di Maria Nerina Galiè
L’Italia si ferma, o quasi, in ragione dell’ultima ordinanza del premier Conte partorita all’ombra dell’impennata nazionale del numero dei decessi di ieri, sabato 21 marzo, arrivati a 793 (30 nelle sole Marche). Invece la macchina organizzativa dell’Area Vasta 5 va avanti senza sosta per far fronte all’emergenza senza pari.
Il Piceno rispetto al resto della regione, è rimasto indietro nella corsa ai contagi. Una “fortuna” che ha permesso ai responsabili della sanità locale di guadagnare un po’ di tempo per adeguarsi alle nuove necessità. Ed entrare, per il più “basso” numero dei positivi nelle Marche, nell’esperimento pilota dei tamponi anche agli asintomatici, in un quantitativo di 800 al giorno, tutti processati nel laboratorio di Virologia di Ascoli, 400 al mattino e altrettanti al pomeriggio, con l’ottenimento dei risultati in poche ore ed il vantaggio di prendere provvedimenti tempestivi laddove si evidenziano casi positivi.
Il sistema sanitario piceno è però anche pressato dall’impellenza del resto della regione, dove gli ospedali sono al collasso, e non solo nel nord delle Marche, la zona più colpita. Anche il “Murri” della vicina Fermo è in crisi. In tre giorni l’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto è diventato Covid Hospital mentre il “Mazzoni” di Ascoli ha preso, e prenderà fino alla fine dell’emergenza, in carico i pazienti affetti da tutte le altre patologie.
UN SETTIMANA DI FUOCO – «La delibera 320 del 12 marzo scorso (che ha stabilito l’impiego degli ospedali regionali, ndr), ci è piombata addosso mentre eravamo in riunione concentrati, tra le altre innumerevoli questioni da fronteggiare, sui dispositivi di protezione (Dpi) ed il loro corretto utilizzo. Il fine settimana successivo è stato di full immersion per attivarci in tal senso». Queste le parole di Diana Sansoni, direttore del presidio unico ospedaliero dell’Area Vasta 5, in prima linea anche lei nella lotta alla pandemia. Dall’alto della sua esperienza, può permettersi di dire apertamente «cosa va bene e cosa no, rischiando pure la carriera». «Ma a questo punto importa poco, tanto lo so che morirò di Coronavirus senza esserne infettata», afferma sfiorando la battuta che si affievolisce sotto il peso di una legittima stanchezza che trapela dalla sua voce. «Non so nemmeno io come abbiamo fatto – continua ripercorrendo il giorni frenetici della scorsa settimana – ma in tre giorni abbiamo vuotato un ospedale, predisponendolo per accogliere i Covid e, nello stesso tempo, riorganizzato l’altro per rispondere al nuovo assetto». Tanti gli aspetti di cui tener conto per continuare a dare risposte efficienti alla popolazione.
I POSTI LETTO – «Abbiamo dimesso o trasferito i pazienti, in cliniche private convenzionate o ad Ascoli, per liberare i reparti di Geriatria, Chirurgia, Ortopedia, Cardiologia e Medicina. In pratica dal primo al quarto piano del “Madonna del Soccorso”» spiega la Sansoni. Medici, infermieri e Oss sono rimasti a San Benedetto e si occuperanno dei pazienti positivi che non hanno però bisogno di cure intensive. Il personale riconvertito però si, ha bisogno di attrezzarsi per intervenire sui nuovi pazienti. E non solo mentalmente. «Non tutti all’inizio hanno accolto a braccia aperte il nuovo incarico. E’ comprensibile. Del resto dovevamo ancora capire il corretto utilizzo dei Dpi e tutti i sistemi di sicurezza. Nel frattempo abbiamo anche fatto opere murarie ricavando spogliatoi, con tanto di specchi per permettere agli addetti di vestirsi bene, e docce per scongiurare il pericolo di portare il virus all’esterno, o addirittura di riportarselo a casa». L’ala preposta è supervisionata da Mario Sfrappini, direttore del dipartimento medico. Davvero pronti per dare risposte adeguate ci sono al momento 35 posti letto.
Ancora le parole della Sansoni: «Se ne potrebbero aggiungere altri 32 (della ex Medicina), ma per posto letto si intende una postazione adeguatamente assistita da personale addestrato e provvisto dei dispositivi di protezione. Non siamo ancora attrezzati, abbiamo bisogno di altri medici, infermieri e Oss». «Invece – dice pure – è talmente alta la richiesta da fuori provincia che hanno iniziato ad inviarci pazienti mentre avevamo ancora lavori in corso. Mercoledì sono arrivati i primi cinque, otto il giorno dopo, sette venerdì. E ci sono anche i ricoverati della nostra Area Vasta. E’ stata una corsa contro il tempo per organizzare nuovi turni».
LA PNEUMOLOGIA – Da lunedì saranno disponibili altri 18 posti nell’ex Cardiologia riabilitativa che ospiterà la Pneumologia, che invece arriva da Ascoli, perché è quella la specialità maggiormente interessata dalle complicanze del virus. «Esigenza immediatamente compresa dal primario Vittorio D’Emilio», afferma ancora la direttrice degli ospedali, che aggiunge: «Sarà un reparto intensivo dove lavoreranno cardiologi e pneumologi. All’equipe si unirà, e senza aver esitato, anche l’ex primario Riccardo Pela (uno dei quattro medici ora in pensione e che stanno rientrando in servizio, come Giorgio De Santis, Giulio Filipponi e Giorgio Forlini, ndr)».
I PAZIENTI PIU’ GRAVI – Il problema del contagio da
Coronavirus, che in molti casi non porta nessuna grave conseguenza, è che per qualcuno può essere pericoloso. Seppure la percentuale è bassa, come numero assoluto può diventare grande e mettere in ginocchio in sistema sanitario. E non essendoci vaccini e cure, la complicanza legata al rischio di non poter prestare a tutti le cure necessarie fa paura. Ecco il motivo dell’enorme sforzo di contenere la diffusione, unica arma. Ma intanto ci sono pazienti con la polmonite e gravi problemi respiratori, che vengono assistiti al “Madonna del Soccorso”. Lì c’è la terapia semintensiva, con 13 posti di cui 6 per pazienti appena arrivati dal Pronto Soccorso e che devono essere stabilizzati, diretta dalla dottoressa Giuseppina Petrelli, primario del Pronto Soccorso e medicina d’urgenza. Poi c’è la Rianimazione, con a capo Tiziana Principi, direttore del Dipartimento emergenze e urgenze dell’Area Vasta5, con 7 posti di terapia intensiva, e le sale operatorie a supporto, convertite e attrezzate con i respiratori. «Abbiamo lascito una sala operatoria, separata e “pulita” (nel gergo per dire protetta dal rischio di contaminazione) per una potenziale emergenza diversa dal Coronavirus». A breve sarà istituita la semintensiva respiratoria e sarà diretta dal dottor Vittorio D’Emilio.
GLI ALTRI SPOSTAMENTI – Poi c’è stato lo spostamento dei reparti, che ha comportato il trasferimento al “Mazzoni” di ricoverati ma anche operatori. E’ stato il caso di Ostetricia, Ginecologia e Pediatria. E della Neurologia con la Stroke unit. «Potevano rimanere da un punto di vista strutturale, con la garanzia di non avere contatti con l’ala dedicata ai contagiati. Però sarebbero rimasti isolati da consulenze ed interventi esterni al loro reparto, in qualche caso necessari per complicanze o altro. Non ce lo potevamo certo permettere». A San Benedetto si continua a garantire la consulenza di questi specialisti, all’occorrenza per pazienti Covid.
Sono rimasti nell’ospedale della Riviera l’Hospice, la Psichiatria per acuti e la Dialisi. Sansoni: «Era impensabile trattare tutti i quasi 150 dializzati della provincia ad Ascoli. In questi due casi l’edificio è a ridosso dell’ospedale di San Benedetto ma completamente a sè». E precisa che è stato anche lasciato un posto per poter fare la dialisi, se servisse, a pazienti Covid.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati