali di grossa taglia (vitelli), e la riproduzione delle attività tipiche legate alla vendemmia. Dalle foto è possibile fare un confronto tra le feste che si tenevano negli anni ’30 del Novecento (quando i carri erano tirati da coppie di buoi) e quelle attuali, dove la forza trainante è costituita da moderni trattori. Immancabile la presenza di gruppi musicali che rendono festosa l’occasione.
La festa di Spinetoli, oltre ad essere un’occasione di divertimento, va però considerata soprattutto per l’aspetto antropologico: è una grande festa del raccolto e ricorda la storia e la passione della gente di campagna, impegnata fin dai tempi antichi nella coltivazione dell’uva. È un ritorno alle origini, quando l’uva si pigiava nei tini con i piedi, immagine evocativa della vendemmia di un tempo, quando, oltre ad essere tempo di lavoro, era anche un’occasione di allegria.
Durante la Festa vengono rivissute le tradizioni, con la riproposizione degli elementi tipici della civiltà contadina: i canti e i balli popolari che si facevano sull’aia, nel periodo della vendemmia, al suono degli organetti; il ballo tradizionale (il popolare “saltarello”) viene presentato da gruppi folcloristici locali. L’evento conclusivo dei festeggiamenti è costituito dalla sfilata dei già citati carri vendemmiali, di costruzione complessa, realizzati da gruppi di giovani in competizione tra loro (c’è un premio finale) che impegnano parte del loro tempo libero per la realizzazione. Oltre alla sfilata dei carri, ogni gruppo realizza un “quadro vivente” relativo alla vita nei campi.
La sfilata finale costituisce l’occasione per socializzare e rinnovare la tradizione di questa celebrazione popolare che, grazie anche all’abbinamento con altri eventi, è un’autentica “festa di popolo”, con una buona presenza di gente che, contagiata dall’anima popolare della rievocazione, è chiaramente in cerca del divertimento che porta la partecipazione a una manifestazione che “stacchi” dalla routine quotidiana ma vuole anche onorare la perpetuazione di una tradizione antica.
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