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Menti, nomi e volti
che hanno trasformato
le maschere da snorkeling
in preziosi presidi medici

EMERGENZA CORONAVIRUS - L'iniziativa di otto docenti della scuola di Architettura e Design di Ascoli, sede distaccata di Unicam, è stata subito accolta dal rettore Pettinari. Il progetto, basato sull'esperienza di Isinnova di Brescia e che si è concretizzato nel laboratorio di Sant'Angelo Magno, ha presto coinvolto altri giovani professionisti e un'azienda del territorio e attivato la collaborazione della scuola di Scienze della stessa Università
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di Maria Nerina Galiè

Gli italiani anche nei momenti più bui della storia si confermano pieni di inventiva, creatività e sopratutto di spirito d’iniziativa. I docenti della scuola di Architettura e Design di Ascoli diretta da Giuseppe Losco, sede distaccata dell’Università di Camerino e già fiore all’occhiello della città delle centro torri, rientrano pienamente nel profilo e si sono resi protagonisti di un progetto innovativo che potrebbe salvare diverse vite umane, minacciate dal Coronavirus.

L’idea di trasformare, o meglio “hackerare”, una maschera da snorkeling, facilmente reperibile sul mercato, per adattarla ai macchinari per la terapia C-pap (assistenza respiratoria per pazienti non in terapia intensiva), e far fronte così alla scarsa dotazione negli ospedali, è stata di Isinnova, un gruppo di giovani professionisti di Brescia. Non solo hanno sperimentato il sistema e trovato il modo di renderlo funzionale, ma hanno anche messo in rete il produttore delle maschere, i makers, i laboratori di prototipazione e le strutture sanitarie che ne hanno bisogno.

«Il primo a capire che il nostro ateneo aveva strumenti e competenze per realizzare le componenti necessarie, cioè le valvole e i raccordi, è stato il responsabile del laboratorio Davide Paciotti, che ha proposto l’iniziativa al rettore di Unicam Claudio Pettinari», ha spiegato Francesco Pezzuoli, un altro componente del team insieme con i colleghi Daniele Rossi, Antonello Garaguso, Alessandro Di Stefano e Jacopo Mascitti.

«Sia io che i miei colleghi – ha affermato Davide Paciotti – ci siamo subito attivati con il direttore Losco per poter contribuire a questo importante progetto. Abbiamo cercato il modello più idoneo e più resistente e non appena abbiamo avuto l’ok del rettore Pettinari, che ringraziamo, abbiamo subito avviato la produzione. Con le nostre 4 stampanti 3d riusciamo a produrre circa 15-20 pezzi al giorno».

Nel giro di una settimana, con il coordinamento dalla Regione Marche, l’equipe ha realizzato i primi 100 kit che venerdì scorso, 3 aprile, sono stati consegnati all’Inrca di Ancona. Ne dovranno fare in tutto 250, per l’equivalente numero di maschere che sono state donate dalla ditta produttrice alla Regione per essere assemblate, testate e distribuite negli ospedali marchigiani.

Ma nel frattempo, ai docenti che si sono alternati nel laboratorio della sede ascolana di Sant’Angelo Magno, per non creare assembramenti è arrivato l’aiuto dal territorio, che ha recepito l’entusiasmo la voglia di collaborare. Si uniti al progetto ragazzi al di fuori del contesto universitario «alcuni sono ex studenti Unicam, per la verità», ha precisato Pezzuoli, in possesso di stampante 3d e capacità.

E sono Patrizio Piccini, Fabio Luzio, Francesco Liverotti, Federico Alesiani, Ludovico Sacripanti, Bernardo Egidi e Marco Antognozzi. Ha collaborato anche una ditta, la Campetella Robotic Centre. «Poprio oggi ho ritirato da quest’utlima ben 80 kit. Continuando di questo passo, entro martedì prossimo avremo concluso il lavoro» ha detto Francesco Pezzuoli.

E ancora, la scuola di Architettura di Ascoli ha dato l’input e in tutta Unicam si è creata una piccola grande mobilitazione che ha visto scendere in campo pure la scuola di Scienze con i corsi di laurea di Fisica e Matematica e Informatica, per portare altre stampanti. Uno dei macchinari è arrivato anche dall’Istituto professionale di Camerino.

 



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