di Walter Luzi
Natale con i tuoi. Pasqua con chi vuoi. Nel 2020 non fu così. Anno di pandemia da Covid-19. Potranno raccontarlo, un giorno, i bambini di oggi ai loro nipoti. Io c’ero. Quando tutto cambiò. Almeno per un po’. Anche Ascoli, come l’Italia, come il mondo intero, si fermò. Scuole, negozi, strade, fabbriche, spiagge, uffici, parchi, stadi, bar, mercati, cinema, palestre e ristoranti rimasero deserti. Le persone non poterono più stare vicine, ritrovarsi, abbracciarsi, baciarsi. Almeno per un po’. Le case, nidi dimenticati ed ora finalmente riscoperti, di affetti delle persone più care, divennero come prigioni. Si recuperarono così il senso e l’importanza di valori veri come umanità, solidarietà, spiritualità, e fede, persino. Almeno per un po’.
Nacquero nuovi super eroi: medici e infermieri, martiri in prima linea contro il virus, ma anche addetti alle pulizie, forze dell’ordine e autisti. Operatori fra più umili, ma altrettanto preziosi, si scopre solo ora, per la collettività. Tutti applauditi dai balconi. Almeno per un pò. In questa ripetizione, che non è un refuso, c’è la chiave per un cambiamento. Vero. Generale. E, a questo punto, non più rinviabile. Andrà tutto bene, ci siamo ripetuti fino alla nausea. Ma non andrà tutto bene se continueremo a fare e a pensare come prima. Come se niente fosse stato. Non deve tornare ad essere tutto come prima. Perchè “prima” troppe cose non andavano così bene. Nel privato e nel pubblico. Nei rapporti personali più intimi e nei grandi governi internazionali. Nel nostro quotidiano e nelle logiche perverse dell’Economia globalizzata.
La nostra vita di ogni giorno condannata dall’assenza di una visione politica illuminata e lungimirante, minacciata da un’etica sempre mortificata dalla logica del profitto. Ad ogni costo. La grande pandemia del 1918/1920 nacque nel sangue e nelle feci delle trincee della Grande Guerra, e causò qualche decina di milioni di morti in tutto il mondo. Ci bastarono però, allora, solo vent’anni per sprofondare ancora in un nuovo conflitto mondiale, e nell’orrore dell’Olocausto. Fucili e cannoni preferiti a pane e antibiotici. Presunte superiorità razziali generano nuovi crimini e nuove schiavitù. Cinquecento anni di colonialismo non ancora sufficienti per depredare le ricchezze naturali di tre continenti.
Il capitalismo finanziario che inizia ad inquinare la Politica e a manovrare le sorti del mondo. La Scienza asservita al Potere, alla guerra, con la nuova, terribile minaccia nucleare seguita allo sterminio legalizzato di Hiroshima e Nagasaki. L’atollo polinesiano di Mururoa, contaminato per sempre da centosettanta irrinunciabili “esperimenti” atomici. Esplosioni sotterranee e atmosferiche generano nuovi terremoti artificiali, come se già non bastassero gli altri, e condannano alla morte radioattiva un paradiso naturale. La “spagnola” impallidisce al confronto. Ma il cosiddetto progresso non può essere arrestato. Perciò c’è bisogno di combustibili fossili, energia nucleare, indispensabili veleni chimici. La grande Finanza mondiale preme sull’acceleratore dell’industrializzazione planetaria. Capitalismo e consumismo dettano i tempi dello sfruttamento intensivo di ogni risorsa naturale, del progressivo inquinamento di ogni eco-sistema. Nel 1976, quarantaquattro anni fa, Pierangelo Bertoli è già profetico con i suoi versi di “Eppure il vento soffia ancora”: “…l’acqua si riempie di schiuma, il cielo di fumi, la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi, uccelli che volano a stento, malati di morte,il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte..”. Sarebbe stato ancora tempo, allora, di invertire la rotta. Oggi non ne abbiamo più. Ha ragione Greta Thunberg, che solo ottusi cialtroni possono ribattezzare “Gretina”. La Natura ha fatto splendidamente da sola per milioni di anni. L’uomo ne ha impiegati meno di duecento per distruggerla quasi completamente. La plastica, dopo aver avvelenato mari ed oceani, finirà per seppellirci. Le tonnellate di scorie nucleari delle nostre preziose centrali non sappiamo più dove buttarle. E’ forse per questo che ci servono altri pianeti. Gli allevamenti e le colture intensive impongono l’utilizzo di farmaci e veleni che aumentano il numero delle nuove malattie.
I cambiamenti climatici stanno già generando catastrofi naturali e progressive desertificazioni. Il cielo della Terra si è completamente ripulito da ogni inquinamento solo grazie ad un mese di lockdown. Ma sarà poi così dannoso questo coronavirus? Che, quasi invisibile anche al microscopio, è riuscito, da solo, a mettere in ginocchio tutte le più grandi potenze mondiali? Abbiamo scoperto di avere, tutti, strutture, umanitarie e sanitarie di difesa, fragilissime. Ovunque non sono mancati solo respiratori e posti letto in terapia intensiva, ma persino banalissime mascherine e camici. I soldi pubblici, dopo, vediamo di spenderli meglio. I ladri e i corrotti chiudiamoli in galera e buttiamo via la chiave. Gli incapaci e i negligenti licenziamoli in tronco. Almeno per il rispetto dovuto ai troppi morti. Premiamo i meriti e le competenze a servizio esclusivo dell’interesse collettivo. Del Bene Comune, per usare un termine nobile e desueto. E la smettessero i patetici politici nostrani monocolore, che cambiano il pelo ma mai il vizio, che continuano senza pudore con i loro grotteschi e insultanti siparietti. Anche qui, quando pontificano a tutte le ore in tv, di competenze e conoscenze non se ne vedono. Invece di farmaci, attrezzature mediche e vaccini, siamo stati bravi a creare nei nostri laboratori d’avanguardia, solo nuovi veleni, e forse, maldestramente, anche questo Covid19. Dicono.
Se ne dicono tante nel 2020. Troppe. Come i comunicati ufficiali, spesso contraddittori, qualche volta discutibili. Troppe come psicosi, fake news e meme, virali anche loro, amaramente divertenti, che i social amplificano e moltiplicano. State a casa, ci impongono ancora dal Governo. Almeno altre tre settimane, dicono. Difficile prevedere se, alla fine, farà più danni il virus (a oggi nel nostro amato Bel Paese 2,55 contagiati e 0,33 deceduti ogni mille abitanti) oppure la grave depressione economica generale che ne seguirà. State a casa. Andrà tutto bene. Riflettendo magari in questi lunghi giorni in casa con la tua famiglia, in questo ponte di Pasqua con un bel sole mai ricordato, sul valore delle cose importanti nella vita. La stretta di un abbraccio, quando ci vuole. E ci vuole spesso. Una passeggiata nel silenzio del bosco, sulla neve fresca che luccica al sole. L’aria pulita che la senti quando ti entra nei polmoni. Un bagno nell’acqua trasparente del nostro mare. Una cena con gli amici. La settimana bianca. Un bel film al cinema. La distesa fitta e infinita di ombrelloni colorati, tutti aperti in riva al mare. Le altalene al parco con i nonni. La ola al concerto della nostra rockstar preferita. Tutti insieme, stretti, vicini. Perchè le nostre emozioni, noi esseri umani, dobbiamo condividerle. Lo avevamo tutti il nostro sogno in quella Pasqua del 2020 passata chiusi nelle nostre case. Come il sogno di un mondo migliore. Un’Italia migliore. Per tutti. Un sogno che non morirà mai. Un sogno alla cui realizzazione dovremo lavorare, tutti insieme, “dopo”. State a casa. Andrà tutto bene. Continuano a ripetercelo in tv. Qui non c’è stato progresso. Mascherine e isolamento sono rimaste le nostre difese migliori. Le stesse che usavamo per difenderci dalla “spagnola” un secolo fa.
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