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«No all’aborto e all’eutanasia»
L’associazione “Pro vita”
manifesta davanti all’ospedale

ASCOLI - Il comitato, che sta nascendo per iniziativa di Maria Antonietta Carosi e col supporto di don Paolo Castaldo, all'ingresso del "Mazzoni". «Ci schieriamo a favore della vita, rivolgendoci soprattutto ai cattolici che si pronunciano a favore di quelli che riteniamo crimini contro chi non ha voce»
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Il picchetto davanti all’ospedale “Mazzoni” di Ascoli

di Maria Nerina Galiè

Aborto ed eutanasia, temi difficili da affrontare nel fuoco incrociato dei dettami della scienza, non sempre univoci, ideologie religiose o politiche e situazioni personali dove per decidere del  proprio destino, a volte, è necessario segnare la sorte di altri, che invece non possono scegliere.  C’è però chi non ha dubbi e vuole “battersi”, «con la preghiera come unica arma, a difesa della vita, dal concepimento alla sua fine naturale». E’ Maria Antonietta Carosi, ex insegnante ascolana, che si sta attivando per costituire nel capoluogo piceno un comitato dell’associazione nazionale “Pro vita”, già presente a San Benedetto del Tronto. Ha organizzato un picchetto, con tanto di manifesti e una vela contro l’eutanasia, la stessa che pochi giorni fa ha infiammato il dibattito in Riviera, davanti all’ospedale “Mazzoni” di Ascoli, dove diversi sostenitori si sono riuniti in preghiera sotto la guida di padre Paolo Castaldo, della parrocchia del Cuore Immacolato di Maria.

«Iniziamo da questo ospedale, dove ogni sabato le donne vengono ad interrompere la gravidanza – ha detto la Carosi – e saremo qui, a pregare, una volta al mese con l’intento di  sensibilizzare i cittadini sull’argomento». Che è di piena attualità. Il 24 settembre si attende la pronuncia della Corte Costituzionale in favore della legge denominata “fine vita”. In vista dell’appuntamento il vescovo di Ascoli, monsignor Giovanni D’Ercole, qualche giorno fa ha lanciato un appello ai parroci di accendere i riflettori sulla questione, anche attraverso iniziative di preghiera, segnalando proprio quella di ieri davanti alla sbarra del “Mazzoni”. «Il nostro messaggio è rivolto a tutti, ma soprattutto ai cattolici i quali, per ignoranza e perché bombardati da quarant’anni (dall’approvazione della legge 194, ndr) di erronee convinzioni, si pronunciano a favore di quelli che secondo noi sono crimini contro chi non ha voce perché in pancia o ad un passo dall’eternità. E’ una grande incongruenza. Bisogna invece far conoscere il problema, partendo da qui ma con l’intento di arrivare a tutti gli ambiti interessati».

«Sarebbe bello poter entrare nei consultori e poter parlare con le donne  – dice Mara D’Angelo, neo mamma per la seconda volta, anch’essa a dare man forte alla causa – persone con adeguata formazione dovrebbero prospettare alle donne, sempre, che esiste un’alternativa all’aborto. Nella maggior parte dei casi invece il consulto si riduce a dare un appuntamento per l’intervento». «Ho la testimonianza di una mamma in attesa del quinto figlio. Avrebbe abortito se non si fosse opposta alla decisione la prima figlia, ormai grande, che ha promesso alla mamma tutto l’aiuto possibile purché decidesse di tenere il bambino» ha raccontato la Carosi.

Le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) al “Mazzoni” si praticano soltanto il sabato mattina e non sono gli ospedalieri a farlo, perché tutti obiettori di coscienza, ma i ginecologi dell’Aied (Associazione italiana di educazione demografica), in ragione di un’apposita convenzione. Non è così al “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, dove oltre alla prassi chirurgica è stata anche attivata la sperimentazione per l’utilizzo della pillola abortiva. Sono obiettori di coscienza anche i medici del “Murri” di Fermo, dove per garantire il servizio l’Area Vasta 4 è ricorsa pure ad una convenzione, con l’Area Vasta 3 della provincia di Macerata.

La “vela” in città


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