di Gabriele Vecchioni
(foto di Paola Candelori, Lucio Piunti e Gabriele Vecchioni)
Con “Crinale dei Piceni” si identifica l’itinerario che da San Benedetto del Tronto, sulla costa adriatica, risale le basse colline che fanno da spartiacque tra la valle del Tesino (a nord) e quella del Tronto (a meridione), seguendo la cosiddetta “Strada del Rosso Piceno Superiore”, fino ad arrivare, dopo circa trenta chilometri, a Offida e Castignano. La denominazione, ampiamente sfruttata dal punto di vista turistico, deriva dal fatto che l’ambito territoriale è quello occupato dall’antico popolo dei Piceni. Questa etnia, coeva degli Etruschi, si insediò qui nei secc. IX-IV AC, come testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici, il più significativo dei quali è la “stele di Castignano” (sec. VII-VI AC).
Il Piceno costituisce la parte meridionale delle Marche, al confine con l’attuale Abruzzo; è un’area segnata da una serie di strette valli e crinali che hanno “indirizzato” i processi di formazione del paesaggio umano, con la nascita di borghi d’altura e coltivazioni tipicamente collinari: una straordinaria varietà di scenari affascinanti. Dai borghi-terrazze sul mare ai paesi murati dell’interno, ogni centro ha qualcosa da raccontare: una storia antica, emergenze monumentali, peculiarità gastronomiche, paesaggi bellissimi.
San Benedetto del Tronto. Quando si pensa al centro rivierasco si va, per associazione di idee, all’immagine del mare e del suo bellissimo lungomare. San Benedetto ha però una storia antica e uno dei suoi segni di riconoscimento è la torre che sovrasta l’incasato originario del centro storico (il “Paese alto”) e la Marina. Il Torrione apparteneva al Castrum Sancti Benedicti, costruito nel 1146 dai fratelli Gualtieri, dietro autorizzazione di Liberto, vescovo di Fermo, dal quale dipendeva tutta la zona costiera. Nella sua Storia dei comuni piceni (2006), Gabriele Nepi scrisse: «La vocazione marittima di Fermo è testimoniata dalla frequenza dei suoi castelli costieri fino alle foci del Tronto. San Benedetto era quello più a sud».
La Torre dei Gualtieri, punto di riferimento visivo per la gente di mare, fu realizzata nel sec. XV ma la merlatura è recente, aggiunta nel 1901 dall’architetto Giuseppe Sacconi, lo stesso dell’Altare della Patria a Roma.
Acquaviva Picena. Ѐ uno dei “borghi più belli d’Italia”, dalle origini molto antiche (Età del bronzo, lunghissimo periodo temporale, iniziato nel 3000 AC, e Civiltà Picena, X-III AC). Antico possedimento farfense, il castello, come altri centri d’altura della zona, risale al sec. X, per poi passare alla potente famiglia abruzzese dei duchi Acquaviva di Atri, una delle famiglie più importanti del Regno di Napoli. Nel 1341 divenne il presidio fermano (la Rocca era stata comprata, per 7.500 fiorini, nel 1325) per i suoi possedimenti costieri (tra i quali San Benedetto, allora “in Albula”).
Lucio Tomei così riassunse (1993) la sua storia antica: «L’insediamento demico, che doveva essere sorto nel corso del X secolo, cioè nel periodo “classico” dell’incastellamento, ebbe la sorte di tutti gli avamposti di frontiera: ambito da più parti, fu teatro di lotte accanite che, alla fine, lo portarono a orbitare nella sfera del comune fermano, per il quale costituiva un elemento di vitale interesse».
Durante la campagna napoleonica del 1799, Acquaviva subì l’assedio delle bande del brigante Matteo Costantini alias Sciabolone che la saccheggiò; nell’occasione, fu distrutto l’archivio storico comunale.
Monumento-simbolo del paese è la Rocca. La struttura originaria è del sec. XIII; dopo la distruzione per mano dei Fermani, Acquaviva divenne uno dei loro “castelli”, spina incuneata (insieme con Offida) nel fianco della rivale Ascoli. Gli ultimi interventi (sec. XV) furono del fiorentino Baccio Pontelli. La Rocca ha la pianta di un quadrilatero irregolare, con torri angolari e un possente mastio cilindrico.
«Ed è poi veramente stupenda la vista da ogni parte del paese e specialmente dal mastio della rocca […] s’apre tutto all’intorno (A. Crivellucci, 1893)». Da Acquaviva si gode un panorama magnifico che spazia dalla catena dei Sibillini fino al vicino Mare Adriatico. In prima fila, le colline abruzzesi del cosiddetto crinale piceno-aprutino, a ridosso del quale si erge la catena maestosa del Gran Sasso e, a destra, i Monti Gemelli con, dietro, i Monti della Laga. All’orizzonte, verso sud, la sagoma inconfondibile della Majella.
Offida. Secondo Guglielmo Allevi, storico locale dell’Ottocento, le mura cittadine, in laterizio, risalgono ai secc. XII e XIII; sono ancora visibili ampi tratti e tre torri di difesa della porta d’ingresso e delle mura stesse, ristrutturate nel sec. XV. La Rocca, voluta da Papa Innocenzo VIII Cybo (singolare figura di prelato… padre di sette figli!) per contrastare le mire egemoniche degli Ascolani, fu eseguita (dal 1488 al 1493) su disegno da Baccio Pontelli, lo stesso della Rocca di Acquaviva.
Offida è, anch’essa, inserita nella lista dei “borghi più belli d’Italia”. Tra i suoi tanti monumenti spicca la chiesa di Santa Maria della Rocca, un’imponente costruzione romanico-gotica in laterizio, costruita nel 1330 su una rupe scoscesa, su una preesistente piccola chiesa longobarda: le pareti interne sono decorate da un bellissimo ciclo di affreschi del Maestro di Offida (sec. XIV).
Al centro del borgo si apre la triangolare Piazza del Popolo, che ricalca una ripartizione spaziale tipicamente medievale. Sulla piazza prospetta il Palazzo Comunale, con un loggiato di tredici colonne (sec. XV), appoggiato sul porticato dell’edificio municipale, dal quale si entra nel bellissimo Teatro del Serpente Aureo (sec. XIX), ornato da stucchi e dorature. Su un lato della piazza, la Chiesa della Collegiata Nuova (sec. XVIII, edificata su disegno di Lazzaro Giosafatti), con la cripta che ingloba una sorgente perenne.
Il borgo è un punto di riferimento per gli amanti del folklore: qui si tiene il Carnevale storico, in essere dal Settecento (il cosiddetto Bov’ finte, rievocazione molto partecipata da appassionati rigorosamente in tunica bianca – lu guazzarò – la tipica veste da lavoro dei contadini piceni). Il martedì, il Carnevale si chiude con l’accensione dei V’lurde, lunghi fasci di canne portati a spalla, un’affascinante cerimonia dal sapore arcaico, simile ai “riti del fuoco” propiziatori del vicino Abruzzo.
Castignano. Il paese appare alla sommità di un colle, con una volumetria “a piramide” di grande valenza paesaggistica. La “punta” è costituita dal campanile della chiesa dei SS. Pietro e Paolo, all’interno della quale si trova un raro affresco del Giudizio Universale, significativa sintesi medievale dell’Aldilà cristiano.
Tra le emergenze monumentali, ricordiamo solo la più antica, la già citata stele di Castignano, conservata presso il Museo Archeologico ascolano. È un manufatto di pietra arenaria, innalzato per segnalare la sacralità del territorio sul quale sorgeva, legata probabilmente a una sepoltura. La pietra risale al sec. VII-V AC e presenta un’iscrizione in alfabeto italico (è la più antica testimonianza epigrafica picena), bustrofedica, cioè con andamento lineare continuo, simile a quello di un’aratura.
Da rimarcare l’atmosfera medievale del centro storico, ben sfruttata durante l’annuale, frequentata manifestazione Templaria, dedicata ai monaci-guerrieri templari, con coinvolgenti spettacoli e conferenze.
La strada del vino. Il Piceno è la zona delle Marche meridionali con una forte vocazione vinicola, per le condizioni climatiche e geopedologiche del terreno collinare. I vigneti del Piceno dànno vita a ben sei vini DOC (Denominazione di Origine Controllata) e DOCG (DOC Garantita), per il rispetto di un rigido Disciplinare. Il vino più rappresentativo è il Rosso Piceno Superiore che si produce in una zona ristretta che comprende solo 13 comuni della provincia di Ascoli Piceno; si differenzia dal Rosso Piceno, oltre che per l’area di produzione meno vasta, anche per l’affinamento in botte.
La strada da Offida arriva a San Benedetto, toccando Acquaviva. Nell’articolo, l’abbiamo percorsa al contrario, partendo dalla costa e aggiungendo una tappa, per arrivare a Castignano, dove si producono ottimi vini ma il cui territorio è fuori da quello tipico del Rosso Piceno Superiore. La strada del vino Rosso Piceno Superiore attraversa proprio la zona di produzione di questo vino DOCG, toccando i centri appena descritti (“appena” si riferisce alla brevità della descrizione). Lungo il percorso, arte, storia e natura (soprattutto per quel che riguarda il paesaggio) trovano una sintesi mirabile e appagante.
Considerazioni conclusive. Più volte, in questo e in articoli precedenti, è stato messo l’accento sul valore paesaggistico delle colline picene. Questa volta il “valore aggiunto” è dato dalla bellezza dei borghi attraversati, tutti meritevoli di essere visitati con attenzione. Anche questi centri sono stati colpiti dal terremoto del 2016-17 e ne portano ancora i segni; nei loro centri storici, nelle chiese e nei musei (come il Polo Museale di Offida e, a Castignano, quello di Arte sacra e delle Icone) è sempre possibile, però, sorprendersi e vivere emozioni nuove.
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