di Walter Luzi
Nulla accade per caso. Convinzioni ed ideali, in parole ed opere, di una vita, possono trovare consacrazione nell’ultimo atto. Questa è la storia di Domenico Nepi e della sua famiglia. Che ha incrociato quella di Ami e Pascal. Una storia di amore e fratellanza, che fa bene anche solo starla ad ascoltare, di questi tempi.
L’addio a Domenico Nepi, ex operaio e sindacalista, sempre impegnato nel sociale, si consuma nella chiesa di San Luca Evangelista a Villa Pigna di Folignano. Alle esequie di una persona perbene la folla c’è sempre, e, anche in tempi di distanziamento e coronavirus, tanta gente è venuta lo stesso anche alle sue. Soprattutto perchè fra sé e il prossimo, Domenico di distanze non ne ha messe mai. Anzi. Soprattutto dei più deboli ed indifesi ha sempre saputo farsi, disinteressatamente, paladino.
Nativo della piccola frazione di Trivigliano, classe 1937, secondo di quattro figli della famiglia contadina di Alfredo e Michelina, aveva interrotto gli studi al secondo anno di magistrali per mettersi a lavorare. Prima come aiuto elettricista, e poi come rappresentante di enciclopedie. I libri, la lettura, con la fotografia e l’apprendimento anche delle più moderne tecniche di comunicazione, saranno sempre le passioni più grandi della sua vita.
Nell’estate del 1962 aveva sposato la sua Luigia, che tutti chiamano Gina. Con lei dividerà la vita intera, e lo renderà tre volte padre. Di Alfredo, oggi imprenditore con Misurarredo, nel 1963, Monica, impiegata all’Inps, nel 1965, e Valeria, insegnante della primaria “Don Giussani” di Monticelli nel 1971. Nei primi anni Settanta, con l’assunzione alla Lagostina di Maltignano inizia il suo impegno sindacale in difesa dei più deboli di allora. Gli operai. Che iniziano, nelle fabbriche, a muovere le prime rivendicazioni dei loro diritti. E’ un tipo battagliero, ma riscuote stima e rispetto, sia dai compagni di lavoro che dalla proprietà. Non riesce a tutti. Ci passerà quasi un trentennio fino ai primi pre-pensionamenti che lo coinvolgono, triste preludio alla imminente chiusura dello stabilimento.
Ma Domenico, anche da pensionato, non perde il suo slancio civile. La Cgil lo cerca ancora per aprire e coordinare le sedi territoriali dello Spi, il sindacato dei pensionati che si radica nelle nuove sedi di Folignano, Villa Pigna e Maltignano proprio grazie a lui e al suo grande amico Giulio Macchioni. Tesse rapporti, socializzatore nato quale è, con persone e istituzioni locali. Si applica per imparare a utilizzare i mezzi delle nuove generazioni, computer, smartphone, fotografia digitale. Anche con l’arrivo delle tre belle nipotine, Alice, Emma e Beatrice, nate fra il 1996 e il 2001, a cui si dedicherà con affetto, trova tempo per continuare a coltivare le sue tante passioni.
Che si alimentano di hobby, ma soprattutto di ideali, come l’uguaglianza, la fratellanza, la solidarietà, l’accoglienza. Soprattutto per i più deboli, fragili, emarginati. E poi la Memoria, come valore da custodire. Organizza eventi come “L’anziano si racconta” che sbarca anche nelle scuole. Accompagna tanti amici fino agli inferni del passato di Auschwitz e Birkenau. I libri, sempre presenti sul suo comodino, servono anche a questo. Ad aprire la mente. L’ultimo è rimasto lì, ancora da finire.
La sua tessera della Cgil, invece, i figli gliel’hanno messa in un taschino della giacca. Sarà contento di portarla ancora con sé. E’ Valeria, la figlia più piccola, a leggere, alla fine del rito, le poche righe che commuovono tutti. Perchè la sua voce è alta e ferma. Non trema per l’emozione che pure prova. Perchè sono di ringraziamento per tanti altri, oltre che per il suo papà in partenza per l’ultimo viaggio. Per i suoi insegnamenti cardine «primo tra tutti stare sempre dalla parte dei più deboli e indifesi, e poi sostenere le proprie idee e avere sempre il coraggio di difenderle».
Per le sue debolezze che appartengono anche ai forti: «Hai saputo combattere una malattia che ti ha spaventato, tu che per la salute sei stato sempre un fifone, che ci assillavi anche per un raffreddore, ma che non ti ha tolto l’amore per la vita a cui ti sei aggrappato fino alla fine».
Per i medici che lo hanno amorevolmente curato negli ultimi due anni di sofferenze: «La dottoressa Manuela Brugni, i colleghi Giulia Capannelli, e Mario Vannicola, le infermiere del reparto di Oncologia di San Benedetto del Tronto e dell’ Adi, tutti professionisti che non curano le malattie, ma, soprattutto, le persone». E soprattutto per loro. Per gli immigrati della porta accanto. Ami e Pascal. Gli angeli custodi dall’altra parte del pianerottolo. Pelle nera e fede musulmana. Ma dentro di loro battono cuori come quelli di Domenico e Gina. Grandi.
«Siete entrati in punta di piedi nella nostra vita -scrive sempre Valeria nella lettera di addio al padre- un giorno avete bussato per chiedere in prestito una scaletta. Mamma e papà hanno aperto e prestato senza alcun timore o pregiudizio. Poi un giorno abbiamo bussato noi per chiedervi aiuto, perché papà stava male, e da quel momento non avete più smesso di darcelo».
Diop Baboucar è nato in Senegal 44 anni fa. Lavora da vent’anni in Italia, prima in Piemonte, poi a Civitanova. Abitava a Monticelli prima di trasferirsi a Villa Pigna poco più di un anno fa insieme ad Aminata e i loro due figli, Mamadou e Talla. «Siamo stati fortunati ad avere coinquilini come loro -confessa emozionata Gina-. Nell’ultimo anno abbiamo chiesto molte volte il loro aiuto quando da soli non ce la facevamo ad assistere Domenico. Non si sono mai tirati indietro, offrendosi, anzi, con disponibilità sempre maggiore».
Pascal è nato a Mbour, a due passi dal mare di Saly, apprezzata meta turistica del Senegal. Ha pescato a lungo in Atlantico insieme al padre prima di venire a cercare una vita migliore in Italia. E’ grande e grosso ma ha paura delle iniezioni. I figli di Domenico gli hanno insegnato a fare anche quelle, come le insuline e gli stick glicemici. «Non lasciateci mai soli voi due», gli ripeteva spesso Domenico.
Erano loro, Pascal e Ami, la ricompensa divina per lui dopo una vita spesa in difesa dei più deboli ed emarginati. La prova vivente che solo l’accoglienza può fare il mondo migliore. Comincia a piovere a dirotto subito dopo la sepoltura di Domenico nel piccolo cimitero di Venagrande. Baboucar Diop non ha dubbi: «Nel mio Paese questo è buon segno. Grande pioggia che arriva dal cielo in questo giorno, significa che Dio dice: oggi è morto un uomo giusto».
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