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Piceni nel Mondo:
cibo, natura e Nuova Zelanda
secondo Stefano Macci

ASCOLI - Alla ricerca di nuove esperienze, nel 2014 decide di partire e cambiare vita. Tra ristorazione e natura incontaminata, il giovane racconta la sua speciale storia
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di Francesca Aquilone

Nel 2014 Stefano Macci, ascolano classe 1986, decide di partire, alla ricerca di esperienze che potessero realmente fargli scoprire chi fosse e che tipo di vita volesse condurre. Tutto ciò lo ha portato in Australia e Nuova Zelanda, tra il mondo della ristorazione e la natura incontaminata.

Stefano Macci

Perché sei andato via dall’Italia?

«In generale cercavo stimoli! Prima ho guardato un po’ all’Europa, ma poi, grazie ad un amico in Australia, ho fatto il visto vacanza-lavoro per un anno e mi sono trasferito».

Dall’Europa all’Australia c’è un bel salto…

«Si lo so, ma non sai mai da dove possono arrivare gli stimoli più interessanti. Ho scelto Sidney, ma pian piano ho iniziato a girare tutto il paese.
In Italia mio padre aveva avuto un wine bar a San Benedetto, ma non avevo mai lavorato come cameriere. Ho cercato lavoro nella ristorazione e mi sono ritrovato in una pizzeria napoletana, un ambiente bellissimo! Poi sono diventato runner e infine manager. Guadagnavo bene, ma ho sentito ancora il bisogno di muovermi, quindi sono finito in un italian bar».

E da qui?

«Stavo bene, avevo una ragazza australiana, guadagnavo bene, ma ancora mancava qualcosa e quindi eccomi in Nuova Zelanda! Adesso sono bar manager in un locale ispirato al bacaro veneziano, “Ombra”. La cosa più italiana qui siamo io e un ragazzo in cucina!»

Com’era il tuo inglese quando sei partito?

«Sappiamo tutti come si studia da noi, quindi parlavo poco, non capivo niente, ma avevo sempre un sorriso. Inoltre all’inizio, lavorando con altri italiani, ho fatto fatica ad imparare».

Come si caratterizza la tua italianità?

«Da buon marchigiano, anzi ascolano, avevo una STH molto marcata! Sono fiero di essere marchigiano: siamo tra Nord e Sud, tra i grandi e freddi lavoratori e gli uomini di cuore se guardiamo ai luoghi comuni. Ho studiato a Bologna e lavorato con persone da tutta Italia, ma casa è sempre casa».

Si conosce Ascoli o San Benedetto nella parte del mondo dove sei ora?

«Quando si viaggia verso Italia da paesi così lontani, tutti vanno a Roma, Firenze, Venezia, quindi le nostre città non sono molto conosciute. Poi i casi della vita ti portano anche a incontrare qui in Nuova Zelanda un signore che ha vissuto per anni ad Amandola!»

Cosa ti manca di più?

«La Nuova Zelanda come l’Australia non hanno radici culturali e culinarie forti. C’è un po’ di tutto, da tutte le culture del mondo ma manca una realtà storica radicata.

Posso dirti che mi manca la mamma (perché la mamma è sempre la mamma), poi la famiglia, gli amici e il cibo!»

Tornare è una tua prerogativa?

«Non sono scappato dall’Italia, poiché, nel bene e nel male, adoro le nostre località. Viaggiare è una mia priorità, così come esportare idee e valori: qui ho trovato un terreno fertile per qualsiasi tipo di idea.

Non escludo di tornare ma non è una mia prerogativa. In Italia, sia per la crisi che per alcuni momenti storici, si respira spesso un’atmosfera cupa e lamentosa. Qui non è così e non immaginavo che sarei stato fuori così a lungo».

Hai abbracciato qualche “stereotipo” della vita dall’altra parte del mondo?

«Sicuramente il camminare scalzi e in generale un approccio totalizzante alla natura. Faccio molte passeggiate, c’è un contatto costante con ciò che mi circonda. Faccio anche surf, oltre alle immancabili partite a pallone contro avversari di diverse nazioni!»


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