Nel ricordare Vincenzo Galiè, l’abate parroco della parrocchia di San Bartolomeo di Campofilone che aveva scoperto per primo l’esatta localizzazione della città romana di Truentum, l’Archeoclub ha deciso di dedicargli un incontro nello stesso spirito che animava il sacerdote controcorrente, sabato 25 gennaio alle 17 presso la sala conferenze.
L’incontro prende il titolo di ”Novana Carassai” proprio per strappare a questa grande figura della ricerca storica, tanto vicina allo spirito dei volontari del paese, un sorriso postumo, finalmente. Questo perché, il “don”, in vita, di occasioni per sorridere non ne avute molte. Fu paragonato ad Heinrich Schliemann, lo scopritore della mitica città di Troia. Non che fossero simili, tutt’altro. Alcune cose pero li accomunano. L’amore per i testi antichi, il fervore dell’indagine sul posto, la sottovalutazione del mondo accademico, l’aver scoperto, grazie alle proprie intuizioni, un’antica città (che si possa parlare di misconoscenza per il Galiè?).
Carassai lo ha conosciuto come grande cultore di storia antica locale. Lo ha ospitato nella presentazione di alcuni dei suoi 85 libri basati su documenti di archivio. Una Carassai incuriosita, lo ha visto aggirarsi accompagnato da qualcuno intento a spingere uno strano tosaerba sull’asfalto. Il paese scoprirà, poi, che si trattava di un georadar col quale il Galiè abitualmente cercava di ubicare città, villaggi, anfiteatri romani e castelli medievali.
Carassai si è stupita quando il parroco, che suscitava simpatia nell’aspetto e profondo rispetto all’ascolto, le attribuì di celare il più affascinante enigma che si potesse immaginare: l’ubicazione di Novana, la città misteriosa citata da Plinio il Vecchio nel suo Naturalis Historiæ.
Tutti i carassanesi alla presentazione del suo primo volumetto si convinsero già alle prime due, tre prove delle quattordici portate a sostegno. Poi però non seguì nessun impegno concreto e, possiamo immaginare, deve aver vissuto come un “volta spalle” l’adesione di molti ad una emergente nuova teoria.
Mosso dal solito spirito indomito, il Galiè riprendeva in mano il “dossier” tornando sul posto col georadar e portando “indiscutibili prove” a sconfessare l’infingarda teoria nella sua nuova pubblicazione. L’ambiente era però irrimediabilmente cambiato. Ci si era rassegnati all’attribuzione di Novana, ora, a due differenti realtà territoriali.
Così lo ricorda il suo amico ed estimatore Carlo Gentili: «Geniale ricercatore, innovatore e scopritore della realtà archeologica del mondo romano. Con il suo metodo originalissimo, lo studioso ha localizzato sulla mappa nove città romane sepolte dal terreno (Veregra, Ricina, Pollentia, Interamnia, Cluana, Colonia, Truentum …), quattro anfiteatri, un porto, e due templi. Nonostante le città siano ancora sepolte, lo stesso Galiè ha provveduto ad utilizzare a proprie spese le ricerche al georadar che, leggendo il terreno fino a 5 metri di profondità, hanno confermato la presenza delle antiche realtà romane sotto il terreno».
Dopo i saluti del sindaco Gianfilippo Michetti, e quelli del presidente dell’Archeoclub locale Bianca Virgili, il professor Luciano Pallottini ricorderà Galiè e ci farà compiere un viaggio interessante nella storia locale. Mariano Pallottini illustrerà il volume “Ben diciassette prove dimostrano che nell’area della Pieve di Sant’Eusebio era la città romana di Novana”.
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