di Gabriele Vecchioni
Scrivendo di Ascoli Piceno e del suo compatto, magnifico centro storico si rischia di essere ripetitivi, ricorrendo ad espressioni abusate quali “la città di travertino” e “il salotto della città”, per mettere in risalto la particolare atmosfera e celebrando la sua splendida Piazza del Popolo.
Questo articolo vuole mettere in evidenza tre straordinari gioielli storico-architettonici della città, le sue tre piazze principali: Piazza Arringo, Piazza del Popolo e Piazza Ventidio Basso, una scelta legata al fatto che esse sono situate a breve distanza una dall’altra e, quindi, facilmente visitabili con un mini-tour. La ricchezza (sia numerica sia qualitativa) dei monumenti presenti non permette una sintesi breve, pertanto l’articolo sarà diviso in due parti.
Ascoli è una realtà antica e il suo sviluppo urbanistico ha permesso la formazione, nei secoli, di numerosi spazi pubblici degni di attenzione. Oltre alle piazze nominate prima, sono diverse quelle che, più o meno nascoste tra le case, abbelliscono la città. Uno degli attuali sestieri della città, la Piazzarola, deve il nome proprio alla presenza di un piccolo slargo selciato nella zona alta della città.
Un altro spazio vicinissimo al centro della città, è l’affascinante, contenuta Piazza San Gregorio (la “Piazzetta”, una denominazione che deriva dalla voce del latino medievale plateola); il nome si deve alla presenza della chiesa omonima, costruita sui resti di un tempio romano.
Sono tante altre le piazze ascolane meritevoli di essere menzionate, da Piazza San Tommaso, realizzata sul sito dell’anfiteatro romano, alla elegante Piazza Simonetti, sede del Palazzo della Prefettura, dalla raccolta Piazza della Viola, purtroppo soffocata dalla presenza delle auto in sosta, alla “segreta” Piazza Bonfine che conserva, anch’essa piena di macchine, i resti del podio di un tempio romano.
Un itinerario ascolano che comprenda le piazze cittadine non è una novità. È già stato proposto, da qualche tempo, dalla sezione ascolana di “Italia Nostra”. In un suo report, l’Associazione catalogava le piazze delle quali ci stiamo occupando secondo uno schema elaborato dal noto architetto e urbanista austriaco (triestino di nascita) Camillo Sitte, le cui opere sono facilmente reperibili in rete; già nella seconda metà dell’Ottocento, Sitte spiegava la regola di formazione delle belle piazze delle città italiane.
Secondo il suo schema, Piazza Arringo corrisponde a quello che definisce come sviluppo “in profondità”: il complesso monumentale costituito dal Duomo di Sant’Emidio e dal Battistero di San Giovanni ha prodotto lo sviluppo della piazza rettangolare in profondità, con il successivo allineamento (avvenuto nei secc. XVI e XVII) del Palazzo vescovile e di quello comunale.
Nel caso di Piazza del Popolo, l’edificio dominante (il Palazzo dei Capitani) è sviluppato nel senso della larghezza, seguendo un disegno comune alla maggior parte dei palazzi comunali del Medioevo. In questo caso, la piazza si è sviluppata in larghezza di fronte alla facciata principale. La parete laterale del tempio monumentale di San Francesco la chiude sul lato settentrionale.
La terza piazza considerata, Piazza Ventidio Basso, ha mantenuto il suo impianto medievale, con un perimetro irregolare legato alla vicinanza del corso del fiume Tronto. Su uno dei lati della piazza sorge, isolato, l’edificio della chiesa dedicata ai SS. Vincenzo e Anastasio.
Ma torniamo all’argomento dell’articolo. Un itinerario ideale può iniziare dalla monumentale Piazza Arringo (o dell’Arengo). Il nome deriva dalla parola di origine germanica ring, che definiva il luogo delle assemblee popolari. A metà del secolo XII, al centro della piazza esisteva un pulpito di pietra: racconta Giuseppe Marinelli (2009) che qui San Francesco d’Assisi parlò alla folla, nel 1215; successivamente, un colossale olmo costituì il punto di ritrovo per le adunanze cittadine. Infine, alla fine dell’Ottocento, la fontana costruita al centro della piazza fu sostituita dal monumento a Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, opera dello scultore Nicola Cantalamessa, e da due fontane con vasca ovale di travertino e figure in bronzo realizzate su disegno del Paci. Nel 1960, la statua del Re fu spostata ai Giardini comunali, dove tuttora si trova; le due belle fontane sono ancora in situ.
La piazza è un’area monumentale estesa (uno spazio quadrangolare lungo ben 140 metri e largo 56 metri e 27 metri), chiusa al traffico veicolare da decenni. La forma ricalca, probabilmente, quella del Foro, contornato da edifici civili e religiosi (le fondazioni dei quali sono ancora visibili all’interno del Palazzo dell’Arengo). Senza tema di esagerare, la piazza può essere vista come l’immenso sagrato della cattedrale (il Duomo), espressione del potere religioso e, contemporaneamente, come l’atrio del Palazzo comunale, sede del potere civile.
Il lato orientale è occupato dal complesso costituito dalla cattedrale di Sant’Emidio (la facciata del quale, con le caratteristiche mezze colonne del portale, si deve a Cola dell’Amatrice) e dall’isolato, bellissimo battistero di San Giovanni, a pianta ottagonale e con all’interno la piscina per il battesimo ad immersione e, in un’ampia nicchia, il fonte battesimale (sec. XIV). Fino al 1887 esisteva anche la chiesetta di San Biagio, poi demolita e il cui perimetro è segnato sulla pavimentazione antistante i due edifici. Sul lato opposto, da dove si accede alla deliziosa Piazzetta San Gregorio, quel che resta del cinquecentesco Palazzo Milani.
Il lato meridionale è chiuso dalla facciata del Palazzo comunale, realizzato da Giuseppe Giosafatti (sec. XVII) con un alto portico a cinque arcate; l’imponente edificio è affiancato dal complesso dei Palazzi vescovili, costituito da tre corpi, voluti dai vescovi Roverella (sec. XVI), Marana (sec. XVIII) e Caffarelli (il più antico, del sec. XV e in continuità con la facciata della cattedrale). Su quest’ultimo si apre il suggestivo Passetto Squinzani.
Sul muro che raccorda la facciata della chiesa con i palazzi vescovili è murata, a notevole altezza dal piano di calpestìo, una targa lapidea (sec. II) dedicata alla Fortuna Redux (la dea che proteggeva il ritorno da un viaggio, da una guerra…) da parte del dispensator Rufus. Lo storico Antonio Rodilossi ci informa che «il vescovo Prospero Caffarelli fece collocare (1486) sulla facciata una lapide marmorea in onore della “Fortuna reduce”, scolpita nel 173 d.C. e rinvenuta nei dintorni della cattedrale, probabilmente nello stesso luogo dove, in età romana, sorgeva un tempio pagano».
Sul lato settentrionale della piazza, di fronte all’episcopio, risalta il prospetto rinascimentale di Palazzo Panichi, attuale sede dell’importante Museo Archeologico.
La piazza è stata, storicamente, centro pulsante della vita cittadina, sede di accadimenti politici e religiosi: gli eventi, le manifestazioni sono narrate in diversi volumi di storia cittadina, facilmente reperibili.
Da Piazza Arringo si raggiunge Piazza del Popolo per due vie: svoltando a destra, per Piazza Fausto Simonetti, signorile spazio dove sorge il Palazzo della Prefettura (o Palazzo San Filippo, iniziato del sec. XVIII su progetto di Giuseppe Giosafatti – l’area, purtroppo soffocata dal traffico cittadino, meriterebbe ben altra considerazione); proseguendo, per Piazza Roma, piccolo spazio dominato dall’imponente monumento di bronzo ai caduti della Grande Guerra.
Lo slargo era denominato Piazza Montanara perché qui si riunivano i venditori per il mercato dei prodotti provenienti dalle aree esterne. Sulla piazza si affaccia la chiesa barocca di Santa Maria della Carità, che ha visto, anch’essa, l’opera di Cola dell’Amatrice (sec. XVI) e di Antonio Giosafatti (sec. XVII). Per gli ascolani, è la chiesa della Scopa, chiesa-madre della confraternita dei Disciplinati che si autoflagellavano con quello strumento.
Si arriva così a Piazza del Popolo, della quale ci occuperemo in un secondo articolo.
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