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C’era una volta la “Festa dell’uva”
Forza e passione della gente di campagna

SPINETOLI - Storia e curiosità di una delle ricorrenze più antiche delle Marche, in programma il prossimo 7 settembre. Un’occasione di divertimento che va considerata anche per l’aspetto antropologico. In passato nella provincia di Ascoli si tenevano eventi simili in ben 72 località
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Foto d’epoca (anni ’30). In quella di sinistra, al centro, ben riconoscibili, i musici

di Marzia e Gabriele Vecchioni

(foto: Archivio Antonio Vagnoni e Gabriele Vecchioni)

«Spinetoli è un antico paesello delle Marche, nel Piceno. Sorge su una ridente collina, alla sinistra del Tronto, a 177 metri sul mare. Secondo la storia fu fondato nel 484 di Roma e fu chiamato, allora, Spineola, dalle rose spine che vi fiorivano». Così Attilio Camajoni, mu­tuando le informazioni storiche dal Colucci, nel numero di settembre del 1947 del perio­dico “Le nostre Regioni”, descriveva il borgo collinare di Spinetoli, sede, ogni anno, di una tra­dizionale e partecipata festa popolare, la “Festa dell’uva”.

Spinetoli è un borgo d’altura circondato da vigneti

La festa di Spinetoli, che si tiene annualmente il secondo sabato di settembre (quest’anno avrà luogo il 7 del mese), è, insieme a quella di Cupra Montana – nel territorio del Ver­dic­chio, in provincia di Ancona – una della più antiche delle Marche: risulta in essere, nella sua forma “mo­derna”, dai primi decenni del Novecento.
Spinetoli e la sua popolosa frazione di Pagliare si trovano al centro geografico della bassa vallata del Tronto e appartengono a un territorio vocato per la produzione vitivinicola. An­che se al giorno d’oggi le condizioni produttive ed economiche sono cambiate, con la crea­zione di un’ampia zona per il settore artigianale nell’area pagliarana, le tradizioni contadine riman­gono.

Momenti della sfilata dei carri allegorici

Le feste della trebbiatura si sono trasformate in sagre e quella dell’offerta dei cereali alla Vergine (la Festa delle “canestrelle”) ha perso un po’ della sua attrattiva; rimane forte la tradizione della festa dedicata alla vendemmia (la v’llegna) e alle operazioni ad essa connesse. La vendemmia è, da sempre, uno dei momenti clou dell’annata agricola, ripetuta dal­l’homo agricola se­condo un rituale antico, rimasto pressoché immutato nel tempo, dalla rac­colta a fine estate fino al momento “magico” dell’ottenimento del vino, al quale va ricono­sciuto un importante ruolo, al tempo stesso sociale e sacrale; la raccolta delle uve era con­siderata dai lavoratori agricoli come un’autentica ricorrenza, un’importante occasione di socializza­zio­ne e di allegria.

Il poster della manifestazione

La (re)introduzione della sagra vendemmiale è relativa­mente recente ma l’origine è si­cu­ra­mente arcaica: deriva, probabilmente dalle feste del raccolto e della fecondità che tenevano i Romani. Erano le Vinalia, riti antichi che celebra­vano la raccolta dell’uva e la produzione del vino, legati sempre all’aspetto religioso. Le Vinalia si tenevano a primavera, per cui la tradizione delle feste della vendemmia sembrano più vicine alle Meditrinalia, celebrate in onore di Giove e della dea Meditrina, legata alle virtù medicinali del vino nuovo. Era una festa vendemmiale celebrata a data fissa (11 ottobre) fin dal tempo di Augusto ma “sparita” dal calendario (liturgico) di Filòcalo del secolo IV.

Immagini della Festa

Nella provincia di Ascoli si tenevano feste dell’uva in ben 72 località. Lungo la valle del Tronto le celebrazioni avevano luogo (le località sono citate in ordine alfabetico) ad Acquasanta Terme, Acquaviva Picena, Appi­gnano del Tronto, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno, Castel di Lama, Castignano, Castorano, Colli del Tronto, Folignano, Maltignano, Monsampolo del Tronto, Spinetoli e San Benedetto del Tronto.

Festa che si teneva a Montalto Marche negli anni ’30. Evidente la somiglianza delle “capanne” coperte da tralci di vite sui carri trainati da coppie di buoi

Nei primi decenni del Novecento la Festa dell’uva fu “istituzionalizzata”, come si ricava da un articolo ospitato nel numero 45 dell’8 settembre 1939 (anno XVII dell’Era fascista) del periodico locale “Eja! Dalla città e dalla pro­vincia”: «Il Consiglio Provinciale delle Corpo­razioni di Ascoli co­mu­nica le date delle ce­lebrazioni nei Comuni della provincia per la X Festa Nazionale dell’Uva, date riguardanti il mese di ottobre XVII: […] Spinetoli,1 […]». La Festa era quindi celebrata già nel 1929, circa novant’anni fa.
La “Festa dell’uva” di Spinetoli si tiene ogni anno, la seconda settimana di settembre, nell’am­bito dei festeggiamenti in onore di Maria SS. delle Grazie, dedicataria del Santuario omo­nimo situato nel centro storico del Comune (leggi l’articolo). Ad essa è asso­ciata una sagra alimentare, anch’essa tradizionale (si tiene ormai da quasi un cinquan­tennio la “Sagra dello stoccafisso”, piatto tipico che si consumava in campagna del periodo della vendemmia).

Il cappello di paglia, uno dei simboli della festa. In basso, quelli personalizzati delle varie congreghe

Alla Festa dell’uva è abbinata una sfilata di carri allegorici, progettati e realizzati da giovani del luogo, che riproducono le tipiche case contadine della zona, con tanto di animali di gros­sa taglia (vitelli), e la riproduzione delle attività tipiche legate alla vendemmia. Dalle foto è possibile fare un confronto tra le feste che si tenevano negli anni ’30 del Novecento (quando i carri erano tirati da coppie di buoi) e quelle attuali, dove la forza trainante è costituita da moderni trattori. Immancabile la presenza di gruppi musicali che rendono festosa l’occasione.
La festa di Spinetoli, oltre ad essere un’occasione di divertimento, va però considerata so­prattutto per l’aspetto antropologico: è una grande festa del raccolto e ricorda la storia e la passione della gente di campagna, impegnata fin dai tempi antichi nella colti­vazione del­l’uva. È un ritorno alle origini, quando l’uva si pigiava nei tini con i piedi, immagine evo­cativa della vendemmia di un tempo, quando, oltre ad essere tempo di lavoro, era anche un’oc­casione di allegria.
Durante la Festa vengono rivissute le tradizioni, con la riproposizione degli elementi tipici della civiltà contadina: i canti e i balli popolari che si facevano sull’aia, nel periodo della vendemmia, al suono degli organetti; il ballo tradizionale (il popolare “saltarello”) viene presentato da gruppi fo­lcloristici locali. L’evento conclusivo dei festeggiamenti è costituito dalla sfilata dei già citati carri vendemmiali, di costruzione complessa, realiz­zati da gruppi di giovani in compe­tizione tra loro (c’è un premio finale) che impegnano parte del loro tempo libero per la realizzazione. Oltre alla sfilata dei carri, ogni gruppo realizza un “qua­dro vivente” relativo alla vita nei campi.
La sfilata finale costituisce l’occasione per socializzare e rinnovare la tradizione di questa celebrazione popolare che, grazie anche all’abbinamento con altri eventi, è un’autentica “festa di popolo”, con una buona presenza di gente che, contagiata dall’anima popolare della rievocazione, è chiaramente in cerca del divertimento che porta la parte­ci­pazione a una ma­ni­festazione che “stacchi” dalla routine quotidiana ma vuole anche ono­rare la perpe­tua­zione di una tradizione antica.

Foto d’epoca (anni ’30). Il personaggio a sinistra indossa il tipico indumento da lavoro (lu guazzaro’) dei contadini piceni

Vigneti delle colline spinetolesi


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