di Walter Luzi
Un torneo di calcio nel cuore dell’Africa, giocato da giovani africani con le maglie delle squadre italiane. Ci piace parlare anche di storie come questa, di questi tempi. Una storia leggera, spensierata, confortante. Ci piace sapere che la vita vera non è questa che ci è piombata addosso, all’improvviso, riempiendoci di angoscia, di paure medioevali, di divieti.
Gli stadi chiusi sono l’ultimo dei problemi quando in troppi soffrono, si sacrificano e muoiono, soli, nelle corsie degli ospedali. Ma con lo sport che, per ultimo, si arrende anche lui all’emergenza sanitaria, gli spalti deserti come le strade, i bar, i negozi, i teatri, i ristoranti, la vita che si ferma insomma, e ci sembrava fosse impossibile fino a venti giorni fa, ci piace pensare a quei giovani calciatori dilettanti africani. Ci piace che giochino indossando le maglie delle squadre più conosciute del nostro calcio, la Juventus, l’Inter, il Milan, la Roma, il Napoli, la Sampdoria, l’Ascoli. Ci piace sapere che dietro quei colori così amati ci siano persone, trapiantate in quel meraviglioso continente per lavoro, che hanno saputo trasmettere anche ai loro giovani colleghi indigeni il loro entusiasmo, l’amore per lo sport, il calcio in questo caso, per quei club così gloriosi, per l’Italia tutta. Oggi così sofferente, anche se lo spettro è planetario, e si sta affacciando ora, minaccioso, anche in quell’emisfero.
Se c’è anche l’Ascoli a farsi onore nel torneo di calcio a undici “Alpicam” in Camerun, il merito è di Mauro Bachetti. Ascolano, è chiaro, quarantaquattro anni, quindici dei quali, gli ultimi, vissuti nel cuore dell’Africa nera. Un coraggio di altre epoche che appartiene a tanti altri giovani figli della nostra terra. Fare la valigia e volare lontano per costruirsi un futuro. Nel caso di Mauro anche per dare seguito, nella vita lavorativa, alla sua passione coltivata negli studi. Un diploma all’Agraria prima e una brillante laurea in Scienze forestali e ambientali poi. La Alpi, colosso italiano del legno, gli offre il pane per i suoi denti nel 2005, laggiù però, nella immensa foresta pluviale del Camerun.
Per uno scherzo del destino il suo volo quasi incrocia quello del fratello maggiore Claudio, che dall’Africa invece rientra in Italia dopo sei anni vissuti, come missionario laico insieme alla sua famiglia, in Mozambico. Mauro è destinato alla foresta quasi vergine di Mindourou nella regione dell’Haut-Nyong, dove lavora per due anni. Nel 2007 rientra a Douala, la capitale, dove nel frattempo si è trasferita anche la giovane moglie veneta Susanna, e passa negli uffici della multinazionale al Commerciale e Transito. Nella capitale camerunense concepiranno prima Sofia, che oggi ha undici anni, e quindi Alice, di sette, nate poi entrambe in Italia.
Altri europei e italiani lavorano in questa grande azienda che conta quasi mille dipendenti. Di concerto con la Direzione si decide di organizzare questo torneo che mette in campo le maestranze locali dei vari reparti di produzione. Mauro chiede aiuto in Patria per le divise. Tramite il papà Pietro, per una vita stimatissimo funzionario della Carisap e poi dell’omonima Fondazione, risolve il problema grazie ad un suo ex collega, Alfredo De Marco, che procura la prima muta di maglie bianconere. Successivamente, direttamente alla società di Corso Vittorio, ne arrivano altre grazie alla collaborazione di Valeria, addetta alla Comunicazione, e del magazziniere Emidio. Sulle ali dell’euforia nasce in Camerun anche l’Ascoli Club Douala. Il primo, forse, in Africa, grazie a Mauro Bachetti. Una vera emozione indossare quelle maglie per i ragazzi camerunensi, straripanti di entusiasmo e vigoria fisica. Disciplinare tatticamente e tecnicamente la formazione si rivela invece uno scoglio ben più arduo da superare, ma l’Ascoli si fa onore chiudendo al secondo e terzo posto le prime due edizioni del torneo e aggiudicandosi una Coppa. Niente male per quella che, sulle prime, lo stesso Mauro definiva una sorta di armata Brancaleone. Il leader, capitano e bomber della formazione si chiama Tèhodory. Il trascinatore è invece Jonas, soprannominato il cavallo pazzo della fascia sinistra. Quest’anno l’avvio è molto incoraggiante con i bianconeri in testa alla classifica dopo la seconda giornata. Si punta allo…scudetto insomma, stavolta.
Ci aspettiamo buone nuove da Douala. Incrociando le dita. Dalle foreste del Camerun, intanto, ci è arrivato, con queste note, almeno per qualche minuto, il profumo rinfrancante della normalità. Per la nostra felicità niente è più necessario del superfluo. Oscar Wilde l’aveva già capito senza quarantene e forzati isolamenti sociali. Scopriamo l’importanza, fino a oggi sottostimata, delle mille futilità quotidiane che riempiono le nostre vite. Vitali come gli abbracci, i baci, le strette di mano, le pacche sulle spalle di cui avremmo, in questo momento più che mai, tanto bisogno. Alle quali siamo costretti a rinunciare tutti in queste lunghe giornate irreali di vita sospesa. Senza le quali, nonostante la tanta buona volontà, non riusciremo ad abituarci mai. Andrà tutto bene. Come a Douala. Come nel mondo intero. Incrociando le dita. Tutti insieme.
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