di Walter Luzi
Sara, una laurea da raccontare. E’ stata quella della ventiseienne ascolana Sara Tempera una delle prime lauree al tempo del Coronavirus. La prima di una lunghissima serie discussa davanti allo schermo di un computer. Una modalità nuova, ma destinata a chiudere, probabilmente, nei prossimi mesi, tutti i percorsi scolastici di ogni ordine e grado. Lo straordinario diventerà ordinario e non farà più notizia. Ma Sara ha voluto raccontarsi, e raccontare sui social, la sua laurea in Politiche e programmazione dei servizi alla persona all’Università di Macerata, anche per altri motivi.
«Laurearsi con una pandemia fuori dal portone di tutte le case del mondo non è stato facile – esordisce Sara – è uno stress psicologico non indifferente per chi è ipocondriaco come me. O forse sono diventata tale in quanto immunodepressa. Stress immani quando si è empatici. Ma queste emozioni mi hanno spinto a vedere il buono in qualsiasi cosa. Ad andare avanti, fino alla laurea, anche telematica, a qualsiasi costo in queste settimane difficili. Perchè non ho mai avuto la pazienza di aspettare. E perchè c’era una promessa importante da mantenere».
Il dolore, grande, diventato forza, altrettanto grande, la proietta verso un traguardo che è una promessa mantenuta al papà che non c’è più. Romano è volato via diciassette mesi fa, incitandola, fino all’ultimo, negli studi. «A te che sei in cielo. A me che ho la testa sulle tue nuvole», ha scritto Sara nella dedica sul frontespizio della sua tesi di laurea. «Da quando c’è una sedia vuota in più a casa ho dato più forma al senso del mio tempo – prosegue Sara – e a come volerlo investire».
E l’argomento scelto per la sua tesi, le adozioni internazionali, è un’altra sfida per lei. Non è facile mettere a nudo le proprie emozioni di bimbetta abbandonata nell’ex Jugoslavia dilaniata dalla lunga e sanguinosa guerra civile, e adottata da una giovane coppia di ascolani nel 1996. «Non lo farò mai, ho ripetuto a me stessa mille volte», continua Sara. «Come non detto. L’ho fatto. Allo specchio – ha detto ancora – ho rivisto quella bambina abbandonata, oggi diventata donna. Un altra sfida difficile, di quelle che piacciono a me. Ho confessato qualche mio segreto in un file pdf. Era tempo».
Sulla modalità multimediale ci scherza su: «Per tutti noi della prima generazione di laureandi al tempo del Covid-19 sono stati sacrifici, ostacoli, difficoltà in più, ma ripagati dalla gioia di avercela fatta a chiudere il cerchio. Reclusi in casa, fra divano, scrivania e la nostra stanza, senza le trasferte a Macerata, ma anche senza il contatto quotidiano con i compagni di corso, gli amici. Mi vedete? Mi sentite? Eccomi qua! Sono queste le frasi che hanno scandito le ultime settimane davanti al pc. La videoconferenza ti permette di tenere il pigiama e le ciabatte sotto il tavolo, la tecnologia ha vinto le barriere del tempo e della distanza, il cartaceo non c’è più, ma nemmeno i baci e gli abbracci».
Il Rettore si complimenta con i neo laureati a distanza, promette a tutti una festa quando tutto sarà finito. La mamma Lorelay, ex insegnante di educazione fisica, si commuove nella stanza accanto. La gioia e le felicitazioni per Sara corrono sui social e whatsapp. Fuori, la guerra contro il nemico invisibile continua. Forse il virus ci cambierà la vita anche se vinceremo. Forse quel metro e più di distanza fra di noi rimarrà per sempre. Ma oggi per Sara è un giorno speciale davvero. «Come promesso, oggi mi sono affacciata fuori dal balcone e ho guardato il cielo – conclude Sara – ciao papà. Ci sei. Nonostante tutto sia così surreale, oggi sorrido. Perchè me lo merito».
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