di Maria Nerina Galiè
Tra coloro che si sono trovati, in prima linea, ad affrontare l’emergenza Coronavirus c’è il dottor Remo Appignanesi, classe 1967, originario di Macerata.
Direttore del Governo Clinico dell’Area Vasta 5, ora in aspettativa, e prima ancora direttore medico dell’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, dal 18 maggio scorso è stato confermato direttore sanitario dell’Asur Marche con incarico triennale. Ruolo che ricopriva da dicembre 2019 come facente funzione.
Una sfida iniziata con le liste di garanzia e l’introduzione del bonus malus, per assicurare all’utente la prestazione sanitaria entro i termini, previsti dal codice di priorità della prescrizione.
Continuata con l’inaspettata pandemia che ha rischiato di mettere in ginocchio la Sanità regionale.
Ma senza riuscirci.
«La curva dei contagi nelle Marche si era impennata. Solo a Pesaro si erano innescati 5 focolai.
Ora siamo vicini alla fase zero.
Come noi solo il Veneto, di cui a livello nazionale si parla di più. Il Veneto fa marketing, nelle Marche si lavora». Così esordisce nel raccontare, con evidente soddisfazione, l’enorme lavoro svolto dalle Aree Vaste.
E continua.
«Nel Piceno è andata meglio che altrove. E non solo perchè il virus è arrivato più tardi.
Il dottor Claudio Angelini (direttore del servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Area Vasta5, ndr) non si è risparmiato tracciando scrupolosamente i contatti e arginare così al meglio la diffusione del contagio.
Prima che l’epidemia toccasse la provincia di Ascoli, aveva fatto la stessa cosa per Pesaro, perchè il Sisp ha struttura regionale.
Subito, come Asur abbiamo predisposto un software chiamato “Quarantena”, dove venivano inseriti tutti i dati utili per la sorveglianza dei pazienti e dei loro contatti. Ora è diventato il sistema nevralgico dell’emergenza.
La curva epidemiologica si è appiattita in fretta nel Piceno. Merito dei vertici di Area Vasta 5 ma anche dei cittadini che hanno rispettato le regole. C’è stata una grande collaborazione da parte di tutti».
Ed ora, nella Fase 2?
«Massima attenzione e cautela nel ritorno alle normali attività, ospedaliere e ambulatoriali. Non pensiamo che tutto torni come prima.
Il virus circola ancora.
Dal primo giugno ripartiranno le prestazioni ambulatoriali, con codice di priorità D e P e la libera professione intramoenia. Ma con regole ben precise, che varieranno ovviamente anche in base alla prestazione.
In ogni caso l’utente potrà arrivare al massimo 15 minuti prima della visita. Dovranno rigorosamente essere evitati gli assembramenti.
Tutti saranno sottoposti a monitoraggio della temperatura e delle condizioni generali.
Tra un paziente e l’altro si dovranno prevedere 10 minuti per sanificare, a vari livelli sempre in base a ciò che si è fatto, stanza e apparecchiature.
Le agende dovranno essere rifatte.
I cittadini, anche quelli prenotati prima del blocco delle visite, se non U e B, dovranno tornare dal medico di base che rivaluterà la situazione e, nel caso, prescriverà una nuova visita che andrà prenotata di nuovo.
Salirà il livello di appropriatezza delle prestazioni.
Inoltre stiamo mettendo a punto il sistema di telemedicina che sarà di grande aiuto».
Qual è la prossima sfida, come direttore sanitario dell’Asur?
«Siamo la quinta azienda sanitaria italiana come numero di utenti, ma copriamo un territorio che è una regione, e non un quartiere come nelle grandi città. Con tutto quello che comporta.
Le Aree Vaste sono il punto di equilibrio su cui poggia il sistema sanitario delle Marche. Che ha la caratteristica di essere rigido, mentre è necessario che diventi flessibile in ragione delle esigenze che cambiano.
Stiamo mettendo in campo iniziative per nuovi standard ospedalieri ed il potenziamento della prevenzione.
Ma quello che è accaduto con il Coronavirus ha dimostrato la strutture sono in grado di affrontare i cambiamenti. In pochissimi giorni abbiamo svuotato ospedali, attrezzato reparti nuovi e il personale ci si è letteralmente buttato».
Ieri, 22 marzo, il dottor Appignanesi ha incontrato diversi anestesisti delle Marche nel nuovo ospedale Covid di Civitanova.
«Si, abbiamo stabilito l’attivazione. Come obiettivo ci siamo posti il 27 maggio per l’arrivo dei primi, pochi pazienti, per ora tutti dell’Area Vasta 3. Dobbiamo, per così dire, accendere le macchine e verificare l’operatività».
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