di Maria Nerina Galiè
Non è una caccia alle streghe, ma l’unico modo per arginare un nuovo diffondersi del Coronavirus, dopo che tre cittadini di San Benedetto, originari del Bangladesh, sono stati trovati positivi, cogliendo di sorpresa la Sanità picena.
Stiamo parlando della meticolosa indagine epidemiologica che sta conducendo l’Area Vasta 5 per ricostruire cosa hanno fatto queste tre persone, dal 17 giugno (data del rientro in Riviera di due di loro con il volo Dacca-Roma su cui viaggiavano 8 positivi) al 6 luglio, quando il Sisp li ha trovati a seguito di un’allerta internazionale.
Li ha trovati positivi. Moglie e marito. E una donna di 39 anni che vive con loro, al quinto mese di gravidanza.
Negativi al tampone invece gli altri occupanti dell’affollato appartamento, tra cui il marito della 39enne e i due figli.
L’attenzione del servizio diretto dal dottor Claudio Angelini si è subito concentrata sulla gestante, che nelle settimane a rischio è stata in ambiente ospedaliero.
Risultato: il Sisp dovrà valutare, caso per caso, oltre 100 persone, tra cui gli operatori sanitari, il tecnico della Fifa addetto alla misurazione della temperatura e oltre 90 utenti.
Non è stato semplice, per via della limitatissima conoscenza dell’italiano dei protagonisti, farsi dire che il 24 giugno la donna era stata al consultorio di San Benedetto per una visita ginecologica.
In sala d’aspetto non era sola. Con lei di sicuro altre 12 mamme in attesa. Tutte sottoposte a tampone, senza indugi, stamattina, sabato 11 luglio, nel ripristinato container esterno all’ospedale, allestito nella fase clou dell’emergenza ma poi dismesso.
C’è ora da capire se, quel giorno, altre utenti si sono rivolte al consultorio anche senza appuntamento, magari solo per un controllo veloce.
Il 6 luglio la donna si è sottoposta ad un altro esame obbligatorio durante i 9 mesi, ma nel laboratorio analisti, sempre del “Madonna del Soccorso”. Non si è trattato di un semplice prelievo, ma un test che richiede tempi di attesa piuttosto lunghi. C’erano quel giorno 82 persone. Alcuni in orari diversi. Ma l’indagine non li esclude. Per precauzione. Quel giorno inoltre la donna non era del tutto asintomatica. «Aveva una lieve tosse, poi regredita» ha precisato Angelini, stando a quanto riferito dal marito di lei.
Prima conclusione: quando ormai il peggio sembrava passato, si ricomincia da capo con le indagini, le attese e la paura.
Seconda conclusione: nella valutazione della rete dei contatti, vale anche il fatto che le misure restrittive imposte all’interno delle strutture sanitarie, obbligo della mascherina e del distanziamento e accesso contingentato, ha ridotto drasticamente il rischio di contagio tra le persone che si trovavano in coda per le analisi nel punto prelievi e nella sala d’aspetto dell’ambulatorio di ginecologia.
Sarà compito del Sisp insieme con la direzione sanitaria dell’Area Vasta 5 decidere se sottoporre le persone individuate a tampone, test sierologico, quarantena o anche nulla.
Angelini: «La quarantena è prevista solo per i contatti definiti stretti. Viste le misure adottate come distanziamento e mascherine, molti non si possono definire contatti stretti».
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