di Gabriele Vecchioni
(foto di Nazzareno Cesari, Umberto De Pasqualis, Giovanni Fazzini e Claudio Ricci)
Accumoli è un centro situato al confine tra le regioni Marche, Lazio e Umbria, in provincia di Rieti. Il suo territorio è stato letteralmente devastato dal terremoto del 2016-17 che ha causato gravissimi danni alle costruzioni, provocando un ulteriore danno all’area, già punita dallo spopolamento. Rimane però la bellezza dei luoghi, rimangono i paesaggi magnifici.; tra questi, il Piano dei Pantani, esteso per 80 ettari, a poco meno di 1600 metri di quota. Il toponimo deriva dalla presenza frequente di acque stagnanti, con specie vegetali e animali peculiari.
La località è legata, storicamente, al territorio di Accumoli che, dopo l’invasione dei Longobardi (secc. VI-VII), entrò a far parte del Ducato di Spoleto e poi dei territori di Capodacqua, Arquata e Amatrice. A metà del sec. XIII Accumoli passò ad Ascoli; qualche anno dopo (1265), per non perdere del tutto la sua autonomia, il centro si consegnò ai d’Angiò: memoria di questa azione politica è ancora nello stemma cittadino (gigli e corona reale); con Accumoli, passò al Regno di Napoli l’intera area dei Pantani.
La zona era “terra di confine”, soggetta a scontri e rivendicazioni, come testimonia la storia movimentata del centro nell’Età di Mezzo, con continue liti e scaramucce (negli antichi Statuti c’era il divieto di contrarre matrimonio – «imparentarsi» – con i vicini, soprattutto con gli “storici” nemici amatriciani). I Piani dei Pantani rimasero al Regno di Napoli e solo per un periodo brevissimo (1443-47) gli Aragonesi cedettero il territorio accumolese allo Stato Pontificio. Infine, la costituzione del Regno d’Italia, dopo le lotte risorgimentali, unificò il territorio sotto la corona dei Savoia.
I Pantani, raggiungibili facilmente dal passo di Forca Canapine (1541 metri), sono localizzati fuori dei confini del Parco dei Monti Sibillini, vicino al territorio della Laga, ma costituiscono, comunque, un’area di grande interesse naturalistico, inserita della Rete Natura 2000 come SIC (Sito di Importanza Comunitaria), degno di tutela per l’importanza degli habitat presenti. Le specie vegetali e animali sono protette e le attività degli allevatori sono ecocompatibili; qui è diffuso l’allevamento allo stato brado, come si può vedere nel servizio fotografico annesso all’articolo.
La tutela europea dei Pantani di Accumoli deriva dalla presenza di habitat rilevanti. I laghetti di Accumoli sono di origine glaciale, inseriti in pascoli montani a nardo, particolarmente apprezzati dagli escursionisti, oltre che per gli ampi e bellissimi panorami, per la fioritura abbondante di orchidee.
Un breve approfondimento relativo a questo tipo di prato-pascolo. I nardeti sono formazioni erbacee che «Si sviluppano principalmente su suoli pianeggianti o versanti poco acclivi, prevalentemente su suoli acidi, derivanti da substrati silicei o, più raramente su substrati carbonatici acidificati e decalcificati (M. Tomaselli, 1995)». Di solito, sono habitat secondari di origine antropica, ottenuti per rimozione della copertura vegetale arbustiva e/o arborea. Nel nostro caso, per effetto delle dinamiche evolutive della vegetazione, sono circondati da cenòsi di tipo boschivo (faggeta).
I laghetti sono diversi e si formano grazie all’apporto delle acque di ruscellamento per le precipitazioni meteoriche e per la raccolta di quelle provenienti dallo scioglimento del manto nevoso. La peculiarità del luogo è legata alla formazione di piccoli specchi d’acqua in una zona (calcarea) che solitamente è assai permeabile: l’acqua viene trattenuta dalle numerose doline perché l’infiltrazione nel terreno (fino alle falde profonde) è rallentata dal materiale alluvionale, costituito da sabbie, brecce e argille e depositato in superficie. Sul lato meridionale dell’area è presente un inghiottitoio che drena le acque in eccesso.
Come già riportato, nella stagione estiva l’escursionista si imbatte, spesso, con branchi di animali al pascolo libero: si tratta di bovini ed equini di proprietà di allevatori di Accumoli e del Norcino che arrivano in zona a fine primavera e vengono lasciati liberi fino all’inizio dei primi freddi autunnali (metà ottobre). L’arrivo al pascolo (e all’abbeverata) delle mandrie di bovini e di cavalli in formazioni “ordinate” è uno spettacolo nello spettacolo.
La gestione del pascolo viene pianificata con diligenza, con un attento carico di bestiame (il numero dei capi), «[…] per ridurre criticità legate alla più lenta rigenerazione del manto erboso dovuta al pascolamento, ai solchi provocati dai mezzi degli allevatori, alla riduzione del livello d’acqua causati dall’abbeveramento, al deposito di deiezioni nei pressi dei pantani (Taccuino CAI Ascoli Piceno, 2011)».
Ai Pantani è possibile osservare (molto raramente, però) un fenomeno osservato anche al Pian Perduto dell’area di Castelluccio, quello dell’arrossamento delle acque: la rarità dell’evento, dovuto alla mucillagine rossastra per la proliferazione di un’alga microscopica della specie Euglena sanguinea, è legata al contemporaneo verificarsi di situazioni climatiche particolari (assenza di perturbazioni dell’aria e raggiungimento di alte temperature dell’acqua stagnante – sui 15-20°C, condizioni che si verificano solo nel periodo estivo, a fine luglio-agosto). La scoperta del fenomeno avvenne negli anni ’60 del Novecento per opera dei botanici Marchesoni (lo scopritore del chirocefalo del lago di Pilato) e Paganelli.
Un altro fattore d’interesse dei Pantani è dato dalla presenza, nelle immediate vicinanze verso settentrione, di un cippo appartenente alla linea di confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio (all’argomento è stato dedicato un articolo precedente, leggilo qui). Il cippo dei Pantani è il numero 579 del 1847; un secondo termine (il n. 577, spezzato e a terra) è posizionato sul vicino Monte dei Signori e un altro (il n. 571, abbattuto da tempo e, recentemente, anch’esso infranto da ignoti) sulla cresta del Monte Utero.
Giova ribadire che i Pantani sono fuori dei confini del Parco e quindi non beneficiano di tutela speciale. Sono però in continuità con il suo territorio protetto e costituiscono sicuramente una realtà speciale… per innamorarsi del posto basta andarci una volta.
Avvertenze e note finali. Per il recente terremoto (quello di tre anni fa), la strada “Nursina” per Forca Canapine da Arquata del Tronto è stata riattivata solo da pochissimo tempo; in alternativa, per arrivare ai Pantani, si può raggiungere quello che rimane del Rifugio Perugia, passando per la strada per Castelluccio. Dal parcheggio, si prende (a piedi) il sentiero che permette di arrivare a Forca Canapine in mezz’ora circa. Da lì si raggiungono i Pantani con un percorso interessante, privo di difficoltà; c’è anche una “area picnic”, coperta da una tettoia di legno. È un luogo dove stare in totale relax¸ occorre solo buon senso: rispettare gli animali (se ci sono) e non avvicinarsi troppo, per non disturbarli. Per motivi di sicurezza (soprattutto per la stagione invernale), una lunga staccionata di legno circonda l’area.
In conclusione, focus su un’iniziativa della sezione ascolana del Club Alpino che, recentemente, in occasione della “Giornata Internazionale delle Montagne” (8 dicembre), ha aderito alla manifestazione dei Cai laziali per tutelare questo posto speciale dalle iniziative sconclusionate dei politici di turno: si parla della costruzione di un rifugio inutile (non si trovano fondi per far rimanere la gente in montagna ma si trovano per costruire un’altra cattedrale nel deserto), dopo la realizzazione di una strada sterrata sovradimensionata. Nella presentazione dell’iniziativa, il Cai ascolano sottolineava come «il modo più efficace di sostenere le comunità locali sia quello di incentivare una frequentazione lenta, rispettosa dell’ambiente e destagionalizzata, che trovi accoglienza nei paesi e nei numerosi rifugi già esistenti, da ricostruire al più presto». Strutture da recuperare in zona ce ne sono (c’è l’imbarazzo della scelta, dal Rifugio Genziana al Rifugio Perugia, dalle strutture alberghiere alle case dei paesi) e non si sente il bisogno di altro cemento, «l’ennesima volumetria, destinata a restare chiusa per gran parte dell’anno, (che) non risolleverà le sorti della comunità di Accumoli: al contrario, contribuirà ad affossarle nell’abbandono cui è già stata esposta dal sisma e dallo spopolamento (Lo Scarpone, house organ del Cai nazionale, novembre 2019)».
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