di Walter Luzi
Lo hanno salutato con un applauso all’uscita del feretro dalla chiesa. Parenti, amici, e conoscenti di Carlo Gentili, l’ex dipendente e calciatore dell’Elettrocarbonium morto per un infarto lunedì, a settantacinque anni. E’ venuta tanta gente nella chiesa di San Marcello per rendere l’ultimo omaggio a Gnazzella. Molti gli ex colleghi di lavoro e compagni di squadra della gloriosa Elettro che fu. Si è scomodato pure il vescovo Giovanni D’Ercole, arrivato a concelebrare il rito con una mezza dozzina di sacerdoti al seguito. Un onore riservato a pochi. Quasi mai agli ultimi. Ma Carlo per loro era uno di famiglia. Nel senso autentico della parola. Aveva ritrovato proprio in quella chiesa di San Marcello una casa. La sua casa. Dove ha vissuto gli ultimi centocinquanta giorni, probabilmente i più sereni, della sua tribolata esistenza.
Qui, con Padre Alberto, è attiva dal marzo 2018 una casa di accoglienza “Alle querce di Mamre”. Nome di ardua comprensione per i poco avvezzi ai testi sacri, ma illuminante nel riscontro pratico. Come Abramo, che offrì da mangiare e bere sotto un albero a tre viandanti sconosciuti, la comunione più profonda degli uomini con Dio è quella fatta di accoglienza, convivialità, solidarietà, condivisione. Porte aperte da Padre Alberto quindi a tutti gli emarginati, i fragili, le persone in difficoltà. Economiche, e non solo. «Sono in prevalenza italiani, e giovani – ci spiega questo quarantaseienne diacono arrivato dal profondo nord monzese – padri separati, impoveriti dagli assegni di mantenimento da versare, persone rimaste senza lavoro, senza casa, in difficoltà, bisognose, fragili, o senza più una loro famiglia di supporto».
“Alle querce di Mamre” ne sono passati una ventina in questo primo anno e mezzo di attività. «In questa nuova casa comune restituiamo loro innanzitutto la serenità – continua Padre Alberto – cerchiamo di far rinascere la speranza nel futuro, la fiducia in sé stessi. Siamo riusciti poi, finora, a recuperare e a reinserire in una vita autonoma ben sei di loro, con un lavoro e una sistemazione abitativa». Nel centro di Ascoli funziona anche una struttura di accoglienza gemella, “L’oasi di San Giuseppe”, che opera con le medesime finalità.
«Il nostro lavoro dipende in massima parte dai volontari – prosegue Padre Alberto, arrivato ad Ascoli da soli tre anni – qui a San Marcello ne abbiamo una decina che si dedicano ai più deboli con una dedizione davvero meravigliosa. Vorrei citare il ruolo prezioso di due coppie di sorelle: Pina e Pietrina, che si rendono disponibili ad orario quasi pieno, e le più giovani Veronica e Veruska. O anche la famiglia Filippini che ha deciso di passare tutti i giorni di festa in questa comunità»
Qui, così, incontrare Dio è più facile per tutti. «I tre pilastri su cui si basa la nostra casa sono la famiglia, il lavoro e la preghiera – conclude Padre Alberto – e come in ogni famiglia si è uniti, con i propri doveri e lavori da compiere, e con la fede a confortarci». Un percorso che anche Carlo Gentili aveva intrapreso, grazie a Francesco, un ragazzo della grande famiglia di Padre Alberto, che aveva incontrato per la strada e al quale aveva confessato tutta la sua disperazione. Grazie a Luigi e a Maurizio, i suoi compagni di stanza che lo hanno pianto come un fratello maggiore. “Signore non passare oltre senza fermarti” Alle querce di Mamre.
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