di Pierpaolo Pierleoni
Il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli è arrivato questa mattina a Palazzo dei Priori per incontrare tutti i sindaci del Fermano. Un vertice, in diretta su Radio Fermo 1 per fare chiarezza sulle procedure adottate dal governo regionale per l’emergenza Coronavirus. Una relazione di circa venti minuti, quella del governatore, che ha difeso le scelte adottate in questa settimana.
«Ad oggi abbiamo sei casi in regione – ha puntualizzato Ceriscioli -L’ordinanza impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri è stata emanata per via del contagio di una persona a Cattolica. Quella era la punta dell’iceberg. Non ho fatto come il comandante del Titanic, non ho guardato solo alla punta, mi rendevo conto dell’alta probabilità che il virus arrivasse anche nelle Marche, come poi è stato. Ecco perché abbiamo adottato una nuova ordinanza, che durerà fino alla mezzanotte di sabato, in attesa dei nuovi indirizzi per valutare come agire nei giorni successivi. La chiusura delle scuole ha motivazioni scientifiche, non politiche. Le misure di contenimento adottare prima ancora che ci fosse un primo contagio nel territorio erano di prevenzione. Il Friuli ad oggi non ha ancora avuto casi, ma a mio avviso ha fatto benissimo ad adottare misure per contenere il contagio».
Ceriscioli si sofferma su uno dei sei casi, quello di uno studente liceale a Pesaro. «Credo che gli studenti di quella scuola, sapendo che un loro compagno ha contratto la malattia, si rendano bene conto di quanto sia stato importante emanare l’ordinanza per la chiusura delle scuole -ribadisce-. Noi non creiamo allarme, facciamo il contrario. Nascondere e minimizzare non è rassicurante come spiegare. Il dibattito va portato al giusto livello. Non siamo di fronte alla peste, ma nemmeno ad una banale influenza». Un passaggio, dal presidente delle Marche, anche sulle ripercussioni per l’economia del territorio. «Credo che in nessun caso, in nessun caso, l’economia possa esser messa al di sopra della salute -conclude-. Tengo a ringraziare tutti gli operatori, perché sono quelli che più di ogni altro incontrano la malattia e in questa situazione di grande sforzo meritano un grande plauso».
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