«Trovo ragionevole che le forze politiche che sostengono il governo provino a dialogare anche a livello regionale. In Puglia e nelle Marche presentarsi divisi espone al rischio di sprecare una grande occasione».
Sono le parole di Giuseppe Conte, che in un’intervista al Fatto Quotidiano, ha lanciato una sorta di appello a Pd e M5S per un’alleanza in vista delle regionali di settembre, proprio mentre tra i grillini marchigiani è scoppiata una vera e propria bomba politica, con Jesi che chiede “la testa” del candidato Gian Mario Mercorelli.
Il premier ha invocato «una sinergia a livello territoriale, che può imprimere una forte spinta per realizzare le strategie del Green deal, dell’innovazione digitale, degli investimenti nelle infrastrutture, negli asili nido e nelle scuole. E poi queste elezioni regionali coincidono con un appuntamento storico per l’Italia. Stiamo elaborando un Recovery Plan, finanziato con ingenti fondi europei, che costituisce la più grande opportunità per le nuove generazioni dal secondo dopoguerra a oggi. Le Regioni saranno coinvolte in questi progetti e diventeranno anche dei centri di spesa».
Poi passando ai casi specifici, per quanto riguarda le Marche Conte ha sottolineato «anche lì occorre sedersi attorno a un tavolo: dal confronto può scaturire un progetto politico più rafforzato e più competitivo». Parole che però con ogni probabilità rimarranno solo sulla carta, una volta calate nel contesto territoriale della nostra regione.
Ieri Maurizio Mangialardi candidato Pd del centrosinistra si è detto fiducioso sull’alleanza, presentando a Recanati la candidata consigliera Roberta Pennacchioni.
Ma il tempo sta scadere e dall’altro lato il candidato pentastellato Gianni Mercorelli ha detto fin dall’inizio (e lo ha ribadito questi giorni dopo il voto su Rousseau) che lui le alleanze non le vuole e non se le lascerà imporre.
Insomma, la riproposizione di un’alleanza regionale giallorossa, sulla scia di quella nazionale appare impresa assai ardua ormai. E le “colpe” di una possibile debacle che i due schieramenti potrebbero trovarsi ad affrontare il 20 e 21 settembre sono da ricercare da ambo le parti.
Gli appelli del Pd a un’alleanza sono sembrati fin dall’inizio vuoti e di facciata. I dem avrebbero dovuto rinunciare a un loro uomo per far breccia nei grillini e puntare su un civico capace di unire, leggi l’ex rettore Univpm Sauro Longhi. Invece, dopo un’estenuante guerra interna, hanno deciso di cambiare solo “cavallo”, puntando su Mangialardi e mettendo alla porta Ceriscioli. Un’operazione abbastanza incomprensibile agli occhi dei più, se non inquadrata in una logica di spartizione interna di potere tra le varie correnti.
Per quanto riguarda il M5S invece quella di alcuni dirigenti locali è apparsa da subito una chiusura preconcetta a qualsiasi alleanza locale con i dem. E anche qui una guerra intestina ha portato alla spaccatura del movimento, con la fuoriuscita di due consiglieri regionali che stavano tentando l’approccio con il Pd: Gianni Maggi e Romina Pergolesi.
A poco tra l’altro, a quanto pare, è valso l’ultimo voto su Rousseau. Che forse avrebbe richiesto, per coerenza, il passo indietro di qualcuno che ancora non si è visto.
Ed è proprio qui che è stata sganciata la “bomba”, peraltro dai uno dei circoli storici della regione, quello di Jesi, città del senatore Mauro Coltorti.
«Dopo gli esiti della votazione sulla piattaforma Rousseau del 13 e 14 agosto è stata smascherata la manovra, pessima e suicida – scrive il M5S di Jesi – con la quale è stata imposta la linea del “soli contro tutti” al M5S per le prossime elezioni Regionali. Un doppio inganno politico ai danni della base degli iscritti e, di fatto, anche dei marchigiani che vedevano nel Movimento una opportunità per cambiare le cose in Regione: dapprima quando è stato detto che quella linea di chiusura verso Longhi e verso un possibile accordo di governo con il centro sinistra era stata decisa dalla base; poi quando è stato detto che la maggioranza della base non voleva accordi con il centrosinistra. La prima affermazione era palesemente infondata visto che, nonostante i ripetuti appelli anche di consiglieri regionali fin da inizio 2020, è stato impedito di far esprimere la base su Rousseau (unico strumento valido da Statuto per stabilire indirizzi politici vincolanti per il partito è gli eletti). La seconda, grande, menzogna politica si è palesata definitivamente con queste ultime votazioni».
Queste le premesse, ora la sostanza. «Come M5S Jesi – continuano – abbiamo predisposto una nota per i probiviri ed i vertici del partito per portare alla loro attenzione la forzatura politica di tutto il percorso imposto nelle Marche che ha condotto ad un gruppetto di candidati, incluso il candidato presidente, che appaiono svuotati di qualsiasi rappresentanza e/o legittimità politica».
«Il fatto stesso che non siano riusciti neanche a riempire le liste nelle varie province, costringendo organizzatori e facilitatori vari a rincorrere o introdurre fuori da qualsiasi decisione democratica nominativi per riempire le liste, scelti non si sa bene come è da chi (fatalità, due degli ultimi inseriti di Fabriano su 9 candidati in provincia di Ancona) conferma a nostro parere il distacco fra chi ha condotto questa manovra e la base reale degli iscritti e degli attivisti -ribadiscono i grillini-. Nella nota ai vertici del partito chiediamo di intervenire per impedire che ai marchigiani vengano proposti un candidato e delle liste di candidati derivanti da questa manovra opaca e politicamente gravissima, antidemocratica e ormai palesemente smascherata e delegittimata».
«Via Mercorelli e via il simbolo alla lista delle Marche. Via gli incapaci o dannosi, politicamente parlando, facilitatori che hanno assecondato tutta questa vergogna politica -è la conclusione-. Commissariamento dai vertici del M5S Marche e immediata convocazione di assemblee ufficiali regionali nelle quali provare a ricostruire dopo lo tsunami “a guida fabrianese”».
E così tra una guerra intestina e l’altra, stando all’ultimo sondaggio commissionato dall’agenzia Dire alla Tecnè con rilevazioni effettuate tra il 30 e 31 luglio, il centrodestra sarebbe in vantaggio sul centrosinistra di 7 punti percentuali, con il M5S molto più indietro rispetto ai due schieramenti. Mentre un’alleanza giallorossa sarebbe balzata in avanti scavalcando il candidato del centrodestra Francesco Acquaroli con una forbice compresa tra i 5 e i 9 punti percentuali.
(Gio. Def.)
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