di Luca Capponi
La sensazione è a dir poco strana, inimmaginabile anche solo qualche giorno fa, e prende il cuore: piazza del Popolo così, alle cinque del pomeriggio, non si era mai vista. Un vuoto completo e totale che stringe l’anima, razionalmente spiegabile ma comunque oltre i confini di ciò che il pensiero, anche il più nefasto, riesce ad afferrare. Un pugno che fa indubbiamente male, dritto nel costato dello straniamento.
Il terzo capitolo dell’isolamento da Coronavirus è ancora un primo giorno. Le esordienti misure ancora più restrittive volute dal presidente del consiglio Conte stavolta non lasciano spazio a dubbi: l’Italia è blindata, si chiudono i negozi (tranne alimentari e chi fornisce beni di prima necessità) e ci si sposta con autocertificazione solo per esigenze di lavoro, motivi di salute o situazioni di necessità. I controlli ci sono, e pure stringenti. Non si sgarra. C’è un’auto del Comune che fa il giro suggerendo alle persone di restare in casa, in filodiffusione. C’è sgomento nell’aria. Ci sono diffidenza, sguardi persi, spaesamento ma pure tanta voglia di sacrificarsi per il bene di tutti.
Via del Trivio, corso Trieste, piazza Roma, piazza Arringo: chi aveva evocato gli scenari da film è servito, anche se ben oltre le aspettative. Forse troppo oltre. Ma tant’è. Attualmente parte del destino è nelle mani della cosiddetta coscienza collettiva. Che pure sembra dare qualche segnale, a dire la verità, insperato. Il popolo Piceno, pur con i suoi (tanti) difetti, non molla. E mentre si contano in maniera ossessiva casi, contagi, decessi e guarigioni, la sfida diventa più ardua. Comportarsi civilmente sì, resistere all’ansia pure ma soprattutto non fare in modo che la psiche alla lunga si logori, in quella che è una quarantena a tutti gli effetti. Una quarantena di cuori e di anime, dove ci si riscopre isole, dove ci si manca, dove le distanze diventano siderali, incolmabili a volte, dove risparmiare le forze è atto di coraggio per i bambini, per gli anziani: per chi sta male. Farsi forza e fare forza agli altri, in una quarantena di ricordi dove la nostalgia fa male e accarezza il vissuto di ognuno, dove la paura di perdere a volte si fa minacciosa, alimentata inesorabilmente dalla solitudine. La sfida è ardua, o quantomeno lo sembra adesso che la notte è buia: non cedere è un dovere.
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