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Si resiste, pur se lontano da casa
Gaia, ascolana a Milano:
«L’umanità tornerà a vivere»

EMERGENZA CORONAVIRUS - Il racconto di una ragazza che ha scelto di restare mentre tutti fuggivano. Un buon esempio di cui c'è gran bisogno: «Siamo reclusi ormai da sabato sera, con misure restrittive che forse noi giovani 30enni non abbiamo mai vissuto, che forse abbiamo solo potuto immaginare tramite i racconti dei nostri nonni in guerra»
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Ascolani che resistono lontano da casa. E che danno il buon esempio. In un momento in cui di ce n’è un gran bisogno. Mentre tutti fuggivano da Milano, lei è rimasta lì. Nonostante tutto. Nonostante i timori da Coronavirus. Riceviamo e volentieri pubblichiamo la testimonianza di Gaia Zaffarano, 27 anni, architetto presso uno studio privato. 

“E’ arrivato da lontano, come una pioggia fredda, le prime immagini dalla Cina erano contorte, poco chiare, mascherine, guanti, diffusione e contagio, il virus aveva iniziato a prendere piede nei corpi della popolazione Cinese, insinuandosi in essi come un ospite indesiderato. Tutto il mondo nel frattempo guardava le immagini con sconcerto, con atteggiamento tipico di chi pensa “tanto a me non succede, è lontano, io sono al sicuro, io vivo in Italia…

Gaia Zaffarano

Ed è stato proprio a causa di questa attitudine così leggera che invece il virus non era più debole dell’uomo, il virus viaggiava veloce, iniziava a trasmettersi in modo imprevedibile, ed ecco che cominciavano a spuntare a macchia d’olio casi in altri stati del mondo, a volte in modo così inaspettato e senza un contatto vero e proprio.
Oggi è il 13 marzo 2020, fino a due settimane fa, nessun italiano avrebbe mai potuto immaginare come ci saremmo ritrovati ora, più di 12.000 casi, migliaia di contagiati, il numero delle vittime che sale, amici, parenti, personalità politiche, calciatori, attori…nessuno escluso. L’unico monito dallo Stato è #statecasa.
Eh si, siamo reclusi ormai da sabato sera, con misure restrittive che forse noi giovani 30enni non abbiamo mai vissuto, che forse abbiamo solo potuto immaginare tramite i racconti dei nostri nonni in guerra. Milano è deserta, Milano si è fermata, la città più cosmopolita di Italia ha dovuto fare un passo indietro.
Bar, ristoranti, esercizi commerciali se non di prima necessità, hanno abbassato le loro saracinesche, metro e tram sono vuoti, le persone camminano a metri di distanza, si schivano l’un l’altro, non sorridono più, non si abbracciano più.
Chi l’avrebbe mai immaginato. Chi avrebbe mai pensato che ci saremmo ritrovati così. L’egoismo umano all’inizio del contagio non ha fatto altro che aumentare in maniera esponenziale la sua diffusione, come se il Covid-19 potesse colpire solo la popolazione cinese.
Ma come poi spesso accade, la natura ci dimostra che al di la dell’etnia e del colore della pelle, siamo fatti tutti della stessa carne e delle stesse ossa. E come un lampo a ciel sereno arriva il segnale di stop.
Fermiamoci.
Tutti.
Nessuno escluso.
Resettiamo le nostre abitudini, la nostra routine, il nostro lavoro.
La natura sta dicendo all’uomo di prendersi una pausa dalla vita frenetica, sta chiedendo di prendersi del tempo per ragionare, pensare, riflettere su ciò che conta per davvero.
E per una volta tanto cercare di farlo per davvero, non perchè è figo ed è diventato di moda fare yoga e meditazione, non perchè bisogna postare una foto in posa con una frase filosofica presa da internet.
Bisogna fermarsi e riflettere su noi stessi, la nostra essenza, la nostra anima”.

Le strade del centro di Ascoli vuote ai tempi del Coronavirus

La famiglia, gli amici, l’amore. “Il decalogo delle buone norme da adottare per ridurre il contagio sono chiare e tutti i mezzi di comunicazione di massa non fanno altro che trasmetterle continuamente. Non toccarsi, non prendersi per mano, non abbracciarsi, non baciarsi, stare a distanza di 1 metro, non andare in luoghi affollati, non creare situazioni in cui possano radunarsi più persone insieme. Insomma per farla  breve, stare in solitudine. Non avere rapporti sociali di nessun tipo. Azzerare tutto ciò su cui si fonda l’intera umanità, azzerare tutto quello che ha permesso all’umanità di procreare e svilupparsi.
Io come tanti miei amici la famiglia vicino non ce l’ho, nel 2020 si vive lontani, per lavoro, fama e ambizione, ci si è abituati a vedersi di rado, una volta ogni tre mesi se tutto va bene. È normale, si dice. La natura ti obbliga a fermarsi, ti obbliga ad aumentare la distanza fisica dai tuoi cari.
E cosa si fa in questi casi?
L’uomo, nel silenzio delle proprie mura di casa, inizia a riflettere, e lo fa in modo lieve, lo fa guardando fuori dalla propria finestra la città che rallenta, i bar chiusi, le persone che camminano con la mascherina…
Riflette.

Inizia ad incolparsi per tutte quelle volte in cui avrebbe potuto abbracciare i propri genitori, i propri fratelli e sorelle e non l’ha fatto.
Inizia ad incolparsi per tutte quelle frasi che avrebbe voluto dire, e non le ha detto.
Per tutte quelle volte in cui avrebbe potuto fermare la propria lingua, e non l’ha fatto.
Per tutte quelle volte in cui ha preferito il silenzio invece che urlare a squarciagola quanto era grato agli insegnamenti ricevuti.
Per tutte quelle volte in cui si è lasciato andare ad isterismi per cose futili e di poco conto.
Per tutte quelle volte in cui si è lasciato prendere da ira e rabbia, invece che guardare negli occhi della persona amata e trovare un motivo per amarla ancora di più.
Per tutte quelle volte in cui avrebbe potuto, avrebbe dovuto, avrebbe, avrebbe… avrebbe semplicemente dovuto vivere di più.
Nel frattempo i pensieri corrono più veloci delle parole che riesco a catturare.
Penso alla mia di famiglia, lontana, chissà ancora per quanto.
Penso ai miei amici, lontani anche loro, che non so quando potrò rivedere.
Rifletto anche io, mi fermo a pensare.
Mi colpevolizzo anche io un po’ per tutte quelle volte in cui avrei voluto dire qualcosa e non l’ho fatto, o quando ho lasciato che una rabbia infondata prendesse il posto di tante parole più gentili.
Come abbiamo potuto permettere che accadesse tutto ciò?
È arrivato il momento di prendersi una pausa.
Stop.

Si vive con la mascherina

Ricominciare ad apprezzare le piccole cose.
Il caffè con calma la mattina.
Il buongiorno detto con il cuore, che poi la giornata te la migliora per davvero.
Un “ti voglio bene” detto in modo sincero, anche senza un motivo valido, solo per ricordarci che siamo ancora in grado di trasmetterci emozioni.
La lettura di quel libro che era sul comodino da un po’, perchè la sera si arriva troppo esausti per lasciarsi trasportare dalle sue pagine.
Un pasto preparato lentamente, invasi dai profumi che si sprigionano in cucina, il rumore dell’olio che ribolle nella pentola, la tavola apparecchiata durante la settimana senza dover aspettare la domenica.
La possibilità di tornare a condividere attimi di una quotidianità che sembrava ormai così lontana, non propria.
La cura della casa, i vetri più puliti, gli armadi sistemati, le idee per rinnovare gli spazi che non ti sono mai piaciuti ma per i quali “non hai più avuto tempo per cambiarli”.
Lo spazio dei buoni propositi che finalmente è possibile ritrovare all’interno di un’agenda sempre troppo piena di impegni”.

Torneremo a sorridere

Il tempo. “L’unico vero protagonista in questo caos mondiale rimane lui. Il tempo.
Quello delle lancette dell’orologio che scandisce le giornate, le pause caffè e le pause pranzo in ufficio.
Quello che decide gli orari di apertura e chiusura dei negozi, supermercati, farmacie.
Quello che stabilisce l’ora in cui “ci vediamo al bar per un aperitivo” o “ci vediamo dopo al corso in palestra”.
Ed ecco che tutto d’un tratto il tempo si trasforma, all’improvviso, sembra quasi dilatarsi, fino a poter contenere tutto quello che prima non riuscivi a fare.
O in realtà non volevi trovare il tempo per farlo.
Vi siete mai resi conto che il tempo è l’unico vero dono per noi umani?
È l’unico capace di donarci momenti meravigliosi, momenti da condividere, momenti in cui amare, sorridere, sperare, momenti in cui sentirsi invincibili e altri in cui sentirsi anche più deboli.
Momenti che non tornano, unici, incancellabili, momenti che nel loro insieme costruiscono la storia di ognuno di noi, e le storie di tutti noi composte insieme ne fanno una più grande, che si unisce ad altre milioni di storie, e così via.
Si uniscono a creare un’unica grande storia, la nostra, la storia dell’essere umano.
Tutti inclusi, in ugual modo, senza distinzione di etnia o colore della pelle.
La storia che tutti noi abbiamo studiato, che studieremo o studieranno ancora i nostri figli sui libri di scuola.
La storia, la nostra identità.
Non saremmo nulla in realtà senza di essa.
E allora ringraziate per questo nuovo tempo che ci è stato messo a disposizione, perchè quando tutta la tempesta passerà, quando il mondo tornerà a muoversi ai propri ritmi di sempre, non ce ne sarà più abbastanza come ora”.

Il futuro. “Per la prima volta l’uomo sta facendo i conti sulle previsioni incerte del proprio futuro.
Nessuno sa con precisione quando tutto questo finirà, quando il contagio cesserà di propagarsi così velocemente.
Approfittiamone per immaginare allora cosa faremo quando i malati diminuiranno, i guariti aumenteranno.
Le saracinesche torneranno ad alzarsi presto la mattina, il panettiere tornerà nel laboratorio a notte fonda per far lievitare le proprie creazioni, le persone torneranno al bar per un cappuccino e una brioche.
I cuochi riapriranno le proprie cucine, templi sacri della cultura Italiana, il sugo ribollirà nuovamente in pentola, la pasta sarà tolta al dente per essere saltata, i profumi si diffonderanno nuovamente in sala, e i commensali non vedranno l’ora di veder uscire dalla cucina i camerieri con le loro ordinazioni.
Le persone saranno stufe di stare in casa, saranno pronte per uscire allo scoperto con la primavera, ripopoleranno i parchi, saranno più a contatto con la natura, saranno più a contatto gli uni con gli altri.
Ma ci pensate alla mancanza che stiamo sentendo di tutti quei gesti cosi “banali”?
Ma ci pensate a quanti non vedono l’ora di abbracciarsi, baciarsi, stare insieme, brindare, cantare, saltare, allenarsi, uscire, respirare.
Ma ci pensate a quanti non vorranno più prendere le automobili, a quanto avranno l’esigenza di camminare, correre, muoversi.
La pigrizia che ci paralizza sul divano non avrà finalmente più ragione di esistere, nessuno vorrà perdere più quel tempo che in fondo si è sempre lasciato scappare dalle mani.
L’umanità tornerà a vivere.
E lo farà a gran voce.
Lo farà in modo superlativo.
Con la stessa forza di sempre, la stessa forza che al momento tiene tutti uniti nel diminuire il contagio.
#Iostoacasa.
Solo per adesso, solo per un po’ di tempo, solo per insegnarci nuovamente ad avere pazienza, a non voler correre a tutti i costi per raggiungere chissà cosa, non serve.
Fate un bel respiro, sentite l’aria che attraversa i vostri polmoni.
Respirate.
Siete umani, siete vivi, e se rimanete a casa tra pochissimo tempo tutto questo sarà solo un ricordo lontano.
E torneremo ad amarci, a guardarci negli occhi, senza avere più paura alcuna”.


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